| 17 settembre 2016, 07:35

Igor Cigolla (Fiamme Oro): "I Gruppi sportivi sono fondamentali negli sport invernali"

Il coordinatore del reparto "sport alpini" delle Fiamme Oro (GS Polizia di Stato) ha parlato a Fondoitalia: "Senza di noi molti atleti dovrebbero smettere non appena escono dalla categoria junior; il nostro compito è quello di regalare alle nazionali italiane tanti atleti"

Igor Cigolla oggi

Igor Cigolla oggi

Va avanti il nostro viaggio all’interno dei Corpi Sportivi delle Forze Armate e di Polizia, che aiutano gli atleti italiani a inseguire i propri sogni sportivi. Dopo Esercito e Fiamme Gialle (Gruppo Sportivo della Guardia di Finanza), incontriamo oggi le Fiamme Oro (Gruppo Sportivo della Polizia) che annoverano al proprio interno tanti grandi campioni. Per conoscerlo meglio abbiamo intervistato Igor Cigolla, ex sciatore, oggi coordinatore del reparto “sport alpini” delle Fiamme Oro.

Buongiorno Cigolla e grazie per l’intervista che ci sta concedendo. Quanto sono importanti in Italia i Corpi Sportivi delle Forze Armate e di Polizia in particolare negli sport invernali?
«Credo di dire una cosa abbastanza scontata, ma i Gruppi Sportivi sono fondamentali soprattutto con gli sport che vengono ritenuti meno importanti dalla massa e dei quali molti si ricordano soltanto a quindici giorni dai Giochi. A volte mi dispiace vedere certi articoli o dichiarazioni di gente che gravita nel mondo dello sport e afferma che i gruppi sportivi sono un parcheggio per atleti di medio livello. Magari fino a quindici anni fa poteva capitare che all’interno dei Gruppi Sportivi ci fossero anche atleti di medio livello, ma oggi le cose sono molto cambiate, grazie al sistema del concorso a titoli. Certo, poi lo sport non è matematica, perché a volte un atleta che ottiene dei grandi risultati da giovane, non riesce a confermarsi e ad avere una carriera di alto livello. Per esempio qualche anno fa abbiamo arruolato Andy Plank, che nel 2009 vinse l’oro nella discesa libera ai Mondiali Juniores, mentre Dominik Paris vinse l’argento. Guardate dove sono oggi l’uno e l’altro. Senza i Gruppi Sportivi molti ragazzi tesserati nelle società, chiuderebbero la loro carriera appena usciti dalla categoria junior, perché non avrebbero le possibilità economiche per andare avanti. Quindi da un certo punto di vista abbiamo anche un importante ruolo sociale».

Insomma non accetta di sentir dire che finanziate atleti non vincenti.
«Certo, anche perché una cosa che non mi piace tanto nello mondo dello sport è la cultura della vittoria a tutti i costi, nella quale chi arriva secondo viene considerato un perdente».

Soddisfatto dei risultati sportivi che avete raggiunto?
«Nello sci alpino abbiamo avuto negli ultimi anni due atleti di punta come Davide Simoncelli e Chiara Costazza. Il primo ha smesso ed è diventato tecnico, mentre la seconda ha vissuto un periodo difficile e sta cercando di risalire la china. In generale siamo comunque soddisfatti dei risultati raggiunti. Nel biathlon, per esempio, per la prima volta una nostra atleta è salita sul podio in Coppa del Mondo. Ovviamente abbiamo gioito nel fondo per la vittoria della Coppa del Mondo Sprint da parte di Federico Pellegrino, che è il risultato più bello dell’anno. Ma noi non puntiamo soltanto alle vittorie in Coppa del Mondo, il nostro compito è quello di portare in nazionale il numero più alto possibile di atleti. Una grande soddisfazione per esempio è aver riportato in nazionale Alexia Runggaldier nel biathlon. La ragazza era uscita dal giro azzurro all’inizio della stagione, si è allenata nei nostri centri con Faustino Bordiga e nel finale della passata stagione, oltre a riprendersi la nazionale, è anche arrivata decima ai Mondiali».

Qual è la vostra politica con i giovani?
«Tesseriamo alcuni ragazzi dandogli la possibilità di allenarsi con noi e cerchiamo di mettergli a disposizione il meglio delle nostre strutture e allenatori, perché sappiamo che questi giovani si stanno giocando il futuro facendo mille sacrifici, non soltanto loro, ma anche le famiglie e le società sportive di appartenenza. Solitamente tesseriamo dei ragazzi che possono spostarsi e raggiungere Moena, perché vogliamo seguirli da vicino e non avrebbe senso tesserarli per poi lasciarli allenare con le loro società. Abbiamo tanti giovani che vogliono venire qui, al punto che non possiamo prendere tutti. Rispetto agli atleti già arruolati, il tesserato non percepisce lo stipendio ma viene trattato come gli altri, ha a disposizione tutte le nostre strutture e i tecnici, è seguito allo stesso modo. Non tesseriamo i giovani soltanto per dargli la giacchetta e pagare tre trasferte l’anno, perché se stanno qui devono avere l’opportunità di allenarsi come gli altri».

A proposito com’è la situazione degli arruolamenti?
«Da oltre dieci anni è stato introdotto l’arruolamento a titoli sportivi. Chiaro che questa cosa per certi versi tutela chi fa il concorso, perché adesso il candidato deve presentare il curriculum. Forse l’unico problema è che le nostre tabelle sono abbastanza generalizzate e abbiamo 41 discipline. Non possiamo comunque lamentarci. Come sport invernali nel 2005, alla vigilia delle Olimpiadi di Torino, riuscimmo ad arruolare ben 19 atleti in un concorso per 50. Ora riusciamo a far entrare 3-5 atleti su un concorso generale che prevede 35 posti. Non è facile, perché per esempio per avere almeno un atleta in ogni disciplina invernale, ci servirebbero 19 posti, ma in questi tempi ci accontentiamo».

Prima ci ha parlato dei giovani che tesserate: quando sono in età per arruolarsi entrano automaticamente nelle Fiamme Oro?
«No, partecipano al concorso come tutti gli altri e senza alcun vantaggio. Pensate che anni fa tesserammo Innerhofer, che però poi non riuscì a vincere il concorso ed entrò così nelle Fiamme Gialle. Questo però dimostra che i giovani che tesseriamo, li facciamo allenare con noi, non per trarne vantaggio come Fiamme Oro, ma per aiutare questi ragazzi a crescere, farsi un futuro e regalare soddisfazioni e medaglie allo sport italiano».

Come sono le vostre strutture?
«Abbiamo la sede del Centro Alpino Polizia di Stato di Moena, che è una struttura all’avanguardia ed è molto apprezzata dalle nostre nazionali. Anche gli atleti, che in passato erano un po’ restii a vivere in caserma, vedendola quasi come un declassamento, oggi invece l’apprezzano moltissimo, perché vedono che si sta bene. Abbiamo un’ottima dislocazione geografica e intorno a noi i migliori impianti del paese per allenarci in tutte le specialità».

Il vostro rapporto con la Federazione è buono?
«Ottimo, abbiamo un protocollo d’intesa con la FISI per l’utilizzo delle nostre strutture e ci sono anche molti nostri tecnici presenti all’interno degli organici delle diverse nazionali. Inoltre c’è anche la possibilità per molti poliziotti di aiutare i diversi comitati. Da un paio d’anni, poi, è nato un progetto con il MIUR (Ministero Istruzione Università Ricerca ndr), che punta ad avvicinare il mondo della scuola agli sport in montagna».

Cosa pensa dei premi che vengono assegnati agli atleti per il raggiungimento di una medaglia olimpica?
«Secondo me è giusto premiare gli atleti che, dopo aver fatto mille sacrifici nella vita senza avere rientri economici da star, siano riusciti ad arrivare a un risultato tanto importante, non soltanto per se stessi ma per tutto il movimento sportivo italiano».

Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
«Migliorare, perché non bisogna mai fermarsi. Come ho detto prima, non condivido la cultura che il secondo è il primo dei perdenti, ma dall’altra parte ritengo anche che quando si vince, non ci si deve cullare sugli allori. Quando si ottiene una vittoria, bisogna immediatamente tornare al lavoro e pensare a come restare lì oppure dove migliorare per arrivare al top».

Giorgio Capodaglio

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