| 22 gennaio 2018, 16:10

L'ULULATO DEL BUBO - Puntata 5. Obiettivi puntati sul futuro, prossimo e remoto

Fulvio "Bubo" Valbusa dice la sua dopo le gare di Planica, dalle quali a suo modo di vedere l'Italia non è uscita bene.

L'ULULATO DEL BUBO - Puntata 5. Obiettivi puntati sul futuro, prossimo e remoto

La Coppa del Mondo di sci di fondo ha archiviato il weekend di Planica, penultimo appuntamento prima dei Giochi olimpici di PyeongChang. Andiamo allora ad analizzare quanto accaduto in compagnia di Bubo Valbusa, nel settimanale appuntamento con il suo ululato.

Partiamo dalla sprint in alternato, prova generale di quella olimpica. Klæbo è stato semplicemente impressionante.
“Sì, senza dubbio. Ha dominato con le mani in tasca mettendo in mostra una superiorità esagerata, quasi imbarazzante. Sarà il grande favorito per la medaglia d’oro perché è il numero 1 in tecnica classica e perché i tracciati duri, come era quello di Planica e come sarà quello coreano, gli sono favorevoli. Quindi sarà veramente molto difficile stargli davanti quando ci saranno in palio le medaglie”.

Però Klæbo è stato battuto nella 15 km da un Poltoranin in grande spolvero.
“Planica è una pista dove è importante sciare con grande potenza e questo ha sicuramente giovato al kazako, che ha saputo gestirsi alla grande e si è tenuto energie extra negli ultimi tre chilometri. Comunque, non credo che a Klæbo importi più di tanto in questo momento. Secondo me lui la 15 km olimpica, che tra l’altro sarà a skating, non la farà neanche. Punterà su altri format e sono davvero curioso di vedere quali saranno i quartetti norvegesi nelle varie competizioni”.

Un peccato non aver potuto vedere Federico Pellegrino in azione in questa sorta di prova generale della gara olimpica.
“Mi sarebbe davvero piaciuto vederlo. Però ha pagato i lavori fatti la settimana precedente. Ha caricato molto e alla fine aveva le gambe proprio un po’ cotte. Inoltre la fortuna non lo ha aiutato, ma meglio sia successo a Planica che altrove”.

Abbiamo aperto il discorso Italia, proseguiamolo parlando del resto del team.
“In tutta sincerità la mia impressione è che finora l’approccio alle Olimpiadi sia stato positivo solo per Pellegrino e parzialmente per Nöckler, grazie alla vittoria nella team sprint di Dresda. De Fabiani rimbalza qua e là. Dice di stare bene, però il cronometro per adesso non è dalla sua. Io credo che abbia caricato molto la settimana scorsa e caricherà ancora in quelle successive. Mister Chenetti è uno dei tecnici migliori al mondo e di sicuro sa bene come portare al top gli atleti quando più conta. Però sulla gara secca non è mai facile: le medaglie sono tre, i pretendenti molti di più”.

Ne hai citati tre. La staffetta, che tanto ti è cara, si corre in quattro. Nel weekend Rastelli ha dato segnali importanti, avanzando la sua candidatura a un pettorale.
“La staffetta, argomento spinoso. Norvegia e Russia sono lassù, praticamente irraggiungibili, poi però la sfida per il bronzo è aperta. La Finlandia come ho detto nelle settimane scorse la vedo un po’ zoppicante, la Svezia convince solo con Halfvarsson. È molto difficile, ma penso ci possa essere un pertugio per inserirsi. Sicuramente la Francia può sognare, ma anche noi potremmo dire la nostra con un De Fabiani al top e un Chicco Pellegrino in quarta frazione. Bisogna però trovare un quartetto, perché abbiamo i nomi, ma non sappiamo dove metterli. Salvadori magari lo schiereremo in terza frazione, ha fatto vedere buone cose a skating. Per l’altro segmento in alternato io in questo momento vedo Rastelli più di un Nöckler che non ha ancora convinto in tecnica classica. Insomma arriviamo in Corea senza l’idea di come schierare le nostre pedine. Saranno determinanti le gare olimpiche, dove si capirà chi è più in forma e le scelte dovranno essere fatte tenendo in considerazione i riscontri partoriti dalla pista”.

Hai citato la Svezia, che però ha dato qualche piccolo segnale di vita nel weekend.
“Sì ma solo con Halfvarsson. Hellner è stato inesistente e bisogna mettere in conto tutte le assenze. Mancavano Cologna, Sundby, Ustiugov, Bolshunov, Harvey. Tutti uomini che troveremo in alta classifica alle Olimpiadi. Lo stesso Halfvarsson ha beccato 45” da Poltoranin, mi sembrano davvero tanti per chi vuole andare a prendersi le medaglie olimpiche. È vero che loro ci hanno abituati a non bucare i grandi appuntamenti, ma per adesso si vede davvero poco”.

Hai citato due grandi assenti, Ustiugov e Bolshunov. Eppure la Russia è stata comunque protagonista nonostante fosse priva delle sue punte di diamante.
“Sì, ho visto una grande Russia, capace di piazzare 5 uomini nei primi 15 nonostante mancassero i due cavalli più forti. Il fatto impressionante è la capacità di portare subito alla ribalta i giovani. Kirillov è arrivato quinto e Sobakarev nono. Davvero bravi. Io penso si debbano gestire così le nuove leve, non ha senso tenerle nel bombaso come diciamo a Verona, cioè tenerle nel cotone. Bisogna mandarle a sparare le cartucce che hanno in canna. Magari all’inizio accusano il colpo, ma poi dopo due o tre volte reagiscono e iniziano a crescere”.

Mi pare di capire dove vuoi arrivare, e qui ci spostiamo in campo femminile. Ebba Andersson arriva quinta e Anna Comarella quarantaquattresima, staccata di due minuti dalla sua coetanea con cui l’anno scorso lottava nei Mondiali junior. Sbaglio?
“No, non sbagli. È proprio questo il punto. C’è una grossa differenza di cultura nell’inserimento dei giovani. Le atlete bisogna buttarle nella mischia e farle confrontare con le più forti. Io sono convinto che gli allenatori italiani siano in gamba come quelli svedesi, ma le nostre giovani quando arrivano in Coppa del Mondo è come se si spaventino. Proprio per questo dico che bisogna farle sbattere contro la dura e crudele realtà di beccare i minuti. Perché se un’atleta ha l’orgoglio prima o poi si stufa di prendere mazzate e reagisce. Si allenano per questo, per soffrire in pista e ottenere il massimo risultato possibile. Bisogna lanciarle queste giovani, perché se guardiamo al resto non abbiamo alternative”.

Sei abbastanza scoraggiato.
“Per forza, è evidente che la situazione non è delle più rosee. A parte Brocard, che ha dimostrato di avere carattere e di saper soffrire, vedo veramente poco. Magari salviamo Lucia Scardoni, almeno nelle sprint. Però le altre atlete esperte fanno troppa fatica. Debertolis non si è confermata dopo la bella stagione scorsa, ed è un peccato perché la 10 km a skating olimpica potrebbe essere la sua gara, dove ottenere un bel piazzamento. Domenica la migliore delle italiane è stata Virigina De Martin, ma è arrivata 38^ in un contesto in cui mancavano 10 atlete di vertice. Idem Sara Pellegrini, classificatasi poco dietro. Guardando la classifica avrebbero potuto e dovuto entrare nelle 20 considerando il loro potenziale, soprattutto sulla base di quanto si vede in Alpen Cup. Invece in Coppa del Mondo diventano irriconoscibili. Purtroppo in campo femminile la coperta è cortissima e ahimè fa tristezza”.

Francesco Paone

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