Sci di fondo | 02 marzo 2018, 11:11

Anna Comarella: "Ho realizzato il mio sogno olimpico, ora voglio migliorarmi"

A Fondoitalia il racconto olimpico della giovane veneta: "L'emozione più forte l'ho avuta alla prima gara quando il pubblico ha iniziato a urlare; durante la cerimonia di chiusura mi sono commossa"

Anna Comarella: "Ho realizzato il mio sogno olimpico, ora voglio migliorarmi"

È tornata soltanto martedì mattina da PyeongChang ma ha fatto giusto in tempo a salutare amici e parenti che è nuovamente salita su un aereo per raggiungere Lahti, dove da domani sarà protagonista in Coppa del Mondo. È un vero tour de force per Anna Comarella, da affrontare però con il sorriso sulle labbra, quello della giovane che sta realizzando il suo sogno. Prima della partenza per la Finlandia l’abbiamo contattata per farci raccontare la sua avventura olimpica, vissuta a quasi 21 anni (li compirà il prossimo 12 marzo, ndr). Ne è uscito fuori un racconto anche molto divertente grazie alla semplicità e la simpatia di questa ragazza alla quale, ci auguriamo, venga lasciato il tempo di crescere e sfruttare appieno le sue grandi potenzialità, senza chiederle di bruciare troppo i tempi ed essere, appena ventenne, la salvatrice della patria. Anche perché Anna Comarella ha ben chiari quali siano i suoi obiettivi, come dimostra la lucidità con cui ha analizzato le sue prestazioni coreane.

Ciao Anna. Partiamo dalle tue prestazioni a PyeongChang: sei soddisfatta di come sono andate le cose?
«Sono contenta perché è stata la mia prima esperienza a un livello così alto. Per me era già bellissimo partecipare ma in certe gare mi aspettavo di subire un distacco meno pesante. Credo che nella trenta chilometri mi sia presa tutti i minuti possibili. Speravo almeno di entrare nelle trenta, invece sono rimasta sempre fuori e per questo mi dispiace. Nel complesso, però, sono contenta soprattutto per come mi sono comportata in alternato, mi sono sentita meglio rispetto all’inizio della stagione».

Proprio alle Olimpiadi ti sei misurata con la prima 30km della tua carriera.
«È stata un’esperienza bella traumatica (ride, ndr) ma mi è piaciuta tantissimo come gara. Faceva caldo, così si sentiva anche di più la fatica su una pista bella tosta e molto varia che per questo motivo mi piaceva molto. È stata una gara tosta, sono andata con il mio ritmo e ho cercato di fare la miglior gara possibile. Dove migliorare? Devo ancora analizzare bene la mia prestazione. Posso dire, però, che mi sarebbe piaciuto restare più a lungo con il gruppo perché ho fatto metà gara da sola. Vedevo le altre atlete davanti ma non sono riuscita ad agganciarle. Mi sarebbe servito tanto un traino».

Mettiamo da parte le gare; qual è la cosa che più ti è piaciuta della tua prima esperienza olimpica?
«È difficile perché mi è piaciuto tutto (ride, ndr). L’emozione più forte, però, me l’ha data la prima gara, quando siamo entrate nello stadio e il pubblico ha iniziato a urlare. È stato bellissimo, me lo immagino ancora adesso perché mi ha fatto un grande effetto».

Che impressione ti ha fatto il villaggio olimpico?
«È stato bello e molto particolare perché non me l’aspettavo così organizzato. Per entrare dovevi avere sempre dietro il pass, c’erano i palazzi dove dormivano gli atleti, la mensa e fuori un tendone con tanti negozi, compreso il parrucchiere. Questi palazzi, poi, erano alti quindici piani e noi stavamo all’undicesimo, così più volte mi è toccato anche fare le scale perché l'ascensore era sempre pieno. Avevamo tutto a disposizione, erano presenti tanti tendoni con aree ricreative, divanetti con televisioni per assistere alle altre gare e ovviamente la palestra. A mensa poi c’era la possibilità di mangiare insieme agli atleti delle altre nazioni».

A proposito di mensa: anche tu ti sei tuffata sul cibo coreano come hanno fatto altri?
«No, perché ho avuto un’esperienza un po’ drammatica in aereo mentre andavamo in Corea (ride, ndr). Ci hanno servito un piatto coreano, il bibimbap, con riso, verdure, olio di sesamo e peperoncino. Io non sono abituata a mangiare piccante e non avevo letto le istruzioni sul tubicino di salsa piccante, così l’ho messa tutta anche per dare colore al piatto. Il risultato? Mi sono bruciata la lingua (ride, ndr). Da quel momento ho deciso di mangiare solo le cose che conosco, quindi a mensa ho scelto il cibo europeo».

Hai partecipato alla cerimonia d’apertura?
«Purtroppo no perché il giorno dopo avevamo la gara, così non l’ho vista nemmeno in tv. Un po’ mi è dispiaciuto ma era giusto restare concentrati. Ho però partecipato a quella di chiusura ed è stata molto bella perché lo stadio era pienissimo. Mi sono anche commossa quando hanno spento il braciere olimpico».

Hai sofferto il jet lag?
«Ho provato a dormire il più possibile in aereo nel volo d’andata per riuscire ad adattarmi. Nei primi due o tre giorni ero stanca e ci ho messo un po’ ad abituarmi. Per esempio durante la prima settimana mi svegliavo spesso di notte. Diciamo che è andata meglio dopo il viaggio di ritorno o almeno così mi sembra per ora».

Lo scorso anno avresti mai immaginato di andare già alle Olimpiadi di PyeongChang?
«No, non l’avrei mai pensato. Andare alle Olimpiadi è sempre stato il mio sogno ma non l’ho mai detto perché mi sembrava una cosa troppo grande. Credo che ancora non mi sia resa davvero conto di averlo realizzato».

Cosa hai imparato da questa esperienza per tornare in futuro alle Olimpiadi da protagonista?
«Sicuramente devo e voglio migliorarmi tanto sulla tecnica, dove sono un po’ troppo carente. Ho bisogno di fare meglio sul piano che è il mio punto debole e devo lavorarci, come si è visto anche in staffetta. Insomma devo aumentare la mia forza per riuscire a tenere ritmi più alti».

Hai avuto la possibilità di imparare qualcosa guardando gli altri?
«Ringrazio tutti i componenti della nostra squadra perché mi hanno aiutata tanto. In particolare coloro che avevano già partecipato alle Olimpiadi mi hanno detto di restare tranquilla e non agitarmi, perché quella olimpica è un’esperienza da vivere. In pista, invece, durante gli allenamenti ho cercato di studiarmi le altre, guardare come preparano le gare. Per esempio il giorno precedente la trenta chilometri ho notato che anche le altre atlete facevano molto lento».

Hai avuto la possibilità di gareggiare con una leggenda come Marit Bjørgen.
«Si ma praticamente non me ne sono accorta, l'unico momento in cui l'ho vista è stato durante il riscaldamento (ride, ndr)».


Giorgio Capodaglio

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