| 13 luglio 2016, 07:12

Pittin vuole tornare tra i big: "Sto lavorando per migliorare nel salto e stare davanti"

L'uomo che ha portato l'Italia per la prima volta nella storia sul podio della combinata nordica viene da una stagione difficile e si è aperto in questa intervista che ci ha concesso

Pittin vuole tornare tra i big: "Sto lavorando per migliorare nel salto e stare davanti"

Fino a pochi anni fa nella Combinata Nordica l’Italia non aveva mai colto dei risultati di rilievo. Poi dal Friuli, precisamente da Tolmezzo in piena Carnia, è arrivato un giovane combinatista che per la prima volta ha portato il tricolore italiano sul podio di questa specialità, prima nelle gare Juniores, poi in Coppa del Mondo, alle Olimpiadi e ai Mondiali: Alessandro Pittin. Nelle ultime stagioni ha avuto qualche difficoltà e ora si sta allenando duramente per tornare ai livelli passati, quando era in pianta stabile nelle posizioni di vertice della classifica. Nell’anno dei Mondiali di Lahti e a un anno e mezzo di distanza dalle olimpiadi sudcoreane, abbiamo intervistato il ventiseienne friulano, per sentire direttamente da lui come sta.  

Buongiorno Alessandro Pittin, lei è protagonista in una specialità che proprio grazie a lei ha trovato notorietà nel nostro paese: cosa l’ha spinta a intraprenderla?
«In Friuli, dove sono cresciuto, c’erano dei trampolini che oggi come allora sono in disuso. Quando avevo sette anni, Leonardo De Crignis, allenatore ed ex saltatore, voleva riprendere questa disciplina e iniziò a insegnarla a un gruppo di ragazzi della mia età, compreso me. Eravamo circa in dieci e rimettemmo in uso quei trampolini che non erano più utilizzati. Così iniziai a praticare questa disciplina, ma gareggiavo già nel fondo, perché avevo il mio fratello maggiore, che ha sempre fatto sport, e iniziato quindi a praticare lo sci di fondo quando avevo circa sei anni, per poi farlo a livello agonistico. Per molti anni ho quindi praticato entrambe le discipline, perché mi sono sempre piaciute, sia combinata nordica sia sci di fondo. Poi quando iniziare a ottenere dei risultati di rilievo in ambito internazionale, ho fatto la mia scelta».  

La sua è una disciplina molto particolare: che tipo di allenamento richiede?
«Il nostro è un allenamento molto problematico, perché bisogna far combaciare due sport che sono diversi tra loro, soprattutto dal punto di vista muscolare. Da una parte infatti è importante la resistenza, mentre dall’altra serve esplosività ed elasticità, bisogna essere anche abbastanza mobili e flessibili. Non è una cosa semplice quindi far conciliare fondo e salto. Per quanto riguarda l’allenamento si fanno più ore di fondo perché ci vuole più tempo per la resistenza. Io però ho deciso, insieme ai tecnici, di cambiare tutto e da questa stagione, per risolvere i miei atavici problemi sul salto, ho impostato la preparazione in modo diverso. Così a maggio e giugno sono partito dal salto, perché devo migliorare la mia tecnica e mi serve molto tempo per farlo, dal momento che ho tanti difetti tecnici che con il tempo si sono automatizzati»

All'inizio della sua carriera ha subito ottenuto ottimi risultati, soprattutto a livello juniores.
«Si, dal 2007 al 2010 a livello juniores ho ottenuto dei risultati fantastici, anche se non ho mai trovato la giusta continuità, perché ho sempre avuto alti e bassi. Sicuramente i risultati juniores mi fecero capire che potevo andare avanti e ottenere dei risultati buoni anche tra i senior. Anche per questo motivo decisi di non partecipare ai Mondiali juniores nel 2010, quando potevo rientrarci come età, per continuare con le gare della Coppa del Mondo. Una scelta che si è rivelata giusta, se consideriamo che ottenni tre podi in Coppa del Mondo e quello fantastico ai Giochi Olimpici di Vancouver».  

Nelle Olimpiadi canadesi conquistò la medaglia di bronzo, primo italiano a salire sul podio nella combinata nordica. 
«Non mi do grande merito per essere stato il primo italiano nel farlo, perché nel nostro paese non c'era una grande tradizione in questo sport. Io e i miei compagni di squadra siamo fortunati, perché abbiamo la possibilità di scrivere la storia della combinata in Italia, anche se dall’altra parte è un peccato, perché per questo motivo sono ancora in pochi a conoscere la nostra disciplina. L’augurio è che i nostri risultati possano aiutare a far crescere l’interesse degli italiani nei confronti della combinata nordica. Tornando alla medaglia di Vancouver è stata un’esperienza stupenda, perché qualsiasi atleta ha questo obiettivo, la medaglia olimpica è tutta un’altra emozione, anche rispetto a un Mondiale. A 20 anni poi fu una sorpresa, perché non partii con l’obiettivo di andare a medaglia, anche se sapevo di poter fare una bella gara. Un’emozione fantastica, difficile da ripetere».  

Il 13 gennaio 2012 arrivò la sua prima vittoria in Coppa del Mondo a Chaux-Neuve, seguita da altre due vittorie nei due giorni successivi.
«Fu un grande risultato perché subito dopo i Giochi ebbi dei problemi, ma ritrovai tranquillità dopo un periodo di distacco e tornai subito al livello precedente. Così nel 2012 ho vissuto un’altra bella stagione perché sono partito bene, ho fatto sei podi individuali e sapevo che quello che era il mio valore. Le tre vittorie in Francia furono una grossa emozione, perché era da un po’ di tempo che andavo vicino alla vittoria senza riuscire a trovare la zampata giusta. Fu una grande soddisfazione e un motivo d’orgoglio vincere altre due volte nei due giorni successivi. Purtroppo poco dopo subii un infortunio che mi condizionò».  

Nella sua carriera ha subito diverse cadute e anche un brutto infortunio. Come ci si rialza? È difficile tornare sul trampolino?
«Dipende dal tipo di caduta, perché ci sono quelle in cui non ti fai tanto male, prendi solo una botta e puoi tornare sul trampolino subito. In questo caso i primi salti li fai un po’ con il freno tirato e in sicurezza, ma dopo cinque o sei salti risenti subito il feeling con il trampolino. Poi ci sono le cadute come quella che ho avuto io, nelle quali subisci un infortunio più grave. Io per esempio ho aspettato quasi 6 mesi prima di tornare sul trampolino e le pause lunghe ti tolgono tutte le sensazioni, le emozioni e il feeling con il trampolino. Così è abbastanza difficile, soprattutto sui trampolini più grandi, tornare dopo un anno quasi senza fare salti. Quando ho ripreso, ci ho messo tanto tempo per ritrovare le sensazioni e il ritmo che avevo prima».  

Nelle ultime stagioni, soprattutto nel 2016, ha avuto molte difficoltà a tornare nelle posizioni di vertice: come mai?
«Purtroppo i problemi tecnici che ho sempre avuto al salto, si sono automatizzati. Il mio modo di saltare è sempre molto al limite e nella stagione delle Olimpiadi di Sochi e i Mondiali di Falun sono riuscito a tenerla sul limite, ma dalla parte buona, così ho vissuto due stagioni simili: una prima parte difficile, poi mi sono ritrovato gara dopo gara e quindi ho avuto una seconda parte buona. Lo scorso anno invece il limite l’ho superato dalla parte negativa, non sono più riuscito a ritrovare la condizione e la stabilità giuste, così ho vissuto una stagione difficile. Per questo motivo sto cercando di cambiare dal punto di vista tecnico, voglio trovare continuità e non stare sempre sul filo del rasoio, con tanti alti e bassi».  

Quale obiettivo si è posto per la prossima stagione? Il Mondiale di Lahti è alle porte.
«Per il momento il lavoro che stiamo facendo, ancora non ha raggiunto l’obiettivo che ci eravamo posti in primavera, anche se stiamo lavorando bene e sento di essere sulla strada giusta. Il mio obiettivo è quello di tornare competitivo e fare una stagione ad alto livello dall’inizio alla fine. Mi serve una stagione intera buona per riprendere le sensazioni giuste in gara, il morale e anche la capacità di gestire la gara stando davanti. Voglio tornare a stare davanti, una cosa tutt’altro che scontata dopo lo scorso anno. Poi ci sono i Mondiali e bisogna pensare anche a quelli, perché sono l’appuntamento più importante della stagione e difendo l’argento conquistato nella passata edizione. So che posso fare bene, anche perché conosco bene la località anche se non ho mai saltato sul trampolino piccolo di Lahti, che sulla carta è quello favorevole alle mie caratteristiche. Qui ho gareggiato sul trampolino grande e anche se non ho mai ottenuto grandi risultati, non ho avuto mai sensazioni brutte. L’obiettivo principale è quello di divertirsi in gara e poi vedremo. Sicuramente siamo consapevoli che se le cose girano bene possiamo raggiungere ottimi risultati».

Siamo convinti che lo rivedremo presto tra i grandi, perché la voglia di farcela è tanta e anche il talento.

 

 

Giorgio Capodaglio

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