Biathlon | 24 luglio 2017, 07:28

La grinta di Andrea Baretto: "Come mi ha insegnato Alessandro Biarese, non mi arrendo mai"

Il biatleta cuneese, argento nei Mondiali Junior nel 2016, si sta allenando con l'Esercito dopo l'esclusione dalla Squadra B, ma non molla: "Questa esclusione mi ha messo maggiori stimoli, voglio partire subito bene per qualificarmi in IBU Cup"

La grinta di Andrea Baretto: "Come mi ha insegnato Alessandro Biarese, non mi arrendo mai"

Meno di due anni fa ha vinto la medaglia d’argento nell’individuale dei Campionati Mondiali Junior di Cheile Gradistei, la prima medaglia nella storia del biathlon piemontese in una rassegna iridata mondiale o olimpica. Andrea Baretto, classe ’95, ha dimostrato di avere un grande talento, ma nella sua prima stagione da senior ha faticato, non riuscendo a ripetere quanto di buono fatto nelle categorie giovanili. Qualche bel risultato in Alpen Cup non è bastato a convincere i tecnici azzurri a inserirlo ancora nella Squadra B, così in estate il ventiduenne di Valdieri, Provincia di Cuneo, è tornato ad allenarsi con il Centro Sportivo Esercito. Un’esclusione che brucia, ma allo stesso tempo stimola Andrea Baretto, ragazzo che nella vita non si è mai arreso e ha una grande forza d’animo, grazie all’esempio di Alessandro Biarese, l’ex allenatore dello Sci Club Alpi Marittime, scomparso dopo una lunga malattia due anni fa.

Ciao Andrea, come sta procedendo la preparazione?
«Fino adesso stiamo lavorando molto bene. Mi ero allenato con la squadra di sede già due anni fa e ho un bel rapporto con gli allenatori. Ci conosciamo da tanto sia con i tecnici sia con la squadra. Mi sto allenando con tanti atleti al mio stesso livello ed è una cosa molto stimolante. Non potrei chiedere di meglio».

Che tipo di allenamento hai svolto in questa prima fase?
«Da metà maggio fino a poche settimane fa abbiamo lavorato separando la preparazione fisica con gli skiroll dalla tecnica al tiro, riguardo al quale ci siamo concentrati esclusivamente su precisione e coordinazione. Una cosa molto importante, in quanto siamo tornati al lavoro dopo un mese di stop e la prima fase è sempre quella più critica, quindi bisogna ricominciare facendo un lavoro stile tiro a segno. Ora abbiamo iniziato a combinare gli allenamenti di intensità sugli skiroll con quelli al tiro».

Deluso per la mancata convocazione in nazionale?
«Ho avuto una stagione negativa e probabilmente non meritavo la nazionale, anche se ho sperato fino all’ultimo chi mi fosse data ugualmente fiducia. Mi dispiace soprattutto perché essere in nazionale è una sorta di riconoscimento del tuo lavoro. Per quanto riguarda il resto, sono molto felice di lavorare con l’Esercito, anche se non ci si allena in località e poligoni diversi come accade con la nazionale. Sono certo, però, che saprò dimostrare il mio valore, perché sono molto motivato».

Qual è il tuo obiettivo in vista della prossima stagione?
«Voglio andare subito all’attacco e cominciare immediatamente bene, perché le prime gare di Coppa Italia sono molto importanti per qualificarsi all’IBU Cup. Dovrò quindi essere in forma a inizio stagione, ottenere subito ottimi risultati e poi cercare di tenere duro per tutto l’anno».

L’esclusione dalla squadra B della nazionale, quindi, ti ha dato più motivazioni.
«Certo, ho maggiori stimoli. Anche se l’impegno da parte mia c’è sempre stato, è inevitabile che quando vieni escluso, anche inconsciamente, hai una percentuale di grinta in più, dovuta alla voglia di dimostrare prima di tutto a te stesso di valere la nazionale. Mi sto allenando con più forza e maggior grinta».

Cosa credi non sia andato bene nella passata stagione?
«Ho avuto un inizio non molto pimpante e ciò ha influito non poco. A gennaio ho vinto in Alpen Cup, così mi sono un attimo risollevato moralmente, ma purtroppo le cose sono presto tornate come prima. Non ho mai trovato la giusta condizione fisica, non mi sentivo bene in gara e di conseguenza non sono mai riuscito a tirare fuori da me stesso il cento per cento. Sinceramente, ancora non sono riuscito a capire quali siano state le cause di questi problemi. Purtroppo, poi, quando non stai bene fisicamente, ne risenti anche a livello mentale, perché sai di non andare bene sugli sci e di conseguenza ti metti maggiore pressione al tiro, finendo per sbagliare. Mi è dispiaciuto non avere sugli sci quel cambio di ritmo che avrei sperato».

Torniamo indietro nel tempo: come hai iniziato a fare biathlon?
«Già da bambino sono entrato nello Sci Club Entracque Alpi Marittime, che è molto vicino a dove abito, praticando però il fondo. Quando tra gli allenatori è arrivato Alessandro Biarese, tramite anche Roberto Biarese, ha aperto le porte del biathlon a tanti di noi, facendoci provare. Ho iniziato così a sparare con l’aria compressa, mi è subito piaciuto e ho ottenuto presto dei buoni risultati. Sono andato avanti con la calibro ventidue e da lì ho capito che avrei voluto intraprendere la carriera da biatleta e non da fondista».

Quanto è stata importante per te, e tanti altri giovani della provincia cuneese, la figura di Alessandro Biarese?
«Devo tanto ad Alessandro come allenatore e come uomo. Mi è stato molto vicino quando è mancato mio padre, così mi sono legato moltissimo a lui. Quando gli è stata diagnosticata quella malattia, il nostro rapporto si è rafforzato. In un primo momento sembrava uscirne, ma purtroppo non possiamo mai programmare le nostre vite e due anni fa è scomparso. Per me è stato come perdere un altro papà, perché mi ha tirato su come un figlio. Aveva una grande passione per questo sport, al punto che nel periodo in cui faceva i trattamenti della chemio, non ci ha mai lasciato da soli negli allenamenti, nonostante fosse visibilmente stanco nel fisico. Per noi è stato un grande esempio, un punto di riferimento, è riuscito a darci una grande forza, perché se non mollava lui, non potevamo certo farlo noi. Ancora oggi la sua figura rappresenta un grande stimolo per me, il suo ricordo è sempre vivo in tutto ciò che faccio».

Parliamo del tuo futuro: qual è il sogno nel cassetto?
«Gareggiare in Coppa del Mondo. Penso sia il sogno di tutti coloro che praticano questi sport, arrivare al massimo circuito. Non devo però volare troppo in alto con la fantasia, voglio andare avanti per piccoli passi e vedere come andrà ogni singola stagione. Non voglio creare subito delle aspettative troppo alte. Perché se poi qualcosa va storto, la delusione potrebbe avere il sopravvento e compromettere anche gli allenamenti. Non posso, però, nascondere che il Mondiale di Anterselva nel 2020 sia un mio obiettivo, perché sarebbe splendido gareggiare in casa. Non sarà facile, però, perché c’è tanta concorrenza oggi in nazionale, siamo tanti e giovani, con grande voglia di dimostrare il nostro valore. È una cosa positiva, significa che il movimento italiano, nonostante non abbia un budget enorme, è in crescita, sa sfruttare al meglio le poche risorse a disposizione. È un valore aggiunto, che, mi auguro, potrà portarci un giorno ad avere una squadra competitiva come i nostri vicini francesi».

Chi è il tuo atleta preferito nel biathlon?
«Bjoerndalen, perché sta dimostrando che nonostante l’età è ancora in grado di lottare per la vittoria. È un punto di riferimento, perché è impressionante vedere quanto un campione come lui, nonostante abbia vinto tantissimo, abbia ancora tanta fame e voglia di lottare. Altri prima di lui, penso alla Neuner, hanno smesso dopo aver vinto tanto, invece Bjoerndalen è una leggenda, perché a oltre 40 anni lotta ancora con i più giovani. Ovviamente oggi c’è Martin Fourcade che è sulla buona strada per fare la storia, lo sta dimostrando con le tante gare che sta vincendo, ma la leggenda, “The King”, è stato e sarà sempre Bjoerndalen».

Prima di salutarci, vuoi ringraziare qualcuno?
«Innanzitutto l’Esercito perché mi ha consentito di trasformare la mia passione in un lavoro e gli allenatori del centro sportivo che mi stanno aiutando moltissimo. Inoltre ringrazio i tecnici dello Sci Club Entracque e del Comitato AOC. Poi ci tengo a ringraziare in modo particolare gli sponsor che mi sostengono: La Poiana e Carbocalcio Cuneese. Infine la mia famiglia, perché mi sostiene da sempre, e tutti coloro che continuano a credere in me»

Giorgio Capodaglio

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