| 31 marzo 2017, 07:05

Giacomo Gabrielli è pronto a rilanciarsi: "Quello che ho fatto da junior non è arrivato per caso"

Il talento trentino ha parlato a Fondoitalia: "Ho avuto una prima stagione da senior difficile, anche a causa della mononucleosi, ma proprio dalle esperienze negative si impara di più; un anno fa ho mostrato il mio valore vincendo una medaglia mondiale, ora voglio tornare a sfidare Klaebo"

Gabrielli con Klaebo sul podio del Mondiale Junior

Gabrielli con Klaebo sul podio del Mondiale Junior

Un anno fa vinse il bronzo nella sprint del Mondiale Junior, salendo sul podio con Klaebo, al termine di una prestazione di altissimo livello. Giacomo Gabrielli è uno dei fondisti più promettenti in Italia, ha dei mezzi enormi, soprattutto nelle sprint in skating, nelle quali nella sua ultima stagione da junior ottenne diversi podi. Un bel modo per chiudere la sua esperienza da junior e affacciarsi alla prima stagione da senior, che non è andata però come si sarebbe probabilmente aspettato, a causa anche della mononucleosi che l’ha debilitato fisicamente. A 21 anni ancora da compiere, anche una stagione negativa può fare bene, perché insegna molto, fa crescere, soprattutto chi vuole apprendere come Gabrielli, un ragazzo che ama il fondo come pochi altri, cresciuto ai piedi del Cermis, dove ogni anno si fa la storia di questo sport. Una passione coinvolgente la sua, che si respira anche nell’intervista che vi proponiamo.

Ciao Giacomo. Si è conclusa la tua stagione da senior: come la giudichi?
«È stata una stagione molto particolare, in quanto dal punto di vista dei risultati, purtroppo, non ho ottenuto moltissimo per diversi motivi. Su tutti la mononucleosi che mi ha colpito in un momento chiave della stagione, influendo molto sulle mie prestazioni. Purtroppo mi sono accorto tardi di avere questo problema, altrimenti mi sarei fermato un attimo prima, ma qualche buon risultato che avevo ottenuto, in particolare le due medaglie agli Italiani di Feltre e Primiero, mi avevano fatto credere di non avere alcun problema fisico. Sulla mia stagione ha influito negativamente, forse, anche il pesante carico di lavoro che ho fatto in estate, senza scaricare come avrei dovuto».

Hai trovato grandi differenze nel passaggio da junior a senior?
«Arrivando da una stagione fantastica com’è stata la mia ultima da junior, con tanto di medaglia ai Mondiali e diversi titoli italiani, avevo aspettative molto alte. Ho trovato, però, molte differenze, altri ritmi, altri carichi di lavoro e forse ho pagato anche questo. Durante l’estate e l’autunno mi sembrava di vivere una stagione come un'altra, poi quando ho iniziato a fare le gare, mi sono trovato contro avversari più grandi e forti di me. È stato difficile, poi ci si è messa anche la mononucleosi a complicare le cose».

Immagino che avrai, quindi, tanta voglia di riscatto per la prossima stagione.
«Sicuramente, anche perché non mi sono abbattuto. Quello che ho fatto nella mia ultima stagione da junior non è arrivato per caso. Sono consapevole che possono starci delle stagioni negative, anzi anche questa brutta stagione mi aiuterà a crescere ancor di più. Ripensandoci bene, infatti, mononucleosi a parte, ho compreso di aver commesso qualche errore nel corso della preparazione estiva ed autunnale, non ho scaricato il lavoro fatto come avrei dovuto e se accumuli troppo d’estate, senza scaricare, poi ne risenti. Sono certo però che tutto il lavoro fatto l’estate scorsa non sia andato perduto e mi tornerà utile per la prossima stagione».

In un anno difficile hai comunque fatto il tuo esordio in Coppa del Mondo; puoi raccontarci cosa hai provato nel momento in cui ti sei trovato al cancelletto di partenza?
«Quando me l’hanno detto, ero abbastanza eccitato e per nulla agitato, in quanto non avevo alcuna pressione ed ero felice di poter gareggiare in casa insieme a tanti miei compagni. Il momento più bello non l’ho vissuto al cancelletto di partenza, ma in un punto della pista nel quale c’erano tantissime persone che tifavano per noi, che mi hanno fatto vivere un momento emozionante, da brividi».

Ti ha fatto effetto vedere al tuo fianco atleti come Pellegrino o Ustiugov?
«Si, già nel corso dell’allenamento, li vedevo lì attorno a me, come persone normali e mi sono detto: "corro con i più forti al mondo". Per me è stata una grande soddisfazione riuscire ad arrivare a gareggiare con gente di questo livello. Quest’anno era già importante partecipare, poi mi rendo conto che c’è tanto lavorare per poter essere in pianta stabile in Coppa del Mondo».

Tornando indietro nel tempo: come hai iniziato?
«Si da piccolo, perché mio papà è sempre stato allenatore di biathlon e fondo nel Comitato Trentino e anche nelle nazionali. Così mi ha messo sugli sci già a cinque anni e ho fatto sempre quello. Ho provato anche la discesa, ma mi piace troppo il fondo, così ho continuato con la società della mia zona, l’USD Cermis».

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Partecipare un giorno alle Olimpiadi, che sono il massimo per un atleta. Poi, se arrivasse una medaglia sarebbe ancora meglio. Per il resto vorrei fare la Coppa del Mondo, disputare belle gare ed essere costante nel corso della stagione. Ho poi un altro sogno sin da bambino, quello di salire sul podio della Marcialonga. L’arrivo di questa storica gara, infatti, è ad appena cento metri da casa mia ed è una competizione che sentiamo moltissimo nel mio paese».

Come gara preferisci la sprint a skating? Dove credi di dover migliorare?
«A me piacciono entrambi i passi, sia classico sia skating, ma vado meglio in quest’ultimo, soprattutto nelle sprint. Ho un passato da atleta distance, anche se oggi mi considero più uno sprinter. Oggi un atleta deve specializzarsi in qualcosa, perché è difficile andare al massimo sia nell’una sia nell’altra specialità. Devo migliorare la resistenza per poter crescere anche nelle prove distance. Sugli sci, invece, non smetti mai di crescere, perché non esiste lo sciatore perfetto. Anche i veri campioni continuano a lavorare sulla tecnica pure a trent’anni e ad aggiornarsi sempre, in quanto la tecnica cambia di continuo».

Hai un atleta che stimi particolarmente? Un esempio da seguire?
«Sicuramente quanto fatto da Federico Pellegrino è da stimare, in quanto da tanto tempo un italiano non compiva un’impresa del genere. Mi piace tantissimo sia come atleta sia come persona, è determinato, scia bene e in gara usa molto la testa, una cosa fondamentale nella sprint. Poi, personalmente, mi ha fatto piacere che Klaebo abbia fatto una stagione di altissimo livello al primo anno da senior, in quanto ai Mondiali Junior di un anno fa arrivai terzo nella gara che vinse proprio lui. Era già forte e quest’anno ha fatto qualcosa di fantastico. Per me è un esempio importante, molto incoraggiante, così gli dico un arrivederci, perché voglio tornare a sfidarlo più avanti».

A proposito del bronzo mondiale a Rasnov. Puoi descriverci quella giornata?
«Per me è stato il giorno più bello, perché la medaglia è arrivata inaspettata. La mattina avevo dormito poco, perché avevamo avuto alcuni problemi logistici. Inoltre, nei giorni precedenti la gara, non ci avevano permesso di sciare molto a causa della poca neve, così era stato complicato testare gli sci. La vigilia, insomma, era stata stressante e non avevo buone sensazioni, perché la neve era molle e faceva anche caldo. Per me è stata la qualifica più dura mai fatta, ma una volta che ho tagliato il traguardo mi hanno detto che ero secondo. Mi sono stupito, ho anche avuto problemi di stomaco per la fatica fatta, ma a quel punto ho capito che avrei avuto la possibilità di ottenere qualcosa di importante. Puntavo ad arrivare in finale, ma durante le batterie mi sono reso conto che avrei potuto anche fare qualcosa in più. In finale ero concentratissimo, tutto è andato bene fino a metà gara, quando Klaebo e il coreano di origine norvegese, Magnus Boe Kim, hanno fatto un po’ di gioco di squadra. Quest’ultimo ha attaccato, Klaebo ha fatto un po’ da tappo e l’ha lasciato andare, poi è partito, l’ha raggiunto e l’ha battuto. Io mi sono concentrato sulla volata per il bronzo e in spaccata ho battuto il russo Spitsov».

In conclusione, vuoi ringraziare qualcuno per dove sei arrivato fino a oggi?
«Certamente ringrazio i miei genitori, in particolare mio papà, Fabio Gabrielli, che mi ha indirizzato a questo sport e mi ha anche allenato nella prima società in cui ho militato, l’USD Cermis, insieme a Stefano Corradini. Ringrazio anche ques'ultimo, perché è stato anche il mio allenatore nel Comitato Trentino. Dico grazie, poi, all'Esercito, perché arruolandomi mi ha permesso di andare avanti e proseguire il mio sogno. Infine ci tengo a ringraziare tutto il team Italia, dai tecnici, agli skiman, fino ad arrivare ai miei compagni di squadra».

Giorgio Capodaglio

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