Sci di fondo | 25 settembre 2019, 16:29

Fondo - Stefano Corradini: "Il gruppo Atleti di Interesse Nazionale è un progetto che funziona"

Il responsabile del progetto AIN ha parlato a Fondoitalia: "La presenza di questo gruppo dà tanti stimoli in più ai giovani Under 20 e i risultati sono dalla nostra parte"

Fondo - Stefano Corradini: "Il gruppo Atleti di Interesse Nazionale è un progetto che funziona"

Per il secondo anno consecutivo Stefano Corradini è alla guida del gruppo Atleti di Interesse Nazionale, progetto giunto al suo quarto anno, che coinvolge un ampio gruppo di giovani, compresi quest’anno dai 2000 ai 2002, rimasti di poco fuori dalle squadre nazionali giovanili, che sono riusciti però a mettersi in luce attraverso i risultati ottenuti in Coppa Italia e nei vari Campionati Italiani.

Da qui negli ultimi anni sono usciti tanti atleti che hanno poi composto le squadre nazionali. Per esempio nella passata stagione Giovanni Ticcò, Riccardo Bernardi, Francesco Manzoni, Luca Sclisizzo e Valentina Maj facevano parte di questa gara e oggi sono presenti nelle nazionali Under 20. Qualcuno di loro, poi, è anche riuscito lo scorso anno a qualificarsi al Mondiale Juniores, senza dimenticare che Ticcò è stato anche arruolato dalle Fiamme Oro. Ci sono poi Nicole Monsorno, Martina Di Centa e tanti altri che hanno fatto parte di questo progetto in passato.

Un progetto al quale partecipano anche i comitati, che a turno mandano i propri allenatori nei raduni, condividendone anche i programmi di allenamento, per permettere poi ai ragazzi di allenarsi insieme a casa.

Per parlarne abbiamo contattato il responsabile, Stefano Corradini, allenatore nelle Fiamme Gialle e responsabile tecnico anche dello sci di fondo nel Comitato Trentino.

Buon pomeriggio Corradini. Anche quest’anno si ritrova alla guida di un gruppo molto folto, tanto che a Forni Avoltri erano presenti addirittura venti atleti.
«Si, i numeri iniziali erano simili a quelli dello scorso anno ma a partire da Forni Avoltri abbiamo inserito anche i 2002, che hanno fatto lievitare il gruppo».

Come sta procedendo la preparazione?
«Va molto bene. Abbiamo concluso il raduno a Forni Avoltri, che ha seguito quello che si è svolto in precedenza a Moena. Abbiamo già fatto diversi test e i risultati sono soddisfacenti, così come lo erano negli anni passati. I ragazzi del Gruppo AIN sono molto vicini ai nazionali Under 20. Ciò dimostra che questo progetto, voluto dalla Federazione, funziona, in quanto i nazionali sono più motivati ad andare forte vedendo la competitività di chi è appena sotto di loro, mentre questi ultimi non vedono così lontana la nazionale e sono spinti a impegnarsi ancora di più».

Quindi oltre agli Juniores, sono presenti in gruppo anche alcuni Aspiranti.
«Si, ci sono pure i 2002, che potrebbero quest’anno qualificarsi per gli YOG di Losanna. Non abbiamo inserito i 2003, che sono al primo anno da Under 18. La scelta è dettata dal fatto che non volevamo dargli tutto e subito, ma spronarli a dimostrare di meritare la convocazione per questa squadra. Abbiamo quindi deciso di dare spazio ai 2002, che hanno maggiori possibilità di convocazione per le Olimpiadi Giovanili, alle quali per età potrebbero partecipare anche 2003 e 2004. Il nostro gruppo va quindi dagli atleti dell’ultimo anno Aspiranti a quelli dell’ultimo anno Juniores».

Nelle ultime stagioni tanti giovani provenienti dal Gruppo AIN hanno poi partecipato a eventi iridati giovanili o conquistato la maglia della nazionale; ciò rappresenta uno stimolo in più per gli atleti quest’anno in squadra?
«Se guardiamo alla Nazionale Under 20 di oggi, ci sono Ticcò, Bernardi, Manzoni, Maj, che lo scorso anno stavano con noi, mentre Ferrari ha fatto parte del nostro gruppo due anni fa. In tanti hanno partecipato ai Mondiali e con buoni risultati. Sicuramente i loro risultati sono un bellissimo esempio per i ragazzi di quest’anno. Ma il senso di questa squadra è proprio questo, unire i ragazzi e dargli un’opportunità in più raggruppando i comitati. Io sono solo il referente, ma con me ci sono a turno altri allenatori. Con il Gruppo AIN i ragazzi hanno una possibilità in più e in questi anni ha pagato molto. Se ci pensate, tranne Graz e Del Fabbro, praticamente tutti sono passati da questa squadra».

Il programma della squadra è simile a quello dei Comitati e della nazionale?
«Abbiamo un filo diretto con la nazionale Under 20 e i Comitati, cosicché i ragazzi possano allenarsi anche a casa seguiti dai tecnici di riferimento dei comitati con i quali si allenano in toto. I giovani quindi non sono mai abbandonati a se stessi. I programmi dei raduni sono sempre condivisi da me con gli allenatori dell’Under 20 Semenzato e Rivero, inviati poi agli allenatori dei comitati. Questo progetto si sta strutturando sempre meglio anno dopo anno e credo che i risultati siano destinati a migliorare. Fin qui ci hanno già dato ragione, l’augurio è di fare ancora meglio».

Insomma i giovani dell’AIN possono allenarsi poi insieme a quelli della nazionale Under 20 o dei Comitati quando stanno a casa.
«Si, perché l’obiettivo è quello di creare degli stimoli. Come ho già detto prima i giovani della nazionale sanno di dover lavorare forte per non perdere il posto e quelli sotto invece per guadagnarselo. Ovvio chi è in nazionale Under 20 ha il materiale e l’abbigliamento della nazionale perché lo scorso anno ha meritato qualcosa in più sul campo. Ma il gruppo AIN vuole dare la possibilità a chi è rimasto per il momento fuori di poter ambire a questo».

Pensa che l’assegnazione all’Italia delle Olimpiadi del 2026 stia dando qualche stimolo in più ai giovani?
«Si, ne parlano, qualcuno il film olimpico lo fa. Sarebbe anche stupido non pensarci, è giusto così. Per i giovani è uno stimolo importante immaginarsi tra sei anni e mezzo lì in Val di Fiemme a gareggiare in casa. Io però sono stato chiaro con i ragazzi: dove sognare ma proprio per questo impegnarvi e faticare; se volete realizzare i vostri sogni dovete sacrificarvi tanto a partire da adesso».  

Il progetto AIN vi porta a collaborare anche tra voi allenatori dei comitati; quanto è importante questo?
«Si è bello condividere le proprie conoscenze con gli altri allenatori, una cosa molto preziosa. Il nostro sport è stato troppo chiuso per molti anni, ognuno faceva le sue cose senza condividere pensando di fare tutto per bene. Con gli anni abbiamo visto che non tutto fosse giusto, si sono commessi diversi errori. Abbiamo quindi capito che cambiare si può e sicuramente che bisogna condividere tra noi le idee se vogliamo far crescere il nostro movimento e fare le cose nel miglior modo possibile»

Giorgio Capodaglio

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