| 15 maggio 2017, 07:26

Roberto Dellasega ha le idee chiare: "Devo ritrovare consapevolezza nei miei mezzi"

Il trentino viene da alcune stagioni un po' opache: "Ho perso un po' di convinzione, ma l'arrivo di Kruczek ha portato una nuova professionalità e mi sta insegnando tanto anche a livello umano"

Foto Pentaphoto

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Nella stagione 2013/14, Roberto Dellasega sembrava lanciato verso un ottimo futuro. A ventitre anni, il saltatore di Predazzo, aveva colto spesso la zona punti in Coppa del Mondo nel corso della stagione. Nel suo momento migliore, però, forse anche a causa della confusione in cui era caduto il movimento del salto italiano, il giovane delle Fiamme Gialle non è riuscito a confermarsi e ha perso fiducia. Dall’estate scorsa, con l’arrivo di Kruczek, ha iniziato a lavorare in un modo diverso, nel finale di stagione è tornato in Coppa del Mondo e nella gara a squadre di Planica si è anche comportato bene. Questo gli ha dato maggiore consapevolezza in vista della prossima stagione, nella quale vuole tornare più spesso in Coppa del Mondo e prendersi il posto per i Giochi Olimpici di PyeongChang, dopo aver già partecipato a quelle di Vancouver e Sochi. Dellasega, inoltre, sta cambiando molto anche caratterialmente, non è più il ragazzo taciturno di una volta, come ha dimostrato nell’intervista che vi proponiamo.

Ciao Roberto: qual è il tuo giudizio sulla stagione che si è appena conclusa?

«La stagione era iniziata abbastanza bene, perché nelle prime gare di FIS Cup ero riuscito a trovare una buona stabilità. Successivamente, però, non c’è stata molta costanza nei salti fatti in allenamento, così è diventato più difficile trovarne buoni in gara. Nell’ultima parte della stagione è stata una sorpresa, per me, tornare in Coppa del Mondo. Queste gare, però, non sono state il massimo, mi sono bloccato di testa, perché tornare in Coppa del Mondo con salti non ottimali mi ha demoralizzato. Soprattutto in un format come il Row Air, perché ci sono tante gare in pochi giorni, molti spostamenti, non ho trovato salti buoni e mi sono buttato giù. Quando sono tornato dalla Norvegia, ho avuto un giorno e mezzo di relax e a Planica, dopo aver avuto qualche difficoltà nei primi salti, negli ultimi, soprattutto nella gara a squadre, sono riuscito liberare un po’ la testa e trovare salti buoni. Però, in generale, non sono soddisfatto, perché la stagione invernale è stata un po’ troppo altalenante».

Nella stagione 2013/14 sei riuscito spesso a entrare in zona punti e sembravi lanciatissimo, poi c’è stata un’involuzione nelle tue prestazioni: come mai?
«Nemmeno io sono riuscito a capire cosa abbia scatenato questo calo, perché non ho avuto cadute e nemmeno problemi fisici che mi hanno fermato. Non so, magari ci sono stati molti cambi nelle metodologie di allenamento in questi anni e ne ho risentito. Però, oggi, abbiamo uno staff molto competente e siamo seguiti al massimo, come mai in passato. Sicuramente il problema è legato al fatto che ho perso un po’ di convinzione nei miei mezzi. So di avere nelle mie corde certi salti, l’ho dimostrato nelle mie stagioni positive, quindi devo ritrovare questa consapevolezza nelle mie capacità, perché è tutta una questione mentale».

Dalla passata stagione avete un nuovo allenatore, Lukasz Kruczek. Come ti trovi con lui?
«Molto bene, non soltanto con lui, ma con tutto lo staff, compresi Morassi, Lunardi e Giacomelli, che è appena entrato. C’è un bel clima, un legame ben coeso tra atleti e allenatori. L’arrivo di Kruczek ha portato una professionalità molto alta sotto tutti i punti di vista, sia nell’allenamento atletico sia in quello tecnico, ma anche dal punto di vista umano, perché sa come prendere gli atleti. Il suo arrivo ha portato un grosso beneficio, perché con lui e il suo staff si può parlare di tutti i nostri problemi, non soltanto quelli di squadra o allenamento, ma anche la vita privata. Questo è riuscito ad unirci molto di più».

Il suo arrivo, quindi, ha migliorato le cose non soltanto dal punto di vista tecnico.
«Si è creato un bello spirito di squadra, il giusto legame non soltanto tra gli atleti, ma anche tra noi e gli allenatori, oltre anche tra questi ultimi e la dirigenza. C’è il clima giusto e sano per poter lavorare e raggiungere gli obiettivi predisposti. Kruczek ha creato una squadra ben compatta e unita tra tutti i componenti dello staff».

Con l’arrivo del tecnico polacco, la FISI ha dimostrato di puntare molto sul salto.
«Si, penso proprio che la Federazione voglia rilanciare il salto, ha fatto degli investimenti importanti e lo stesso hanno fatto anche i gruppi sportivi militari. Vedendo i risultati di Colloredo, Bresadola e Insam, che ha vinto la medaglia al Mondiale Giovanile e ha fatto il nuovo record italiano di volo, sono arrivate anche le prime risposte da parte degli atleti, dimostrazione che gli investimenti sono stati fatti bene».

Quali consigli ti ha dato Kruczek per tornare ai tuoi livelli?
«Visto che sono taciturno e spesso sulle mie, mi ha consigliato vivamente di parlare di più dei miei problemi, anche extra sportivi, avere un maggior contatto con gli allenatori, essere più aperto con loro. Ho cominciato a lavorarci sopra e, per esempio, c’è stata un’occasione, a Trondheim, in cui dopo aver fatto male il primo salto, Kruczek mi ha preso da parte e chiesto cosa non andasse, ricordandomi che devo parlare di più, così ho fatto Per quanto riguarda il resto, stiamo lavorando molto sui pesi, perché sono abbastanza debole, non ho molta forza esplosiva e stiamo puntando molto su questo aspetto della preparazione».

Torniamo indietro nel tempo: come è nata la tua passione per il salto?
«Sono nato a Predazzo, dalla strada si vedono i trampolini e per tanti anni ho seguito numerosi grandi atleti lanciarsi dai nostri trampolini, anche campioni italiani come Ivo Pertile e Roberto Cecon. È iniziato tutto da lì, mi sono appassionato, ho deciso di provarci e le cose sono andate bene, perché quando hai passione e trovi un centro organizzato come quello di Predazzo, non torni indietro ed è facile proseguire».

La tua famiglia ha appoggiato la tua scelta?
«Ho iniziato a saltare quando avevo sette anni. In quel periodo giocavo anche a tennis e calcio, così la mia famiglia ha insistito perché scegliessi soltanto una di queste attività, senza condizionarmi. Così ho fatto, optando per il salto. C’è stato grosso supporto da parte della mia famiglia, anche perché mamma è una grande appassionata e giudice internazionale di salto. Sono fortunato».

Qual è stato il momento più bello della tua carriera fino a questo momento?
«Ce ne sono tanti di momenti belli e li ricordo tutti come se li avessi vissuti ieri. Il migliore in assoluto credo sia stato ai Mondiali in Val di Fiemme nella gara a squadre, perché è stato tanto emozionante, per me, partecipare ai Mondiali a casa mia, anche se non potevo lottare per le medaglie, ho dato il massimo che avevo. Bellissimo».

Qual è l’obiettivo in vista della prossima stagione?
«Come ogni atleta, ovviamente, partecipare alle Olimpiadi. Per farlo sono consapevole di dover lavorare sodo, perché soltanto con il duro lavoro si raggiungono certi obiettivi».

Infine, c’è qualcuno in particolare che vuoi ringraziare?
«Vorrei ringraziare prima di tutto le Fiamme Gialle che investono tanto tempo e soldi su noi atleti, ci mettono a disposizione le migliori palestre per allenarci. Insieme a loro ringrazio tutto lo staff della nazionale per avermi dato ancora una possibilità di dimostrare tutto il mio valore».

Giorgio Capodaglio

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