| 18 luglio 2016, 07:10

Combinata Nordica, l'obiettivo di Samuel Costa: "Voglio migliorarmi ancora"

Il combinatista italiano si è raccontato a Fondoitalia: "All'inizio solo Moroder ha creduto in me; lo scorso anno sono andato bene nonostante un infortunio che mi limitava nel fondo; la nazionale? Siamo un bel gruppo, ci divertiremo!

Samuel Costa (foto FIS)

Samuel Costa (foto FIS)

È uno degli atleti di punta dell’Italia nella combinata nordica, tra coloro che stanno portando notorietà a questa disciplina anche nel nostro paese. Parliamo di Samuel Costa, che a 24 anni ancora da compiere si sta dimostrando un combinatista di alto livello e nell’ultima stagione è stato il migliore degli italiani, nonostante un problema fisico che l’ha un po’ frenato. Abbiamo avuto modo di intervistarlo, per conoscerlo e scoprire un ragazzo molto determinato, sempre alla ricerca di emozioni e adrenalina.  

Buongiorno Samuel Costa. Lei è uno dei migliori italiani in questa specialità: come ha cominciato?
«Da piccolo ho iniziato praticando sci alpino, ma presto sono passato al freestyle e poi al salto. Quindi attorno ai quindici anni ho chiesto a Moroder se potevo passare alla combinata nordica, perché il salto non mi bastava, stava diventando monotono. Purtroppo gli allenatori del salto non erano soddisfatti della mia decisione, così ho iniziato a lavorare soltanto con Moroder, l’unico che in quel momento mi ha incentivato ad andare avanti sulla strada che volevo intraprendere. Gli altri erano contrari perché era troppo tardi per iniziare a fare sci di fondo e così sono stato buttato fuori dalla nazionale. Moroder era l’unico che poteva aiutarmi, ho continuato ad allenarmi con lui e il mio sci club, lontano dalla nazionale, ma un anno dopo visti gli ottimi risultati raggiunti mi hanno chiamato nella squadra nazionale di combinata».

Una curiosità: la sua famiglia ha mai frenato la scelta di saltare con gli sci? Non ritenevano pericoloso questo sport?
«Il contrario, erano contenti che facessi salto perché era meno pericoloso rispetto al freestyle, nel quale mi procurai non pochi infortuni. A me piacciono gli sport estremi, più adrenalina c’è e meglio è. Comunque a mio padre il salto non è mai dispiaciuto, lo guardava spesso in tv».  

Qual è il suo rapporto con lo sci di fondo?
«Per anni l’ho fatto solo per hobby, ma quando ho scelto di passare alla combinata nordica ho iniziato a farlo seriamente. Nei primi tempi in nazionale non riuscivo a stare dietro ai miei compagni di squadra. All’inizio quindi è stata dura, ma sono migliorato allenamento dopo allenamento fino al livello raggiunto attualmente».  

Oggi si sente più forte nel salto o nel fondo?
«L’anno scorso sono andato meglio nel salto, ma non è sempre stato così. Per esempio tre o quattro anni fa ero più forte nel fondo, al quale avevo dedicato gran parte dell’allenamento in modo forse un po’ eccessivo. Ora sono riuscito a trovare il giusto equilibrio, ma lo scorso anno a causa di problemi al ginocchio ho fatto molta fatica nel fondo».  

Come ha fatto in poco tempo a raggiungere il livello degli altri nello sci di fondo, pur avendo iniziato tardi?
«Probabilmente facendo tanti sport già da giovane sono stato un po’ agevolato nell’imparare questa disciplina. Il resto l’ha fatto la motivazione, che è molto importante».  

Nel 2012 vinse l’argento a squadre ai Mondiali Juniores. Una bella soddisfazione.
«Si, soprattutto perché in quel periodo non ero molto in forma ma quel giorno andai particolarmente bene nel salto. È stata una grande emozione, perché non è facile vincere una medaglia tra gli juniores».  

A un anno dal suo esordio in Coppa del Mondo, salì sul podio con Pittin.
«Una grande soddisfazione salire sul podio nella team sprint. Anche perché il mio primo anno in Coppa del Mondo non era andato così bene, avevo faticato molto perché non mi stavo esprimendo al meglio sul salto e così partivo indietro nel fondo. Poi grazie al lavoro svolto con i tecnici di allora, Strobl e Savolainen, andai molto meglio sia nel salto sia nel fondo. Nel 2013 arrivò quel podio un po’ inaspettato in una gara nella quale non ero nemmeno così certo di partecipare. Sia io sia Alessandro Pittin facemmo un buon salto e nella gara di fondo riuscimmo presto a chiudere il gap con chi ci stava davanti. Per me fu una bella esperienza, una forte emozione, che mi ripagò del lavoro fatto con i tecnici».  

Nel 2014 ha partecipato alle Olimpiadi di Sochi: è stata una bella esperienza?
«Purtroppo no, perché a differenza della maggior parte degli atleti che assaporano lo spirito olimpico, il villaggio, la bellezza di partecipare, io sono arrivato in Russia troppo concentrato, esageratamente fissato sulle gare e così non mi sono goduto i Giochi. Questa cosa mi dispiace, perché la mia ossessione di voler fare bene non mi ha permesso di vivere lo spirito olimpico».  

La sua ultima stagione è stata positiva soprattutto nella prima parte, mentre nel finale i risultati sono andati un po’ in calando; ce la descriva.
«È stata una buona stagione ed è arrivata un po’ inaspettata, perché mi sono operato al ginocchio a fine ottobre perdendo parecchio allenamento. Ho saltato anche la prima gara della stagione, ma nella seconda sono tornato sul trampolino ed è andata bene nel salto. Per quasi tutta la stagione è andata in questa maniera: ho fatto molto bene nel salto con costanza. Invece nel fondo mi sono difeso ottimamente nella prima parte della stagione, ma con il passare delle gare ho avuto sempre meno energia perché avevo poca resistenza. La stagione è stata tutto sommato positiva e ho avuto la conferma che nella combinata di oggi il salto è molto più importante, perché se non parti davanti difficilmente nel fondo riesci a recuperare».  

Qual è il suo obiettivo per la prossima stagione?
«Ovviamente quello di migliorarmi sempre e per farlo spero di riuscire ad allenarmi normalmente e senza imprevisti, perché se sul salto dovessi mantenere questi standard e migliorare magari anche alcuni aspetti, allenandomi con costanza nel fondo potrei soltanto migliorare, avere una maggiore resistenza in grado di aiutarmi durante le gare».  

Mai nella combinata nordica l’Italia ha avuto una squadra tanto competitiva. Sentite la responsabilità di dare una maggiore visibilità a questo sport attraverso i risultati?
«Quello è il nostro obiettivo. Abbiamo già ottenuto risultati importanti, soprattutto grazie ad Alessandro (Pittin ndr). Se riuscissimo nei prossimi anni a ottenere delle vittorie e dei buoni piazzamenti come squadra, potremmo far appassionare un numero superiore di persone. Per esempio in Val Gardena, dove sono nato, c’è già più gente appassionata di questa disciplina rispetto a cinque anni fa. Dobbiamo continuare a ottenere buoni risultati, anzi a migliorare ancora, così molti giovani vedendoci avrebbero un esempio da seguire. Purtroppo il problema dell’Italia è legato al fatto che solo in poche località si praticano salto e combinata. Sarebbe ovviamente meglio se ci fossero più luoghi dove praticare questo sport nel nostro paese. In qualunque caso sono fiducioso, perché faccio parte di un gruppo con atleti molto giovani, abbiamo molte tempo davanti a noi e dobbiamo sfruttarlo bene. Ci divertiremo».

 

Giorgio Capodaglio

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