| 15 gennaio 2018, 23:16

L'ULULATO DEL BUBO - Puntata 4. "Klæbo ha imparato a dare del 'Lei' all'Italia"

Fulvio "Bubo" Valbusa analizza quanto accaduto nelle sprint di Dresda, da cui il movimento azzurro è uscito benissimo.

Foto di Francesco Paone

Foto di Francesco Paone

Archiviato il Tour de Ski, la Coppa del Mondo di sci di fondo ha fatto tappa a Dresda per un weekend dedicato alle prove sprint.

L’Italia ha raccolto enormi soddisfazioni tra gli uomini, dove Federico Pellegrino prima ha vinto la competizione individuale, dopodiché in tandem con Dietmar Nöckler si è imposto anche nella gara a coppie.

Andiamo allora a sentire l’opinione di Fulvio “Bubo” Valbusa in merito a quanto accaduto in Germania.

Allora Bubo, per una volta l’Italia è stata la grande protagonista del weekend, almeno in campo maschile. Cosa pensi di quanto avvenuto a Dresda?
“Chiaramente abbiamo vissuto un fine settimana superpositivo, perché sarà stato anche un tracciato completamente piatto e quindi anomalo, però portare a casa due vittorie è sempre un’iniezione di fiducia di quelle che ti gasano a mille. Sono successi pesanti sul piano psicologico, perché hanno permesso di capire che la strada imboccata è quella giusta. L’avvicinamento ai grandi appuntamenti è sempre critico, in quanto raramente si riesce a comprendere il proprio livello. Arrivare a 25 giorni dalle Olimpiadi con questo genere di prestazioni è davvero rassicurante e permette di guardare con tranquillità alle prove coreane. Aggiungo inoltre una buona parola per i due giovanissimi schierati, ovvero Michael Hellweger e Giacomo Gabrielli. Hanno dimostrato coraggio approcciando le gare nel modo corretto. Io a questo punto li porterei in Coppa del Mondo il più possibile. Prenderanno legnate all’inizio, ma serviranno per capire cosa significa confrontarsi con i migliori del mondo. Dopo le legnate arrivano le soddisfazioni, perché confronto vuol dire necessità di migliorarsi e di conseguenza crescita. Altrimenti, se non ci si confronta mai, non si capisce qual è il proprio livello e non si progredisce”.

Hai parlato di pista piatta, quindi completamente diversa da quella olimpica. Però, non si può proprio trarre nessuna indicazione?
“Pista piatta o non piatta, queste gare hanno fatto capire al signor Klæbo che è meglio dare del ‘Lei’ all’Italia. Perché ha sempre dimostrato di sapersi presentare al top nei grandi appuntamenti con Federico Pellegrino e Didi Nöckler. Magari i norvegesi pensavano di arrivare a Dresda e fare man bassa di successi, invece sono tornati a casa con un piccolo campanello d’allarme in ottica olimpica”.

Parliamo di Klæbo, battuto per la prima volta in stagione in una prova sprint. Cosa pensi sia successo? Forse dopo la lunga pausa non è ancora al top della condizione? Oppure sono cresciuti gli altri?
“Klæbo non l’ho visto così bene come era stato annunciato dal team norvegese dopo che aveva dominato in maniera stratosferica i campionati nazionali. Un weekend non fa necessariamente testo, ma – sbilanciandomi un attimino – dico che non vorrei che debba iniziare a preoccuparsi. Insomma, riuscirà ad arrivare davvero alle Olimpiadi nella condizione atletica di inizio stagione? Potrebbe non essere così scontato. Non credo ci saranno grossi problemi, però a Dresda mi è apparso un pochino più opaco rispetto a dicembre”.  

Klæbo e Pellegrino sembrano destinati a giocarsi la Coppa del Mondo sprint, dove sono divisi da 55 punti in favore del norvegese. Mancano cinque gare, di cui tre a skating. Pensi che per l’azzurro la rimonta sia possibile?
 “Secondo me le sprint di Planica e di Seefeld saranno vissute come degli autentici test in vista delle Olimpiadi, che sicuramente Pellegrino preparerà in maniera maniacale come sa fare lui. Dopo la Corea ci si dedicherà anima e corpo alla Coppa del Mondo e bisognerà vedere come si uscirà dall’appuntamento a Cinque cerchi, ovvero quali saranno le condizioni di Chicco e Klæbo a marzo. Lì si deciderà la partita, la stagione è ancora abbastanza lunga e 55 punti sono pochi. Secondo me la Sfera di cristallo di specialità è un obiettivo fattibile”.

Cosa dici delle ragazze? Quattro qualificate su quattro, con una che avanza in semifinale non sono spettacolo di tutti giorni.
“Per la squadra femminile vale lo stesso discorso di quella maschile. Tenendo sempre in considerazione le caratteristiche anomale di questo circuito cittadino, peraltro bellissimo perché fa sempre piacere gareggiare in mezzo a tanta gente, si tratta di una gradita iniezione di fiducia. Quindi speriamo possa aiutare ad avere un avvicinamento positivo verso le Olimpiadi dove, senza nulla togliere alle nostre atlete, ambizioni di medaglia non ce ne sono. A Dresda mancavano tante prime attrici, ma speriamo che questa competizione possa gasare le ragazze, cosicché in Corea possano scendere in pista con grinta e raccogliere piazzamenti dignitosi”.

Hai citato le Olimpiadi più volte. Allora eccoti la domanda secca. Nella team sprint la coppia maschile italiana è da medaglia d’oro?
“Allora, sulla carta siamo sicuramente da podio. Ho detto sulla carta, perché sai bene che ci sono tantissimi fattori in grado di influenzare una gara secca. Il meteo, le condizioni della neve, la preparazione degli sci. È indispensabile che tutto il cerchio si chiuda. Sia per gli atleti, sia per lo staff. Vale per noi, ma anche per tutti gli altri. Una gara dove si assegnano le medaglie non è come una di Coppa del Mondo, dove comunque parti con l’idea che se va male oggi ce ne sarà un’altra settimana prossima. No! Qui non c’è appello. Infatti si possono generare delle sorprese. In positivo e in negativo. Quindi penso si possa e anzi si debba sognare in grande, però tenendo sempre i piedi per terra. Sappiamo di andare in Corea con la forza e le potenzialità per fare medaglia pesante, avremo questa consapevolezza quando ci giocheremo le nostre carte. Il risultato finale lo scopriremo solo sul campo”.

Francesco Paone

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