| 22 agosto 2016, 07:38

Roland Clara non ha dubbi: "Auguro a ogni atleta di chiudere la carriera con la stessa serenità che ho ora"

L'ormai ex fondista ha spiegato le motivazioni del suo ritiro: "Avevo la fortuna di scegliere tra due cose che mi piacciono e la mia scelta è ricaduta sul lavoro di albergatore; lascio un ambiente nel quale mi sono trovato bene con tutti; il futuro dell'Italia? De Fabiani è il più grande talento che abbia mai visto e con Pellegrino ci regalerà tante gioie"

Roland Clara (foto dal sito www.rolandclara.com)

Roland Clara (foto dal sito www.rolandclara.com)

Anni di allenamenti, di viaggi, di weekend lontano da casa, dalla moglie e dai figli, sempre all’inseguimento della sua passione, lo sci di fondo, diventato anche la sua professione. A 34 anni però Roland Clara ha deciso di cambiare vita, abbandonare l’attività agonistica e congedarsi dalle Fiamme Gialle, per concentrarsi sulla sua nuova attività. L’ormai ex fondista ha infatti scelto un nuovo mestiere, quello dell’albergatore, curandosi del suo “Garni Clara” a Riscone che gli sta dando molte soddisfazioni (per avere conferme leggete le ottime recensioni su “Tripadvisor”). L’abbiamo intervistato, per sentire le sue emozioni a una settimana di distanza dall’annuncio dell’addio all’attività agonistica.  

Ciao Roland, una settimana fa hai annunciato il tuo ritiro: come sei arrivato a questa decisione?
«È maturata strada facendo, perché nelle ultime due stagioni era sempre più difficile allontanarsi da casa, dal momento che i miei bambini sono diventati più grandi, hanno iniziato a soffrire in modo maggiore le mie partenze e quando andavo via piangevano sempre, mi chiedevano quanti giorni avrebbero dovuto dormire senza di me prima del mio ritorno. Ho iniziato a chiedermi se era giusto farli soffrire tanto. Contemporaneamente lo scorso anno mi sono rifatto casa, ho creato il mio hotel e tutte queste cose si sono sommate. Voglio veder crescere i miei figli e da atleta sei tanto tempo lontano da casa e anche quando ci sei è come se non ci fossi perché ti alleni. Era arrivato il momento giusto per cambiare vita, di far felice la mia famiglia e quando ho visto quanto mi piace questo nuovo lavoro, ho capito qual era la decisione giusta da prendere».  

Eppure avevi iniziato a preparare la nuova stagione.
«Si, avevo iniziato la preparazione, trovando un accordo con i tecnici che non avrei fatto tutti i ritiri. Ho però compreso presto che a questo livello devi dedicare la maggior parte del tempo possibile per fare gli allenamenti e in questa maniera avrei rischiato di fare male sia l’atleta sia l’albergatore. Ho parlato con moglie, perché dovevo scegliere una sola strada e sono felice di aver fatto questa scelta. Sono stato fortunato perché ero nella situazione di poter scegliere tra due cose che mi piacciono entrambe e non tutti hanno questa possibilità. Ho scelto l'albergo, perché rappresenta il mio futuro e bisogna saltare sul treno quando passa».  

Il tuo addio improvviso ha messo in difficoltà anche l’Italia in ottica staffetta: ti dispiace?
«Non credo proprio di aver messo in difficoltà la nostra staffetta, perché ci sono dei giovani molto promettenti che sapranno fare bene, anche perché se non mi fossi allenato bene mi avrebbero subito superato in dieci. In questa nazionale ci sono cinque ragazzi tutti molto forti e non è nemmeno così scontato che avrei fatto parte della staffetta, per riuscirci avrei dovuto essere sempre al cento per cento e per riuscirci allenarmi al meglio, una cosa impossibile ora che ho anche la responsabilità dell’albergo. Lascio lo sci di fondo in un bel momento e conserverò sempre un bel ricordo di questa disciplina e dello sport in genere».  

Con la tua scelta hai lasciato anche la Finanza.
«Si e ringrazio tanto le Fiamme Gialle perché senza di loro non avrei mai potuto praticare lo sport a questi livelli. Il lavoro in albergo non era compatibile con quello da finanziere, così ho fatto la mia scelta. Ho lasciato un bel lavoro per iniziarne un altro bellissimo».  

Lo sci di fondo è uno sport molto individuale: come mai ti sei innamorato di un lavoro dove invece devi sempre essere a contatto con la gente?
«In realtà sono molto più simili di quanto si creda. Lo sci di fondo è tutt’altro che individuale, perché dietro al risultato di un atleta c’è un grande lavoro collettivo, ci sono molti contatti con le persone che fanno parte del team, che ti aiutano, dagli allenatori, agli skimen, passando per i fisioterapisti. Una volta ero felice quando salivo sul podio, oggi ho la mia soddisfazione ogni giorno, quando vedo delle persone che tornano a casa felici dopo aver passato delle belle ferie nel mio albergo. Da libero professionista è come nello sport: se lavori bene hai un ritorno e ti togli soddisfazioni. È questa la mia nuova sfida».  

Parliamo un attimo della tua carriera: a differenza della maggior parte degli atleti, tu hai ottenuto un risultato di rilievo già il giorno del tuo esordio, arrivando addirittura 11° a Lahti. Come hai fatto?
«Io sono entrato in Coppa del Mondo dopo aver vinto la Coppa Europa e mi presentavo all’esordio in un ottimo momento di forma. Dall’altra parte i miei avversari non erano nelle migliori condizioni, perché era la prima gara dopo i Mondiali, nella quale solitamente gli atleti migliori hanno una piccola flessione. Anche nella gara successiva arrivai 13° a Olso e subito dopo salii sul podio con la staffetta a Falun, giungendo secondo. A quel punto ho pensato che se la Coppa del Mondo era così semplice, l’avrei presto vinta (ride ndr). Ovviamente l’anno dopo ho scoperto che la realtà era ben diversa e il livello molto più alto, così sono arrivati anche i settantesimi posti».  

Quali sono i momenti della tua carriera che ricordi con maggior piacere?
«Sono tanti momenti e tante gare, i molti podi, la vittoria sulla salita del Cermis, i Mondiali di Oslo con 150000 spettatori. Non ti so dire oggi quali gare mi hanno dato le soddisfazioni migliori, molti risultati nemmeno me li ricordo. Quello che però non dimenticherò mai e porterò sempre con me sono i momenti vissuti insieme ai miei compagni di squadra, con i quali sono stato sempre bene, sono stati la mia famiglia».

Avendo preso la decisione soltanto in estate, non hai disputato una gara d’addio. Ti dispiace?
«Se avessi preso questa decisione prima, avrei salutato tutti agli ultimi Campionati Italiani, ma in quel momento pensavo che avrei chiuso la mia carriera al termine di questa stagione. Soltanto una volta iniziati gli allenamenti, ho capito che la decisione andava presa adesso. Sicuramente un giorno andrò a trovare i miei ex compagni e perché no, magari faremo anche una festa a settembre o ottobre qui in paese. Per il resto non ho bisogno di fare chissà cosa e ora sarò un semplice tifoso, li sosterrò davanti alla tv e sarò felice se otterranno grandi risultati. Ho dato il mio contributo e sono felice di lasciare questo ambiente dopo essere riuscito ad andare d’accordo con tutti. Ho un ricordo bellissimo e ho raggiunto più di quanto mi aspettassi all’inizio. Auguro a ogni atleta di concludere la carriera con la stessa serenità che ho adesso io, senza alcun rimpianto. Sono contento».  

Ti sei trovato bene con tutti, ma nel corso della tua carriera quali sono stati i tuoi migliori amici?
«Ne ho molti, in particolare Thomas Moriggl e David Hofer. Con loro ho vissuto metà della mia vita, facendo tutta la trafila dalla squadra junior alla B, fino alla Coppa del Mondo. Ci conosciamo da sempre».  

Che nazionale italiana hai lasciato? Cosa ti aspetti dai tuoi ex compagni?
«Lascio l’Italia in una bella situazione. Abbiamo De Fabiani, che ritengo essere il talento più grosso che l’Italia abbia avuto negli ultimi 15 anni. Secondo me ha anche ottime chance di vincere un giorno la Coppa del Mondo, una cosa che non ho mai detto in passato per altre persone, ma ha un talento stratosferico ed è un ragazzo intelligente, una dote fondamentale per raggiungere grandi traguardi. Sono convinto che il suo nome si sentirà per molti anni, perché non ho mai avuto un compagno di squadra così forte. Il più grande talento che abbia mai visto come compagno. Poi c’è Federico Pellegrino, che ha già vinto la Coppa del Mondo sprint e in questa specialità sarà l’uomo da battere ancora per molti anni. Ti dico però una cosa: se a De Fabiani dovesse entrare in testa che può andare forte anche nella sprint, si toglierà delle soddisfazioni anche lì. Posso dire di aver avuto l’onore di allenarmi con due ragazzi che rappresentano e rappresenteranno la punta di diamante nello sport mondiale, uno nelle sprint e l’altro tra un anno o due al massimo nelle distance. Non voglio portare sfortuna, ma con loro l’Italia farà spesso festa. Anche perché la nostra nazionale non si ferma solo a loro. Per esempio c’è Noeckler, mio compaesano, che è molto forte. Ha margini di miglioramento enormi, deve mettersi soltanto in testa di poter andare molto forte anche a tecnica libera, perché secondo me è un ottimo pattinatore. Nella classica, poi, può essere anche da podio in Coppa del Mondo. Abbiamo Rastelli che è molto forte nella spinta, e la classica è più spinta che altro. Questo ragazzo ha del grande potenziale e sarà utile alla nostra staffetta. Salvadori è entrato ora e per questo motivo lo conosco meno, ma ha già fatto vedere dei grandi numeri. È molto bravo come pattinatore e sarà il probabile erede della mia frazione nella staffetta. Se Dio vuole, al suo primo anno potrebbe anche portarsi subito a casa una medaglia ai Mondiali di Lahti».

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Giorgio Capodaglio

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