| 22 marzo 2017, 12:34

Stefano Corradini: "Il Trentino è da sempre fucina di giovani campioni"

L'allenatore Responsabile del Comitato Trentino parla dei suoi atleti: "Gli consiglio di tenere duro, perché sono ragazzi che hanno dei valori saldi, hanno lavorato tanto e sono arrivati a disputare certe competizioni non per caso".

In alto da sinistra: Anton Daprà, Giacomo Gabrielli, Stefano Corradini, Tommaso Dellagiacoma, Paolo Ventura; in basso da sinistra: Ilenia Defrancesco, Giuliano Braus, Monica Tomasini (foto da facebook)

In alto da sinistra: Anton Daprà, Giacomo Gabrielli, Stefano Corradini, Tommaso Dellagiacoma, Paolo Ventura; in basso da sinistra: Ilenia Defrancesco, Giuliano Braus, Monica Tomasini (foto da facebook)

Il Trentino è sempre stato serbatoio di talenti per lo sci di fondo italiano, tanto che sono numerosi gli atleti trentini protagonisti quest’anno in Coppa del Mondo. Basti pensare che in questa stagione una trentina, Ilaria Debertolis, è stata la migliore della nazionale azzurra, mentre Gaia Vuerich è stata spesso presente in Coppa del Mondo e Giulia Stürz ha preso parte al Tour de Ski. Senza dimenticare che da Moena arriva la vincitrice dell’ultima Coppa Europa, Caterina Ganz, grande speranza del fondo italiano in rosa. Tra gli uomini Sebastiano Pellegrin ha avuto modo di esordire in Coppa del Mondo e partecipare ai Mondiali, mentre una delle grandi speranze italiane è Giandomenico Salvadori che a Lahti ha impressionato. Con loro sono tanti i giovani trentini che stanno lottando in Coppa Europa, mettendosi in luce con ottimi risultati, come Simone Daprà, Ilenia Defrancesco, Monica Tomasini, Paolo Ventura, Francesca Franchi, che ha vinto l’argento nella staffetta femminile del Mondiale Giovanile, e tanti altri. Per parlare di questa splendida realtà abbiamo intervistato Stefano Corradini, allenatore responsabile del Comitato FISI Trentino, marito di Dorothea Wierer, atleta di punta della nazionale azzurra e tra le big del biathlon mondiale. Dal 2014 allena i giovani talenti trentini, che gli sono spesso grati per i risultati che stanno ottenendo.

Buongiorno Stefano. Il Comitato Trentino è oggi il fiore all’occhiello del fondo italiano.
«Storicamente la nostra regione è una fucina di ottimi giovani fondisti e oggi ancor di più. Sono molto contento per come stanno andando le cose nell’ultimo periodo, perché stiamo lavorando molto bene».

Non a caso dal Trentino arriva la neo vincitrice della Coppa Europa, Caterina Ganz.
«La sua è una storia particolare, perché Caterina ha iniziato a sciare molto tardi, saltando diverse categorie giovanili. È stata seguita dal nostro Comitato dalla categoria Aspiranti fino a Juniores, in particolare da Attilio Dellagiacoma, che con lei ha fatto un ottimo lavoro. Ho lavorato con lei spesso nei raduni del Comitato e posso dire che è una ragazza molto talentuosa, brava in ogni passo che ha fatto, soprattutto nel difficile passaggio da junior a senior. Ora non deve sedersi sugli allori dopo gli ultimi risultati, ma sono certo che non lo farà, perché, conoscendola, ha una bella mentalità, ha una grande voglia di lavorare e si impegna sempre molto».

Sei l’allenatore responsabile dal 2014: puoi descriverci il lavoro che è stato fatto dal vostro comitato?
«Abbiamo lavorato cercando di tutelare i ragazzi, di fargli fare le tappe corrette, senza pretendere troppo, non chiedendogli il risultato immediato a tutti i costi. Noi abbiamo il dovere di lavorare con lungimiranza e guardare avanti, garantire ai ragazzi un margine di crescita costante, senza pretendere tutto e subito. Lavorare step by step ha sempre portato i suoi frutti. Personalmente sono un istruttore nazionale, lavoro moltissimo sul discorso tecnico, ho un’impronta metodologica strutturata che ha portato buoni risultati. Oltre a questo, poi, ho il dovere di capire i ragazzi, concedergli il giusto riposo quando ne hanno bisogno e dedicare a loro tantissime giornate».  

Il vostro compito non è facile, perché lavorate con i giovani in un periodo molto particolare della loro vita.
«Tante volte bisogna essere prima uno psicologo e poi un allenatore, perché è fondamentale saper interagire con i ragazzi. Attenzione, però, non bisogna farlo presentandosi come un amico, perché quella dell’allenatore deve comunque restare una figura, tra parentesi, rigida, perché poi si rischia di non vedere rispettato il proprio ruolo, si perde qualcosa. Dall’altra parte, però, l’allenatore partecipa a gioie e dolori di questi giovani nello sport. Per quanto mi riguarda, sono contento di aver mantenuto un buon rapporto anche con quei ragazzi che non ce l’hanno fatta e sono stati costretti a smettere. Non tutti, purtroppo ce la fanno, c’è chi riesce ad andare in nazionale e chi no, ma è bello essere stimati proprio da questi ultimi».

Purtroppo, a causa dei problemi economici del paese, i Corpi Militari stanno arruolando meno ragazzi e tanti sono costretti a smettere.
«Questo è un grande problema, che non dipende da noi o dalla federazione, ma influisce pesantemente sul settore giovanile. Se un ragazzo non riesce a entrare in un Corpo Militare, fatica ad andare avanti. Non tutte le famiglie possono permettersi di sostenere i figli nel tentativo di seguire ancora il loro sogno. C’è chi ha questa fortuna e dall’altra parte ha anche grandi valori e voglia di emergere, atleti forti che non sono riusciti a entrare in un Corpo Sportivo e ci provano ancora per un anno o due, nella speranza di raggiungere il loro obiettivo».

I ragazzi faticano molto a conciliare scuola e sport?
«Io cerco sempre di dare una priorità alla scuola, perché secondo me un atleta non deve pensare che può permettersi di non studiare perché tanto un giorno farà l’atleta. Lo sport professionistico è diventato sempre più elitario, o sei di un livello pazzesco oppure fatichi ad arrivare, quindi, a maggior ragione, la scuola deve avere la priorità. So, comunque, che lo sforzo non è semplice, perché è tutt’altro che facile far quadrare tutto. I ragazzi si allenano tutti i giorni, tornano a casa stanchi dopo l’allenamento e devono studiare. È un impegno impressionante. Dall’esterno non tutte le persone capiscono lo sforzo che fanno questi ragazzi, i quali si allenano quasi tutti i giorni, hanno giornate pienissime e poche pause tra le gare».

Quali sono le soddisfazioni più grandi che hai avuto in queste stagioni?
«Difficile trovarne soltanto una. Sicuramente ogni volta che abbiamo portato un nostro ragazzo o una nostra ragazza in nazionale. Penso a Defrancesco, Ventura, Daprà, Gabrielli, Broll, Tomasini, Franchi e tanti altri. Per me è una soddisfazione vedere un atleta partire con noi dal basso e arrivare fino alla nazionale, andando a disputare magari il Mondiale Juniores».

A proposito di Mondiale Juniores: Francesca Franchi ha anche portato a casa una medaglia in staffetta.
«Anche lei è un’altra ragazza che ha molte doti, ha iniziato a sciare da pochissimo. Una storia molto particolare la sua, perché ha iniziato a far fondo da pochissimi anni e già è medagliata. Il prossimo anno salirà tra i senior e speriamo riesca a mostrare tutte le sue qualità perché è molto dotata. La sua storia dimostra che se un atleta ha delle doti importanti, è aiutato dagli allenatori e dalla famiglia, alla fine riesce ad arrivare».

Poche settimane fa Ilenia Defrancesco, Monica Tomasini e Veronika Broll hanno preso parte a una gara di Coppa Italia con sette iscritte. Competizioni del genere non limitano la loro crescita?
«Secondo me male non fa, perché se un atleta ha la giusta mentalità, vuole vincere sempre e dimostrare di essere il migliore al di là del numero dei partecipanti. Purtroppo la Coppa Italia negli ultimi anni ha perso il suo fascino e questo può limitare gli stimoli, ma resta un circuito importante, perché permette agli atleti di trovare le giuste sensazioni. Per me anche queste gare vanno sfruttate per migliorare la propria condizione».

Cosa ti senti di dire ai vostri atleti che si stanno affacciando nel circuito internazionale della Coppa del Mondo o della Coppa Europa?
«Gli consiglio di tenere duro, perché sono ragazzi che hanno dei valori saldi, hanno lavorato tanto e se sono arrivati a disputare queste competizioni non è un caso. Hanno delle doti importanti che hanno visto tutti, devono quindi cercare di non abbattersi nelle difficoltà o, al contrario, non sedersi sugli allori quando le cose vanno bene. L’importante è che abbiano sempre fame di dimostrare e di vittoria. La differenza la faranno gli stimoli che avranno, la voglia di dimostrare e di emergere, perché se oggi sono lì significa che hanno doti fisiche e tecniche importanti»

Giorgio Capodaglio

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