Sport&Life - 28 novembre 2018, 08:00

Piccole riflessioni sugli infortuni di inizio stagione

Il dott. Massimo Tosello propone una riflessione sugli infortuni precoci, ovvero quelli che coincidono con l'inizio della stagione agonistica.

Foto dal web

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Eccoci nuovamente alle porte di una nuova ed intensa stagione agonistica, e proprio mentre tutto deve ancora iniziare mi viene richiesta una riflessione sugli infortuni precoci ovvero quelli che coincidono con l'inizio della stagione agonistica stessa. Purtroppo e' sempre piu' evidente che anche l'avvio stagionale non e' esente da infortuni di varia natura e gravita' sebbene questo abbia "poco senso" considerando il fatto che gli atleti arrivano da un buon periodo dedicato a recupero e preparazione e dovrebbero essere esenti dalle scorie stressogene che predispongono all'infortunio. La riflessione e' interessante e di attualita' anche se trovare una risposta convincente non risulta cosi' semplice e scontato. Quanto segue quindi va preso come semplice spunto di riflessione e magari sul quale iniziare a lavorare attivamente piuttisto che come una sentenza.

A mio modo di vedere la problematica e’ complessa e non ha una causa sola, per cercare di comprenderla occorrerebbe partire da un' analisi approfondita del progresso evolutivo ed educazionale delle generazioni odierne, ovvero analizzare seriamente quali siano le problematiche legate alla pochezza esperienziale nel campo motorio, alla specializzazione precoce e allo stile di vita dei millenial, in seconda battuta occorre dedicare uno sguardo attento all'abuso della forza a discapito della coordinazione neuro muscolare ed in fine, ma non per importanza, analizzare la crescente richiesta/uso della social lfe.

Gli atleti del giorno d'oggi provengono tutti da una generazione con molte meno esperienze motorie rispetto a quelli che li hanno preceduti, infatti la gioventu' moderna risulta essere molto meno attiva se non inserita in specifiche realta' organizzate rispetto a quella precedente che trascorreva molte ore all'aria aperta in liberta' e fuori dal controllo di genitori, insegnanti o istruttori. Queste ore in liberta' spese a correre, saltare, arrampicarsi, girovagare nella natura sono un patrimonio esperienziale di creativita' motoria inestimabile ed insostituibile. Anche la specializzazione precoce, sebbene aiuti all'eccellenza tecnica, e' un ulteriore freno a questa crescita infatti riduce di molto il bagaglio di schemi motori alternativi e fantasiosi. L'attuale stile di vita stesso partendo dall'alimentazione, dalla sedentarieta', dalla scarsita' di iniziative autonome, dalle paure imposte dalla societa' e' un ulteriore elemento a discapito di una evoluzione ricca di armi che possono aiutarci nel momento di emergenza.

Da dove nasce questa mia idea del porre l'attenzione sulla pochezza esperienziale, di schemi motori e di autonomia in relazione alla casistica di questi infortuni che sono per lo meno inaspettati?

Proprio dal fatto che non essendo legati alla stanchezza, a carenze tecniche o all'esaurimento delle energie questi avvenimenti avversi andrebbero certamente legati ad una non sufficiente predisposizione e abitudine a rispondere adeguatamente alle emergenze che l'altissimo livello prestazionale propone; infatti una definizione di infortunio che a me e’ sempre piaciuta e’ quella che lo codifica come il risultato di una risposta errata o inadeguata ad una emergenza o ad un evento imprevedibile.

Altro capitolo sul quale occorre riflettere e' l'abuso della forza nella preparazione atletica, infatti la predominanza di questa caratteristica (piu’ semplice da allenare e con risultati piu’ rapidi) viene a discapito della coordinazione neuromuscolare e dell’equilibrio tra agonisti ed antagonisti portando ad un progressivo sovraccarico delle strutture dell’apparato muscolo scheletrico ed enfatizando le difficolta dell’organismo ad organizzarsi e gestire gli eventi imponderabili che predispongono all’infortunio. A mio modo di vedere, dal punto di vista preventivo, e’ molto piu’ efficace una muscolatura elastica, equilibrata e molto coordinata nelle dinamiche di contrazione/rilassamento rispetto ad una muscolatura con mostruosi picchi di forza ma carente sotto l’aspetto dell’armonia.

L’ultimo spunto mi arriva dalla social life del terzo millennio, infatti gli atleti nelle pause agonistiche risultano sempre piu’ impegnati in questa attivita’ che si tratti di eventi mondani per ottemperare agli accordi con sponsor e istituzioni varie o della attivita’ da “telefonino” pura e semplice. Ebbene in questa abnorme mole di esposizione mediale io vedo un aumento importante di elementi stressogeni che non lasciano alla fondamentale attivita’ di recupero il tempo necessario e inoltre una sottrazione di tempo importantissimo a parti della preparazione che quindi devono essere trascurate o tralasciate.

Risulta ovvio che il crescente livello di competizione che non arresta a crescere sia esso stesso una causa possibile di infortunio, ma ritengo senza tema di smentita che una attenta valutazione dei tre capitoli da me espressi ed un attento lavoro per porre rimedio a queste carenze sia possibile e sarebbe di buon auspicio per evitare spiacevoli eventi avversi specialmente nei primi mesi di attivita’.

dott. Massimo Tosello

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