| 20 agosto 2016, 07:36

Combinata Nordica, Lukas Runggaldier ha le idee chiare: "Voglio migliorare nel salto"

Il combinatista azzurro ha avuto numerosi problemi con il salto nelle ultime stagioni, ma ora vuole riavvicinarsi ai primi: "Sono il miglior fondista e spesso non entro nei trenta, per questo sto lavorando nel salto"

Combinata Nordica, Lukas Runggaldier ha le idee chiare: "Voglio migliorare nel salto"

Tanto lavoro e la voglia di tornare nelle posizioni di vertice. Lukas Runggaldier si sta allenando molto duramente nel corso dell’estate per tornare quello di tre anni fa, quando riusciva spesso ad arrivare nelle zone alte della classifica. Il cambiamento in corso nella combinata nordica, oggi molto più concentrata sul salto, ha messo in difficoltà chi come lui ha nel fondo il proprio punto di forza. L’abbiamo intervistato per sentire come si sta preparando alla nuova stagione, quella che deve essere del rilancio.  

Ciao Lukas, puoi raccontarci quando e perché hai iniziato a praticare questa specialità?
«Molto tardi rispetto alla media. Solitamente si comincia a fare fondo a 8 anni o anche prima, invece io ho iniziato a praticare sci di fondo soltanto a 14 anni e due anni dopo nella mia valle Moroder ha creato una squadra femminile di combinata nordica in vista delle Olimpiadi del 2006 e ha voluto anche alcuni ragazzi, così mi sono aggregato. Ho iniziato per divertimento e avevo sedici anni, ma mi sono visto forte e ho capito quindi che avrei potuto fare una bella carriera in questa disciplina e arrivare un giorno a partecipare anche alle Olimpiadi, che erano il mio sogno. Ho iniziato a fare sul serio e sono arrivate le Fiamme Gialle che mi hanno fatto entrare nel loro Gruppo Sportivo, così mi sono arruolato e questo sport è diventa la mia professione».  

Una volta arrivato in Coppa del Mondo, che effetto ti ha fatto gareggiare davanti a tanta gente?
«Il momento più bello sono stati i Mondiali del 2011 a Oslo, non potrò mai dimenticare quando ho visto quarantamila persone dentro lo stadio e ho anche avuto l’occasione di arrivare due volte nei top ten, avevo la pelle d’oca. Mi sembrava quasi di essere un calciatore in finale di Champions League, perché il popolo scandinavo va matto per questo sport, è la loro disciplina. Quel giorno mi trovai a combattere con i più forti e davanti a quel tifo, una cosa che mi regalò delle emozioni indescrivibili».  

Le emozioni che hai vissuto in quell'occasione sono state superiori anche a quelle olimpiche?
«Si, perché quando gareggi in Norvegia sei proprio nella patria dello sci nordico. L’esperienza olimpica in Canada fu bella, ma non c’era quell’atmosfera tipica di luoghi come Oslo o Falun. A Sochi, invece, sono andato bene in gara ma l’ambiente non c’era proprio, eravamo in un posto isolato, con poca gente. L’organizzazione russa ha dato il meglio, ma non c’era l’1% dell’atmosfera di Oslo e l’ambiente per un atleta fa la differenza, perché andare sul Mar Nero per una gara di combinata nordica era una cosa molto strana, rispetto a farlo in Norvegia dove il salto esiste da secoli. È più bello gareggiare in Scandinavia o in alcuni luoghi delle Alpi, come la Val di Fiemme, che sono la culla delle discipline nordiche».  

Hai ottenuto degli ottimi risultati in passato, ma nelle ultime stagioni sembri aver accusato il cambiamento in corso in questo sport, dove si punta molto di più sul salto rispetto al passato. È così?
«Lo scorso anno ho fatto più volte il miglior tempo nel fondo e nonostante ciò spesso non sono nemmeno riuscito ad andare a punti. Per me è stato veramente brutto sapere di essere il miglior fondista e non entrare nei trenta. Questo cambiamento che ha spostato l’asse verso il salto mi ha messo in difficoltà, perché quest’ultimo è un gesto atletico nel quale conta moltissimo la testa e quando vuoi cercare il salto perfetto finisce che spesso non ci riesci, mentre se vai sul trampolino con la mente più libera puoi ottenere degli ottimi risultati. Nel fondo sai che se rincorri la forma e dai il meglio di te puoi fare grandi cose, ma nel salto se vuoi forzare non vai meglio, anzi ti irrigidisci».  

Sei deluso per la tua ultima stagione?
«Si. Lo scorso anno ero anche partito bene, tanto che pensavo di essere tornato ai livelli di cinque anni fa. In questa maniera mi sono però messo troppa pressione, che sommata a un mese senza gare, che mi ha spezzato il ritmo che avevo a inizio stagione, ha provocato una seconda parte dell’anno molto difficile».    

Come sta andando la preparazione in vista della prossima stagione?
«Sono abbastanza contento di come stanno procedendo gli allenamenti e speriamo di continuare a lavorare bene nei prossimi due mesi, per concludere nel migliore dei modi il lavoro iniziato a maggio. Sto facendo tanto per migliorarmi nel salto perché voglio metterlo a posto, ma contemporaneamente non posso trascurare il fondo. Se riuscirò a migliorare nel salto, potrò soffrire meno e fare delle gare di fondo partendo sempre dalle prime posizioni».  

L’obiettivo della prossima stagione è quello di restare nei quattro che faranno la gara a squadre ai Mondiali?
«No, voglio solo migliorarmi e tornare a ottimi livelli nel salto per partire più avanti nel fondo. Il mio obiettivo è quello di fare delle prestazioni migliori, guardo soltanto a me stesso, senza vedere i risultati dei miei compagni. Poi se andranno meglio di me, allora sarò felice per loro e sarà giusto che prendano il mio posto».  

Nella gara a squadre sei arrivato due volte quarto ai Mondiali junior e senior: quanto ti brucia?
«Tanto, è logico. Purtroppo ho fatto tanti quarti posti, non solo ai Mondiali ma anche in Coppa del Mondo nell’individuale. La prossima volta speriamo di fare un passo più in là e salire sul podio».

 

Giorgio Capodaglio

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