| 09 giugno 2017, 07:29

Daniele Compagnoni: "Così cresciamo i talenti del fondo nel Comitato Alpi Centrali"

Intervista a Daniele Compagnoni, successore di Renato Pasini alla guida del fondo lombardo: "Sono felice perché vedo ragazzi molto volenterosi"

Daniele Compagnoni: "Così cresciamo i talenti del fondo nel Comitato Alpi Centrali"

Sono tanti gli atleti lombardi all’interno delle squadre giovanili delle nazionali di sci di fondo, dimostrazione che in questi anni il Comitato Alpi Centrali ha lavorato molto bene, grazie a Renato Pasini, che dopo una bella carriera da atleta, si è dimostrato anche un ottimo allenatore responsabile, coadiuvato da Daniele Compagnoni.

Quest’ultimo, ex fondista in forza all’Esercito, a partire da questa stagione avrà l’arduo compito e la responsabilità di sostituire Pasini, diventato allenatore della squadra femminile del Centro Sportivo Carabinieri. Compagnoni, entrato tra i tecnici del Comitato Alpi Centrali nella stagione 2013/14, quando alla guida della squadra di fondo c’era ancora Aurelio Martinelli, si troverà ora a gestire le squadre giovanili del Comitato, insieme all’allenatore Fabio Maj. Di questo e tanto altro abbiamo parlato con lui nella seguente intervista.

Buongiorno Daniele Compagnoni: qual è lo stato di salute del fondo nel Comitato Alpi Centrali?

«È molto buono, perché abbiamo molti ragazzi e abbiamo da poco concluso un raduno di tre giorno a Gromo, nel quale ho visto un gruppo di giovani molto volenterosi. Vedo benissimo i nuovi arrivati, i 2001, che hanno affrontato questi tre giorni con grande impegno, tanto che alla fine erano stanchissimi, perché non sono ancora abituati a sostenere questi carichi. Hanno capito di essere entrati in un nuovo mondo, dove c’è da lavorare, vivendo una situazione molto diversa rispetto a quella cui erano abituati fino allo scorso anno».
    
Nella passata stagione avete avuto tante soddisfazioni, in particolare da Martina Bellini.
«Martina è una sicurezza, a ogni Campionato Italiano portiamo a casa delle medaglie grazie a lei, anche se sfortunatamente si è trovata ad affrontare quel fenomeno di Anna Comarella che vince sempre. Si è comportata bene non soltanto agli italiani, ma anche in Coppa Europa, senza dimenticarci che Martina è stata grande protagonista anche nella staffetta d’argento ai Mondiali Giovanili. Oltre a lei, però, sono state tante le soddisfazioni che ci siamo tolti in stagione. Vittoria Zini ha vinto la medaglia nella sprint a Cereda, Laura Colombo e Valentina Maj hanno ottenuto ottimi risultati, Mattia Armellini ha vinto il titolo italiano sprint junior maschile a Clusone, nella gara in cui anche Nicola Castelli ha preso la medaglia di bronzo. Anche negli Aspiranti abbiamo avuto un bel gruppetto, perché subito dietro a big come Luca Del Fabbro e Davide Graz, si trova sempre il nostro Luca Compagnoni, che ha vinto anche la medaglia nella mass agli italiani, mentre ottimi risultati li ha ottenuti anche Michele Gasperi. Peccato per la medaglia sfumata nella staffetta, a causa della squalifica di Luca Compagnoni. Ora vi racconto una cosa per farvi comprendere meglio com’è fatto questo ragazzo. Parlando degli obiettivi per la prossima stagione, mi ha detto che vorrebbe fare bene in Coppa Europa, arrivare a medaglia agli italiani e ha sottolineato che vuole vincere la staffetta. Questo mi è piaciuto molto, significa che ha voglia di riscattarsi».

È nel Comitato Fisi Alpi Centrali dalla stagione 2013/14: che tipo di lavoro avete fatto in questi anni?
«La nostra regione è molto grande e quindi in passato era molto difficile riuscire a riunire tutti gli atleti, tanto che quando gareggiavo io ci si ritrovava poche volte e poi ci si incontrava direttamente alle gare. Noi abbiamo cercato prima di tutto di far si che gli atleti si vedessero il più possibile. Così abbiamo cercato di organizzare almeno un mini raduno al mese già nel corso dell’estate e fare poi un bel gruppo in inverno. Lo stesso abbiamo fatto anche con gli allenatori, far lavorare tutti insieme e verso un’unica direzione, senza disperdere le energie. Quando si è nel Comitato, poi, ci si dimentica del proprio sci club o della provincia di provenienza, tutti si sentono responsabili di ogni ragazzo, magari può capitare che un giovane valtellinese chieda aiuto e consigli a un tecnico bergamasco e viceversa. Abbiamo poi impostato una linea generale di allenamenti e programmi da seguire. I ragazzi stessi in questa maniera si conoscono meglio, fanno gruppo, e non vedono più il compagno di squadra del comitato come un avversario, ma come qualcuno con cui crescere insieme».

Qual è il messaggio che date ai ragazzi?
«È sempre difficile fargli capire che non conta la vittoria a tutti i costi. Oggi si guarda tanto al risultato, perché i gruppi sportivi aggregano molti ragazzi già a 16 anni, così magari chi è rimasto fuori, vede i suoi coetanei con materiali e tuta del corpo sportivo e rischia di abbattersi, crede di essere già tagliato fuori dalla possibilità di venire arruolato.  Noi cerchiamo di far capire a questi ragazzi che i risultati si devono raggiungere soprattutto a 19 anni, quando conta veramente. Purtroppo non è facile far capire loro che devono tenere duro, molti finiscono per perdersi, magari coloro che per caratteristiche fisiche si sarebbero espressi a partire dai vent’anni».

Quanto è complicato lavorare con questi ragazzi in un’età molto particolare?
«È difficile lavorare, anche perché non sono atleti professionisti, devi stimolarli, stargli dietro. Sinceramente, la nostra politica, è anche quella di lasciarli un po’ sfogare, soprattutto durante i ritiri estivi. Sempre sotto il nostro controllo, ovviamente, li lasciamo uscire, organizziamo qualche festa, li facciamo anche divertire, per fare in modo che nel corso dell’inverno siano più ligi al dovere, essendosi già sfogati. È un metodo che ha portato Renato (Pasini ndr) e io appoggio in pieno. Ogni giovane ha un carattere diverso, ci sono quelli già professionisti e coloro che sono più esuberanti, che dopo un po’, però, capiscono di dover abbassare la cresta».

Qual è stata la soddisfazione più grande, che ha fin qui avuto?
«Nel mio primo anno da allenatore, ai Campionati Italiani di Madonna di Campiglio, vincemmo tre gare su quattro tra junior e aspiranti. Non riuscimmo a vincere soltanto con le aspiranti femminili, ovviamente perché c’era Anna Comarella. Ogni comitato vorrebbe un’atleta così».

Anna Comarella protagonista dell’argento mondiale della staffetta femminile junior, insieme alla vostra Martina Bellini, autrice di una prima frazione spettacolare.
«Nel corso dei Mondiali Giovanili eravamo in Val di Fiemme. Solitamente quando si mangia vietiamo ai ragazzi di utilizzare il telefono, pena una multa. In quell’occasione togliemmo tutte le multe e tutti si sintonizzavano per vedere le gare. Nel corso del viaggio di ritorno, eravamo tutti insieme sul pulmino a tifare per Martina e le sue compagne, così quando è arrivato l’argento abbiamo esultato. Martina si è comportata benissimo. il suo risultato è davvero importante per tutto il Comitato. Tanto che qualche settimana dopo, quando andammo a Passo Cereda, per motivare i ragazzi feci l’esempio dell’argento di Martina e dell’oro di Pellegrino. Ho invitato tutti i ragazzi a cercare le sensazioni che avevano mentre guardavano quelle gare, perché erano in tensione, carichi, facevano il tifo. Ho chiesto di vivere così anche la loro gara il giorno successivo».

Come abbiamo detto prima, non tutti i ragazzi riescono a fare poi carriera.
«Fa sempre molto male, perché vedi le loro potenzialità, gli sei vicino tanto tempo e speri fino alla fine che riescano a entrare in un corpo sportivo. Noi cerchiamo sempre di dare una mano agli Under 23, anche quando fanno il passaggio a senior, raccogliamo delle piccole sovvenzioni, anche se non è mai facile. A Bergamo è anche nato un team per sostenerli. Una cosa per me bellissima è vedere quei ragazzi che ci provano fino all’ultimo, che non sono entrati in un corpo sportivo, ma continuano a crederci, si allenano e magari vanno alle Universiadi. Alla fine, anche se non fanno una carriera, molti di loro diventano allenatori o maestri di sci».

Ai ragazzi che, al contrario, entrano nel Gruppo Sportivo, cosa dite?
«Un solo consiglio: non sentitevi arrivati, perché non lo siete. Continuate a lavorare, sempre a testa bassa, perché il punto di arrivo non è l’ingresso in un corpo sportivo, ma avere la voglia di vincere medaglie. Non ci si deve accontentare dello stipendio a fine mese».

È appena iniziata una nuova avventura: c’è qualcuno che vuole ringraziare?
«Intanto saluto Renato Pasini con cui è stato bellissimo lavorare in questi anni. Poi dico grazie all’Esercito, che mi permette di fare questo lavoro. Infine voglio ringraziare tutti gli allenatori che ho avuto nel corso della mia carriera da fondista, perché ognuno di loro mi ha passato qualcosa che oggi cerco di trasmettere ai ragazzi».

Giorgio Capodaglio

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