Sci di fondo | 28 settembre 2017, 07:29

Under 20 maschile, l'allenatore Paolo Rivero è fiducioso: "È un bel gruppo, formato da ragazzi che si stimolano a vicenda"

Il tecnico della squadra maschile Under 20 ci parla di Luca Del Fabbro, Martin Coradazzi, Giovanni Caola, Stefano Dellagiacoma e Davide Graz: "Sono un gruppo di lavoratori"

Under 20 maschile, l'allenatore Paolo Rivero è fiducioso: "È un bel gruppo, formato da ragazzi che si stimolano a vicenda"

La nazionale Under 20 sta preparando la stagione 2017/18 sotto la guida dell’allenatore responsabile Francesco Semenzato. Due squadre ricche di talento e giovani che vogliono emergere, perché nella femminile ci sono le medagliate mondiali Cristina Pittin e Martina Bellini, insieme alla valdostana Noemi Glarey e le sorelle Chiara e Alessia De Zolt Ponte. La maschile, invece, è divisa tra Friuli e Trentino, avendo al suo interno Martin Coradazzi, Luca Del Fabbro, Davide Graz, Stefano Dellagiacoma e Giovanni Caola. Ad aiutare Semenzato a portare avanti il gruppo maschile, un giovane tecnico molto apprezzato, il venticinquenne Paolo Rivero, al quale è stata affidata la preparazione della squadra. Abbiamo incontrato il giovane tecnico cuneese per fare il punto della situazione sulla preparazione dei giovani azzurri e le aspettative in vista della nuova stagione per questo gruppo tutto del Nord Est.

Buongiorno Rivero. Come sta procedendo la preparazione degli Under 20 della nazionale?
«Abbiamo concluso da poco un raduno a Moena, ospiti delle Fiamme Oro. La preparazione sta procedendo bene, come fece la squadra dello scorso anno anche questi ragazzi non si fanno sconti, si stimolano a vicenda per dare sempre qualcosa in più in allenamento. Ovviamente ognuno ha la sua personalità, ma sono un bel gruppo di lavoratori».

È un gruppo formato esclusivamente da ragazzi friulani e trentini.
«A differenza dalla passata stagione, quando avevamo atleti provenienti da più regioni, quest’anno ci ritroviamo tutti ragazzi di Friuli e Trentino. I primi sono tutti figli della stessa scuola, quella di Forni Avoltri dove sono cresciuti con Mirco Romanin, mentre i trentini vengono da scuole diverse, perché Dellagiacoma viene dalla Val di Fiemme, mentre Giovanni Caola è della Val Rendena».

Parliamo dei singoli. Ci sono grandi aspettative attorno a Luca Del Fabbro.
«Nella passata stagione ha ottenuto ottimi risultati in Coppa Europa e fatto un bel Mondiale Giovanile, disputando una stagione di vertice nonostante l’età più giovane di due anni rispetto agli avversari. Quest’anno ha da una parte maggiori responsabilità e dall’altra più ambizioni. Lui è un atleta più maturo rispetto a gente più grande di lui sia come prestazioni sia caratterialmente, perché sa dove vuole arrivare e cosa fare per riuscirci. Inoltre ha imparato a gestire bene la preparazione e sa leggere bene le situazioni di gara. Sono comportamenti che uno si aspetta da un professionista, ma lui lo fa ad appena 18 anni».

Un anno importante per Martin Coradazzi, alla sua ultima stagione da junior prima di passare tra i senior.
«Il vantaggio con Martin è che dal punto di vista mentale è una macchina. Ha tante pressioni, perché vuole ottenere risultati, entrare in un corpo militare e confermare quanto di buono fatto nella seconda parte della passata stagione, ma non si lascia condizionare. Ha la capacità di restare sempre concentrato, ha tutto sotto controllo. È un grande calcolatore, conosce bene se stesso, analizza sempre in modo lucido ciò che gli succede, riesce ad essere molto critico dopo un allenamento e riportarci perfettamente le sensazioni avute. Nonostante abbia gli occhi puntati addosso, perché molti vogliono vedere i risultati che fa, riesce ad affrontare tutto in maniera in razionale».

Passiamo agli altri tre ragazzi, appena entrati a far parte di questo gruppo.
«È difficile fare un discorso comune, perché hanno storie molto diverse tra loro. Davide Graz è una macchina per far fatica, non lo ferma nessuno. Inoltre ha anche il vantaggio di essere il più giovane del gruppo, deve ancora compiere 17 anni e non sente quindi pressioni. Giovanni Caola, invece, è il più grande, ma da un punto di vista atletico ha affrontato in passato dei carichi di lavoro minori, rispetto a quelli di oggi. Ha però una grande voglia di sfruttare questa occasione che gli è stata data, perché lo scorso anno non avrebbe mai pensato di entrare a far parte della nazionale. Ha capito di avere una grande opportunità e non vuole lasciare nulla al caso: è sempre attento quando lavoriamo sulla tecnica, ci dà sempre i suoi feedback dopo gli allenamenti atletici, perché non ha mai fatto allenamenti del genere. Si sta giocando al meglio tutte le sue carte. Stefano, invece, è più scoppiettante, ha un carattere particolare, è un elemento importante nel gruppo, perché porta tutta la sua simpatia, che è molto utile. Essendo aggregato delle Fiamme Gialle, arriva a questa esperienza con maggiore preparazione e consapevolezza dei propri mezzi, ma deve migliorare sulla gestione del pre gara, deve imparare a essere un po’ meno ansioso. È un ragazzo intelligente, però, sa quali sono i suoi punti deboli ed è importante, perché può individuare la strada per superarli».

L’impressione è che si sia formato un bel gruppo.
«Si, come nella passata stagione, quando avevamo un gruppo molto affiatato e i ragazzi si stimolavano a vicenda. Ricordo che quando gli altri tecnici mi chiedevano come fosse andata la preparazione, gli rispondevo che non poteva andare meglio. La cosa bella di quest’anno è che Luca e Martin, gli unici due elementi rimasti rispetto alla passata stagione, sono riusciti a dare continuità, trasferendo questo spirito ai nuovi arrivati, ricreando la stessa atmosfera. Sono tutti entrati in questo sistema per cui ci si diverte nel momento giusto, ma ci si allena in maniera seria e attenta».

È difficile lavorare con i ragazzi in un periodo così importante per il loro futuro sportivo?
«Siamo di fronte all’eterno problema della necessità di poter proseguire grazie all’arruolamento in un corpo militare, che possa garantire a questi giovani atleti un futuro da professionisti. La prospettiva dell’arruolamento può rappresentare un bene, se viene posto come obiettivo e soprattutto preso come uno stimolo. Non deve però mai diventare un’ossessione, questi giovani atleti non devono arrivare a ogni singola gara con il pensiero di dover vincere a tutti i costi per accumulare punto. Poi ovviamente c’è sempre nell’aria questa continua attenzione ai concorsi e i tanti viaggi che i giovani devono sostenere. Quest’anno abbiamo in squadra tutti ragazzi aggregati a Fiamme Gialle e Carabinieri, riusciamo quindi a sfruttare la possibilità di collaborazione con gli allenatori di questi due corpi sportivi, Corradini e Grandelis. I giovani, giustamente, ambiscono a diventare professionisti e sappiamo quanto sia difficile riuscirci, non soltanto in Italia, ma anche all’estero. Sicuramente, per quanto riguarda questo argomento, la pressione è ancora maggiore nella squadra Under 23».

Due mesi fa la squadra Under 20 è stata ospite in Norvegia. Può parlarci di questa esperienza?
«Ha rappresentato una grande opportunità per i ragazzi, ma anche per noi tecnici, che abbiamo avuto l’occasione di confrontarci e scoprire realtà diverse dalla nostra, non soltanto quella norvegese, ma anche altre. Abbiamo passato tanto tempo con allenatori e preparatori delle nazionali straniere e ognuno ha la sua realtà. Se c’è una normale “invidia” per questa Norvegia super organizzata e dai budget astronomici, è diverso per noi conoscere l’ambiente spagnolo, armeno, polacco, ma anche austriaco, dove hanno difficoltà più grandi rispetto alle nostre. Noi ci lamentiamo spesso dei numeri italiani, ma altri hanno numeri ancora più piccoli. Inoltre abbiamo visto quanto, rispetto ad altre nazioni, siamo messi meglio nell’organizzazione federale. Tornando ai ragazzi, invece, per loro è stata l’opportunità di vivere un’esperienza comunitaria, stare insieme per dieci giorni, creando un maggiore spirito di squadra. Inoltre hanno potuto conoscere i ragazzi di altre nazioni, che studiano e si allenano come loro. Poi hanno visto come ci si allena in Norvegia, seguendo per una settimana il loro programma, mettendosi alla prova con degli allenamenti molto diversi. È stata una cosa importante dal punto di vista mentale, perché hanno eseguito un programma con cinque ore di corsa, una cosa a cui non erano abituati. L'hanno fatto e hanno visto che questi volumi sono sostenibili, quindi possono entrare nella forma mentale che è possibile farlo anche qui, se gli viene chiesto»

Giorgio Capodaglio

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