Biathlon | 23 marzo 2017, 07:33

Il bronzo non cambia Martina Vigna: "Resto con i piedi per terra"

La giovanissima cuneese, non ancora maggiorenne, è stata grande protagonista nella staffetta ai Mondiali Giovanili: "All'ultimo polgiono ero tranquilla, perché conosco le mie capacità"

Il bronzo non cambia Martina Vigna: "Resto con i piedi per terra"

“Una raffica”. In questa maniera, ridendo, Irene Lardschneider, doppia medaglia d’oro agli ultimi Mondiali Giovanili, disputati a Brezno, ha descritto la serie in piedi di Martina Vigna che ha consentito alla staffetta femminile dell’Italia di salire sul terzo gradino del podio. Nel momento decisivo la cuneese, la più piccola del gruppo, ha mostrato una grande (o forse bisognerebbe dire "Granda", visto la sua terra d’origine) tenuta mentale, fondamentale per chi punta in alto nel biathlon. Non ancora maggiorenne, Martina Vigna ha molta voglia di arrivare, come dimostra il fatto che per inseguire il suo sogno, quotidianamente parte dalla sua Chiusa di Pesio (in provincia di Cuneo) per raggiungere il Centro Fondo di Entraque, a 45km di distanza. Conosciamola, quindi, attraverso questa intervista.

Ciao Martina, partiamo dall’ultima frazione nella quale sei riuscita a portare le tue compagne sul podio.

«Il giorno precedente alla gara pensavo di partire in seconda frazione, perché Samuela (Comola ndr) e Irene (Larschneider ndr) sono due grandi atlete, quindi immaginavo che avrebbero fatto la prima e l’ultima frazione. Quando mi è stato detto, invece, che sarei stata l’ultima frazionista, ho iniziato a preoccuparmi, avevo paura. Ho sentito al telefono i miei genitori e gli allenatori del mio sci club (Entracque Alpi Marittime ndr), che mi hanno tranquillizzata. In gara, quando Irene mi ha dato il cambio in terza posizione, ero agitata, ma mi sono subito ripresa, sono riuscita a mantenere la calma anche quando la finlandese mi ha momentaneamente superata e al poligono in piedi ero tranquilla, perché conosco le mie capacità».

Ha sorpreso la tua maturità nel non cercare di seguire la Nikkinen, velocissima sugli sci ma meno precisa al tiro, andando avanti con il tuo passo.
«Si, gli allenatori mi avevano detto che se me la sentivo potevo provare ad attaccarmi, altrimenti era meglio andare avanti con il mio passo. Ho preferito, così, andare con il mio ritmo per poi arrivare in migliori condizioni fisiche al momento del tiro. Quando sono arrivata al poligono, la finlandese stava sparando e non sapevo che aveva sbagliato. Mi sono concentrata soltanto sul mio tiro, cercando di sparare il più velocemente possibile per recuperare».

Cinque colpi velocissimi, tanto che Irene Lardschneider, scherzando, li ha definiti una raffica.
«Non mi era mai successo di sparare così velocemente. All’arrivo ero davvero contenta, non me l’aspettavo. Questa medaglia l’avevo sognata, ci speravo, perché Irene e Samuela sono molto forti. Sono riuscita a fare il mio dovere».

Puoi descriverci la telefonata con i tuoi genitori al termine della gara?
«Quando sono arrivata mi sono messa a piangere, li ho chiamati e anche loro non ci credevano, erano felicissimi. Successivamente ho sentito gli allenatori del mio sci club, che erano tutti molto contenti».

Questa medaglia ha cambiato qualcosa? Ti ha dato più fiducia?
«Sicuramente si, ho più fiducia in me stessa. Ma, proprio ora, non devo fare l’errore di accomodarmi su questo alloro, perché se mollo la presa faccio dei casini».

Torniamo indietro nel tempo: come hai iniziato a fare biathlon?
«Quando sono entrata nello Sci Club Entracque Alpi Marittime facevo fondo, poi ho provato il tiro ad aria compressa e me ne sono innamorata. Anche perché nel mio sci club abbiamo una bella squadra di biathlon, siamo tanti e i più grandi mi stanno aiutando moltissimo, in particolare Rachele (Fanesi ndr) e Ginevra (Rocchia ndr), che mi danno tanti consigli e mi stimolano. Come sci club abbiamo lavorato molto bene in questi anni, raccogliendo numerosi risultati. Sono contenta».

Hai altre persone che vuoi ringraziare oltre alle tue compagne?

«Si, in particolare una persona: Alessandro Biarese, che è stato il mio primo allenatore, mi ha dato le basi. Purtroppo è venuto a mancare due anni fa. Ringrazio, poi, gli allenatori attuali, che mi stanno insegnando tantissimo e mi incoraggiano sempre».

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Quello di tutti: arrivare in Coppa del Mondo. Ora, però, resto con i piedi per terra e mi preoccupo di fare bene le gare a cui partecipo oggi».

È difficile conciliare la scuola con lo studio?
«In realtà non sto trovando troppe difficoltà, questo grazie alla mia scuola che mi sta aiutando molto, seguendomi anche quando vado fuori per le gare».

Hai un’atleta che stimi particolarmente nel biathlon?

«Si, Daria Domracheva. Lei vinceva nel periodo in cui ho iniziato a seguire il biathlon, è fortissima e me ne sono innamorata. Ora è tornata a ottenere grandi risultati, anche dopo la gravidanza. Una campionessa»

Giorgio Capodaglio

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