Salto | 21 febbraio 2018, 18:00

Il racconto olimpico di Manuela Malsiner: "È stata un'esperienza splendida"

La saltatrice gardenese ha descritto le emozioni da lei vissute ai Giochi di PyeongChang, la sua prima partecipazione alle Olimpiadi: dal villaggio olimpico alla cerimonia d'apertura, dal contatto con i campioni degli altri sport alla gara, un'esperienza vissuta insieme a sua sorella Lara

Manuela Malsiner (a sinistra) insieme a sua sorella Lara

Manuela Malsiner (a sinistra) insieme a sua sorella Lara

A 20 anni ha vissuto la sua prima esperienza olimpica con la passione di chi ha realizzato un sogno. Manuela Malsiner è entusiasta per la sua avventura a cinque cerchi, al di là del risultato che forse non ha accontentato appieno le sue aspettative, forse più alte rispetto al 18° posto ottenuto. Al di là del risultato finale Manuela Malsiner si è gustata questa magnifica esperienza e ce l’ha raccontata, permettendoci di vivere il clima olimpico attraverso le sue parole colme di entusiasmo.  

Ciao Manuela. Sei appena tornata in Val Gardena dopo l’esperienza olimpica a PyeongChang. Sei soddisfatta per quanto riguarda la tua gara?
«Sinceramente mi sarei aspettata di più perché anche negli ultimi allenamenti che hanno preceduto la partenza per la Corea del Sud avevo saltato bene. Non sono riuscita però a ripetermi lì e per questo motivo dopo la gara ero abbastanza delusa. Voglio però guardare il bicchiere mezzo pieno, perché sono comunque riuscita a chiudere tra le prime venti la mia prima esperienza olimpica. Mi dispiace non essere riuscita a saltare bene come so ma può capitare».

Ha vinto Maren Lundby davanti ad Althaus e Takanashi. È il podio che ti aspettavi?
«Se consideriamo i risultati ottenuti in questa stagione Maren Lundby era la grande favorita e avrei puntato sul suo successo. Sono felice per Sara Takanashi perché finalmente ha conquistato la medaglia olimpica, la merita per quello che ha fatto in carriera. Comunque è il giusto podio per quello che si è visto in stagione. Nessuna si è fatta prendere dalla tensione e sono state bravissime perché il nostro è uno sport che si basa moltissimo sulla testa e non è facile arrivare da favorite».

Passiamo ora agli altri aspetti della tua avventura olimpica: qual è stato il tuo impatto con il villaggio olimpico?
«È bellissimo vivere il villaggio olimpico perché quando si va in giro c’è la possibilità di incontrare atleti di ogni nazione, idoli visti tante volte in tv fin da quando ero bambina, le star che vincono tantissimo nello sport. C’è la possibilità di parlare tante lingue. È stata bellissima anche la cerimonia di apertura, perché è emozionante far parte della squadra italiana durante la sfilata delle nazioni».  

Quali idoli ti ha fatto particolarmente piacere incontrare?
«Abbiamo visto tanti sciatori e sciatrici, anche tantissimi saltatori come Kasai, un idolo assoluto. Anche in altre occasioni l’avevamo incontrato ma mai così spesso come in questa occasione, ci siamo anche trovate a mangiare al tavolo a fianco al suo. È stato un piacere avere l’occasione di conoscere e parlare anche con Frida Hansdotter, medaglia d’oro nello speciale».

Torniamo alla cerimonia d’apertura.
«È stato splendido. Quando ho sentito nominare l’Italia e mi sono messa in cammino dentro lo stadio insieme ad atlete come Sofia Goggia ed Arianna Fontana mi sono sentita onorata di rappresentare il mio paese. Inoltre c’è stato anche il bellissimo momento in cui Corea del Sud e del Nord hanno sfilato insieme sotto un’unica bandiera. È stato un segno di pace, che fa comprendere l’importanza dei Giochi Olimpici».

Hai avuto modo di entrare in contatto anche con gli atleti italiani?
«È stato un piacere conoscere ragazze molto simpatiche come Johanna Schnarf e Federica Brignone. Anche con le biatlete mi sono trovata molto bene. Purtroppo nel corso dell’anno non ci sono molte occasioni per incontrarsi».

Passiamo alle curiosità: al villaggio olimpico avete mangiato italiano?
«In realtà avevamo la possibilità di scegliere tra tantissimi tipi di cucina. Sinceramente, essendo una ragazza molto curiosa, ho voluto provare qualcosa di nuovo, così ho provato tantissimo la cucina asiatica. Mi è piaciuta molto (ride, ndr)».

Che effetto ti ha fatto vivere questa esperienza insieme a tua sorella?
«Per noi è stato molto bello, qualcosa di speciale perché non capita spesso di vivere un’esperienza del genere insieme a tua sorella. Chissà, se Jessica dovesse crescere bene magari alle prossime Olimpiadi saremo addirittura in tre (ride, ndr)».

Hai visto anche altre gare?
«Eravamo a Casa Italia quando Arianna Fontana ha vinto l’oro e Federico Pellegrino l’argento, abbiamo festeggiato insieme a tutte le persone che erano lì. È stato un momento bello che abbiamo vissuto insieme ad altri campioni dello sport italiano. Per motivi logistici, invece, abbiamo visto dal vivo soltanto le gare di salto e combinata».

Tornando indietro nel tempo: ti saresti mai aspettata quattro anni fa di partecipare ai Giochi di PyeongChang?
«No, perché era un periodo difficile per il salto femminile italiano in crisi tecnica e per me in particolare, dal momento che mi ero anche infortunata. Due situazioni che mi avevano quasi portato a smettere. Per fortuna ho trovato chi mi ha dato fiducia e ho continuato a gareggiare. Lo scorso anno, poi, ho iniziato a crederci ed è stata un’esperienza bellissima».

A questo punto, se guardi avanti dove ti vedi tra quattro anni?
«In questo momento non voglio pensare così avanti ma concentrarmi soltanto sull’immediato futuro: voglio tornare a saltare come lo scorso anno. Mi auguro di cuore che nella prossima stagione resti l’attuale staff tecnico perché ci troviamo bene e vogliamo continuare a lavorare come abbiamo fatto in questi ultimi anni, magari con l’inserimento di alcune giovani in squadra con noi. Sarebbe bello avere questa opportunità. Il prossimo anno, poi, avremo i Mondiali di Seefeld, praticamente il nostro trampolino di casa. Vogliamo fare bene. Il mio sogno? Gareggiare un giorno in una gara olimpica a squadra femminile. È un peccato arrivare dall'altra parte del mondo per partecipare soltanto a una gara»

Giorgio Capodaglio

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