| 30 luglio 2016, 07:29

Combinata Nordica, Bernardi: "Siamo ambiziosi perché il gruppo è forte"

L'allenatore responsabile della nazionale italiana ha fatto il punto della situazione: "Lo scorso anno abbiamo faticato perché abbiamo cambiato impostazione allenandoci di più sul salto, ma ora puntiamo a migliorare il quarto posto di Falun"

Paolo Bernardi (Foto Federico Modica)

Paolo Bernardi (Foto Federico Modica)

Paolo Bernardi è tornato lo scorso anno alla guida della nazionale azzurra di combinata nordica, a distanza di sette anni dalla sua precedente esperienza da allenatore responsabile della squadra italiana. Dopo una buona carriera come combinatista, Bernardi è stato anche allenatore dei combinatisti statunitensi e della squadra di salto della nazionale italiana. La passata stagione non è stata molto positiva in termini di risultati, la classica annata di transizione, nella quale si è deciso di cambiare rotta, puntando molto sul salto e seguendo quello che è il cambiamento in corso in questa disciplina nella quale la parte del fondo ha minor importanza rispetto al salto. L’abbiamo intervistato per fare il punto della situazione sulla nazionale azzurra e capire quali sono le sue aspettative.  

Buongiorno Bernardi: lo scorso anno non è stata una stagione semplice per voi, quale spiegazione si è dato?
«È stata una stagione un po’ difficoltosa, perché c’è stato il cambio di guida tecnica con il mio arrivo al posto di Strobl e Savolainen. Ho deciso di cambiare la preparazione, perché la combinata nordica si sta spostando molto sul salto. Così abbiamo iniziato un lavoro che permettesse ai nostri atleti di migliorare in questa specialità. Purtroppo in alcune stagioni le cose vanno meno bene rispetto ad altre, venivamo da un ottimo 2015 nel quale erano arrivati i risultati di Falun, che hanno creato molte aspettative. Bisogna dire però Costa nella passata stagione si è comportato bene, così come con Buzzi e Maierhofer, che sono più saltatori rispetto agli altri, che hanno avuto qualche problema in più. Il nostro è un lavoro a medio e lungo termine, come dimostrano Runggaldier e Bauer che hanno lavorato benissimo, cogliendo anche qualche buon risultato in inverno, poi hanno avuto un mese di stop a causa delle tante gare rinviate che ci hanno un po’ frenato, anche se poi Bauer ha avuto un ottimo finale. A questo aggiungiamoci l’anno negativo di Alessandro (Pittin ndr) e se lui non è al top diventa impegnativo per noi pareggiare i suoi risultati».  

Forse mai in passato l’Italia ha avuto una nazionale con tanta qualità: si aspetta risultati migliori nella prossima stagione?
«Storicamente l’Italia ha sempre avuto uno o due atleti di buon livello ogni decennio, ma mai abbiamo avuto un gruppo così forte e numeroso con diversi atleti che possono ambire ad arrivare almeno nei primi dieci posti o ottenere un quarto posto complessivo nella gara a squadre come a Falun nel 2015. Purtroppo questo sport è cambiato molto, perché fino a poche stagioni fa si poteva puntare molto sul fondo, mentre oggi le grandi nazionali hanno spostato il loro impegno sul salto, modificando il corpo degli atleti, che magari non hanno il fisico degli specialisti del salto in quanto a leggerezza e massa muscolare, ma si sono molto sfinati, trascurando il fondo nel quale le velocità si sono abbassate. Atleti come Runggaldier e Bauer, che hanno sempre avuto nel fondo la loro specialità, sono ora costretti a lavorare maggiormente sul salto, cambiando completamente il loro approccio agli allenamenti. Una cosa che è più facile da fare con un atleta giovanissimo, piuttosto che in piena maturità agonistica. Sono molto fiducioso perché Bauer per esempio sta saltando bene. Anche per Pittin vale lo stesso discorso, perché Alessandro dopo l’infortunio è diventato molto discontinuo nel salto. Quando salta bene arriva quasi sempre sul podio, ma nella passata stagione non vi è mai riuscito e adesso il nostro obiettivo è che torni a saltare come in passato».  

Come mai c’è stato questo cambiamento nella combinata nordica?
«Le nazioni storicamente più forti hanno visto che avevano a disposizione degli atleti molto competitivi nel salto e hanno deciso di concentrarsi su quella parte della nostra specialità. Così si è creato nelle gare un solco più ampio a favore dei saltatori, aumentando i distacchi e rendendo più difficili le rimonte per i fondisti puri, che sono stati messi praticamente fuori gioco».  

Non trova che in questa maniera la vostra specialità sia stata snaturata?
«Io vengo dalla vecchia combinata, nella quale si facevano due salti e una gara di 15 chilometri. Questa distanza sicuramente, rispetto ai 10 chilometri attuali, aveva un impatto diverso sul fisico degli atleti, che erano costretti ad allenarsi di più sul fondo. I vertici di questo sport hanno però deciso di rendere più accattivante la parte del salto, perché hanno scoperto che in tv i telespettatori guardavano quasi esclusivamente la gara di fondo. Certo la scelta di puntare molto sul salto ha un po’ snaturato il discorso, favorendo quelle nazioni che hanno un grande bacino di saltatori, possono allenare i giovani sul salto e quando hanno 18 o 19 anni prepararli un minimo sul fondo, quel poco che basta. Noi non possiamo permettercelo e dobbiamo difenderci adattandoci alle caratteristiche dei nostri atleti».  

Qual è la situazione degli impianti nel nostro paese?
«Nella mia zona, in Val di Fiemme, siamo molto fortunati perché abbiamo degli impianti di salto molto competitivi. Siamo messi bene anche nella zona di Tarvisio anche perché a pochi chilometri di distanza e con una spesa non esagerata possiamo usare gli impianti di Planica e Villach. Per quanto riguarda il fondo, possiamo allenarci ovunque si allenano i fondisti, perché a Tarvisio e in Val di Sole abbiamo anche sentieri e montagne finché vogliamo. Purtroppo da noi manca un impianto di riferimento con un trampolino medio da 60 metri. Speriamo che presto arrivi davvero quello di Predazzo, dove è tutto pronto».  

Quali sono gli obiettivi per la prossima stagione?
«Sono molto ambiziosi perché il gruppo è forte. Vogliamo che i nostri atleti ritrovino continuità, ci aspettiamo che quelli più maturi tornino ai risultati del passato, per non avere risultati competitivi solo da Costa ma da tutta la squadra. Nelle gare individuali vogliamo avere più atleti nei punti e ottenere più piazzamenti nei dieci, perché lo scorso anno solo Costa è riuscito a entrarci. Per quanto riguarda le gare a squadre, vogliamo essere più vicini ai primi e giocarci la possibilità di salire sul podio sia in Coppa del Mondo sia ai Mondiali. Non voglio fare proclami o promesse, ma ho un obiettivo ambizioso che è quello di migliorare il famoso quarto posto di Falun, perché so che questa squadra ha tanta qualità e ci sono sei o sette atleti in grado di ambire alla staffetta. Dobbiamo puntare in alto, perché abbiamo le opzioni per migliorarci e con l’umiltà e il lavoro possiamo farcela».  

Gli uomini che comporranno la staffetta azzurra sono ancora da decidere?
«Della staffetta di Falun soltanto Costa e Bauer sono riusciti a mantenere degli ottimi standard e ad avere un posto stabile. Runggaldier e Pittin invece non stanno vivendo un momento felice nel salto, mentre gli altri dietro di loro, in particolare Buzzi e Maierhofer, stanno lavorando bene e potrebbero anche sostituirli se questi non tornassero ai propri livelli. Attenzione poi a un giovane molto interessante, Aaron Kostner, che è classe ’99 e ha grandi potenzialità. A quell’età ci possono essere dei picchi improvvisi, come li ebbe Pittin nel 2009. Puntiamo su di lui, perché nei prossimi tre anni potrebbe esplodere e le sue prestazioni potrebbero essere uno stimolo in più per i suoi compagni di squadra più maturi a migliorare le proprie prestazioni».

 

Giorgio Capodaglio

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