Salto | 27 ottobre 2017, 10:54

Gregor Schlierenzauer diventa un documentario e parla a cuore aperto

Il saltatore austriaco ha spiegato qual è la sua attuale situazione psicologica, parlando anche degli obiettivi per il futuro.

Credits: Instagram Gregor Schlierenzauer

Credits: Instagram Gregor Schlierenzauer

Mercoledì sera a Vienna è stato presentato “Weitergehen”, letteralmente “Continuare a muoversi”, un documentario di 52 minuti dove viene raccontata la carriera di Gregor Schlierenzauer, senza perdere di vista i momenti più difficili della sua attività agonistica.

Proprio in occasione della première, il ventisettenne tirolese ha parlato con i media austriaci, rilasciando una serie di dichiarazioni in merito al suo recente passato e ai suoi obiettivi per il prossimo futuro.

“Quando si sceglie di diventare atleti professionisti per raggiungere l’apice bisogna cominciare sin da giovanissimi a fare molti sacrifici. Non a caso molti di coloro che tentano questa strada falliscono. Vale per lo sport, così come per il mondo dello spettacolo. Si perde giocoforza l’adolescenza e c’è chi sente il bisogno di recuperare quegli anni in altre fasi della vita.

Per certi versi è quanto successo anche a me, quando ho deciso di prendermi una pausa. Però nel momento in cui ho capito di avere ancora bisogno di gareggiare e di sentire ancora il desiderio di essere tra i migliori, ho scelto di rientrare. Se non volessi competere mi sarei ritirato molti anni fa.

Ora però gareggerò con uno spirito differente. In passato ritenevo che il concetto di successo equivalesse alla vittoria. Oggi invece mi sono reso conto che la vita è qualcosa di diverso. Paulo Coelho ha detto ‘Il successo è quando ci si addormenta e la tua anima è tranquilla’.

Quando si compete ad altissimo livello, il confine che separa il successo dal fallimento è sottilissimo e bisogna essere estremamente professionali per poter emergere. Questo comporta un enorme sforzo mentale. Non ho ancora incontrato un atleta che in un periodo di 10 anni non abbia mai avuto nessun momento di difficoltà.

Il mio caso però è diverso, perché ho avuto come una sindrome da burnout. Ho perso completamente motivazioni e non riuscivo più a reggere la situazione. Non capivo cosa mi stesse succedendo e non volevo ammettere di stare male sul piano umano. La parte più difficile è stata aprirsi agli altri. Se si diventa figure pubbliche sin dalla giovanissima età, allora ci si crea una serie di scudi dietro cui nascondersi. Questa è stata l’origine del mio problema, perché alla fine ho ceduto alla pressione.

Da un lato il successo mi ha dato grande notorietà, e questo è un privilegio enorme, ma dall’altro ho dovuto confrontarmi con l’altra faccia della medaglia. Ogni mia azione veniva analizzata e soppesata da molte persone. Chiunque può giudicarmi come saltatore, ma nessuno può farlo come persona. Per questo per me è stato naturale dire: ‘Voglio prendermi una pausa, voglio un po’ di privacy, mi voglio godere le cose semplici della vita’.

Sono stato in psicoterapia e ancora oggi vado dallo psicologo. Stiamo lavorando sullo sviluppo della mia persona, una strada che va ben oltre il salto con gli sci. Ora ho imparato a gestire i fallimenti.

Per questo dito che nella nuova stagione l’obiettivo principale sarà quello di avere successo nei Giochi olimpici. Però se Gregor Schlierenzauer non dovesse diventare campione olimpico, questo non cambierà il destino del mondo. Le medaglie prima o poi si ricoprono di polvere, così come le Coppe del Mondo e gli altri trofei.

So che se dovessi vincere allora anche l’ultimo punto della mia lista di obiettivi verrebbe cancellato. Però  se non dovessi farcela prenderò l’accaduto con filosofia, perché tra 10 o 20 anni tutto questo non avrà più importanza”.

Francesco Paone

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