Biathlon | 05 luglio 2016, 07:30

Dominik Windisch elogia il biathlon italiano: "Stiamo ottenendo ottimi risultati perché siamo una squadra"

Il biatleta si racconta: "La prima vittoria è stata bellissima perché non ma l'aspettavo e fu un'emozione vedere gli allenatori emozionati per il mio successo; la mia crescita? Ho portato in gara la tranquillità al tiro che ho in allenamento"

Foto presa dal sito dell'atleta (www.dominic-windisch.com)

Foto presa dal sito dell'atleta (www.dominic-windisch.com)

Rasun-Anterselva è un piccolo comune italiano con meno di tremila abitanti, il 98% dei quali è madrelingua tedesca. Qui si respira aria di biathlon, sport amatissimo dagli abitanti della zona, che da tanti anni vedono i più grandi campioni di questo sport sfidarsi nella Valle in gare di Coppa del Mondo. Non a caso qui sono nati tanti atleti che hanno fatto la storia di questo sport, come Andreas Zingerle, Hubert Leitgeb, Wilfried Pallhuber, Johan Passler e negli ultimi anni Dorothea Wierer e i fratelli Markus e Dominik Windisch.  

Dominik Windisch ha appena disputato una grande stagione, nella quale ha anche ottenuto la sua prima vittoria individuale in Coppa del Mondo, lo scorso 6 febbraio a Canmore, quando questa località canadese si trasformò in una valle italiana, visto che poco dopo nella gara femminile si impose anche Dorothea Wierer. Si è raccontato in questa intervista che ci ha concesso 

Buongiorno Dominik, ci racconti le emozioni vissute nel giorno della sua prima vittoria in Coppa del Mondo.
«Ho avuto tante emozioni perché era la prima vittoria e non me l’aspettavo. Quel giorno c’era brutto tempo e quella forse è stata la mia fortuna, perché sono partito senza particolari tensioni, ho pensato soltanto a fare bene il mio lavoro e sono riuscito a compiere questa impresa. La cosa più bella per me è stata vedere la soddisfazione degli allenatori, le emozioni che anche loro stavano vivendo in quel momento. È stata per me un’esperienza particolare, perché in queste occasioni accade tutto in modo velocissimo e all’inizio non ti rendi nemmeno conto di cosa stia accadendo, perché sei in gara e anche negli ultimi metri, quando inizi a festeggiare, in realtà non riesci ancora a realizzare quello che è successo. Nemmeno sul podio puoi capirlo fino in fondo, ma soltanto nei giorni successivi quando torni a casa e parli con parenti e amici che ti raccontano come hanno vissuto quel successo».  

Il biathlon è uno sport molto particolare: com’è nata la sua passione?
«È facile appassionarsene quando come me abiti ad Anterselva, dove ogni anno c’è la Coppa del Mondo. Quando ero bambino andavo sempre a guardare le gare con mio papà e gli atleti forti della valle, oggi sono i miei allenatori. Ricordo che mi emozionavo quando erano premiati sul podio, per me erano degli idoli e oggi sono i miei allenatori. Mio fratello poi, che è di cinque anni più grande di me, ha iniziato a fare biathlon e con ottimi risultati, così ho cominciato anch’io».  

Dal momento che in passato i suoi allenatori erano per lei degli idoli, deve essere stato ancora più bello vederli emozionati dopo la sua vittoria in Canada.
«Si, in particolare è stata una cosa bellissima per me vedere emozionato Andreas (Zingerle), perché mi sembrava di aver realizzato un sogno che avevo fin da bambino, con lui accanto a me che si godeva la mia vittoria. Inoltre lui sa che ho iniziato a fare biathlon, perché lo vedevo gareggiare quando ero bambino e inoltre entrambi sapevamo quanto lavoro c’era dietro a questo successo».  

Quante ore si allena ogni giorno?
«L’allenamento è diviso in diverse parte, perché oltre a quella fisica dobbiamo anche migliorare la tecnica di tiro. Diciamo che contando tutto si arriva complessivamente anche a sette ore».  

Quanto cambia tirare con la carabina nel giorno della gara rispetto all’allenamento?
«Ovviamente cambia tantissimo perché in allenamento puoi fare poco alla fine, non riesci ad allenarti ogni giorno con il ritmo da gara, perché ti stanchi e non ce la fai. Insomma sono poche le ore di tiro che facciamo in una situazione di fatica simile a quella della gara, così bisogna imparare a farlo in quelle poche occasioni che hai, allenandoti al massimo della concentrazione».            

Nella passata stagione le sue prestazioni hanno avuto un salto di qualità.
«Sono molto contento per la seconda parte della passata stagione perché è andata bene, da quando sono riuscito a portare in gara quella tranquillità al tiro che ho quando mi alleno. Questo ha cambiato tutto e sono riuscito a ottenere degli ottimi risultati. L’obiettivo per la prossima stagione è di andare avanti così, partire da dove ho concluso, perché sono riuscito a fare un passo avanti nel tiro. Adesso sto cercando di abituarmi a questo ritmo di gara e mi sto concentrando di più sul tiro, che è stato il mio problema in questi anni».  

Nel biathlon l’Italia non otteneva dei risultati così positivi da molto tempo. Come lo spiega?
«Siamo una squadra, siamo forti perché siamo uniti, tutti amici. Questo aiuta molto, perché quando è piacevole allenarsi insieme, tutto è più bello e si sopporta meglio anche la fatica. Per esempio quando un atleta è in difficoltà e sta sul punto di mollare, vede gli altri e tiene duro, poi se una gara va male gli altri fanno fanno degli scherzi, lo fanno ridere. Questo è ciò che accade nella nostra squadra e se oggi siamo molto forti come collettivo è proprio grazie a questo. Inoltre abbiamo tanta passione, diamo il massimo sia gli atleti sia i tecnici, i quali si impegnano il più possibile, e li dobbiamo ringraziare perché ci mettono il cuore. Inoltre grazie a questi risultati è cresciuto tutto il movimento italiano del biathlon, perché questi successi hanno generato maggiore interesse, stanno nascendo nuovi sci club, ci sono più ragazzi che seguono e vogliono fare questo sport».

 

Giorgio Capodaglio

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