Biathlon - 26 ottobre 2019, 16:16

Biathlon - Il neo arruolato Stefano Canavese: "Un punto di partenza verso i miei obiettivi, che sono ancora lontani"

Il giovane cuneese della nazionale Juniores e Giovani è entrato nel Centro Sportivo Esercito e non dimentica chi l'ha spinto a diventare biatleta: "Grazie ad Alessandro Biarese, che oggi purtroppo non c'è più"

Biathlon - Il neo arruolato Stefano Canavese: "Un punto di partenza verso i miei obiettivi, che sono ancora lontani"

Nella passata stagione al suo primo anno nella categoria Giovani è riuscito a guadagnarsi la convocazione per i Mondiali Juniores e Giovani di biathlon, ottenendo come miglior risultato un 27° posto nella sprint. Stefano Canavese, classe 2001, diventato maggiorenne lo scorso 9 ottobre, è entrato quest’anno a far parte della nazionale Juniores e Giovani allenata da Mirco Romanin e lunedì raggiungerà Courmayeur per rispondere alla convocazione del Centro Sportivo Esercito, nel quale è entrato dopo aver vinto il concorso.

È un periodo certamente ricco di novità importanti per il giovane cuneese, uno dei tanti atleti portati fino alle nazionali dallo Sci Club Entracque Alpi Marittime. L’abbiamo contattato nel corso del raduno della nazionale juniores a Forni Avoltri, che si concluderà domani, per conoscerlo meglio e sentire come sta vivendo questo momento sicuramente importante della sua ancor giovane carriera.

Ciao Stefano, iniziamo con l’ultima novità: come hai reagito alla notizia dell’arruolamento nel Centro Sportivo Esercito?
«È una cosa fantastica per me, tanto che non ho ancora realizzato. In ogni caso, però, è solo un importante punto partenza per andare avanti e guardare al mio obiettivo, che è ancora tanto lontano».

Qual è questo obiettivo?
«Riuscire un giorno ad arrivare in Coppa del Mondo e una volta lì fare anche delle belle gare. Mi piacerebbe poter entrare in quel circuito e ottenere anche dei buoni piazzamenti come fanno oggi i nostri azzurri. Quanto fatto da Dominik Windisch è un esempio di ciò che vorrei».

Come hai saputo dell’arruolamento e qual è stata la prima cosa che hai fatto?
«Non appena uscito da scuola ho acceso il telefono e sono andato sul sito dell’Esercito per vedere se fosse uscita la graduatoria. Finalmente era presente, così ho aperto il file e sono stato felicissimo. A quel punto ho subito chiamato David Zingerle, che è stato arruolato insieme a me. In pratica gliel’ho detto io (ride, ndr)».

Come mai hai chiamato lui?
«Nel corso di un raduno stavamo parlando del concorso, ricordo che ci stavamo allenando in classico e avevamo iniziato a chiacchierare fantasticando sulla possibilità di essere presi entrambi. Mi sono ricordato subito di quel momento, così l’ho chiamato e gliel'ho comunicato io. Quasi non ci credeva. Ora ci è toccato offrire da bere a tutta la squadra».  

L’arruolamento nel Centro Sportivo Esercito ti dà più tranquillità o responsabilità?
«Per me è impossibile stare tranquillo, perché sento sempre tanto le gare. Quindi è più la responsabilità, perché ora rappresenterò il Centro Sportivo Esercito gareggiando per loro. Ma anche questa è per me una cosa bellissima. Sicuramente ciò che mi rende più tranquillo è la consapevolezza di non dover più pesare sulle finanze della mia famiglia, che in questi anni ha investito tanto per permettermi di svolgere questa attività».

Com'è nata la tua passione per il biathlon?
«Me l’hanno trasmessa Alessandro Biarese, che purtroppo è venuto a mancare alcuni anni fa, Alessandro Fiandino, attuale allenatore del Comitato Alpi Occidentali, e Roberto Biarese quando avevo tredici anni. Eravamo in raduno a Bessans, io allora ero un fondista. Loro mi proposero di provare il biathlon perché ritenevano avessi delle buone potenzialità, ma io mi rifiutai dicendo che non era il mio sport. Alessandro Biarese insistette, si arrabbiò e mi disse che dovevo provare per tre mesi, poi se avessi capito che non era il mio sport avrei lasciato. Accettai, ma non appena mi presentai al poligono, mollai nuovamente tutto perché non ero attratto. Poi provai, feci le prime serie con colpi a vuoto, quindi iniziai a combinare corsa e tiro, finendo per innamorami e ammettendo di essermi perso fino a quel momento uno sport splendido. Da lì è nata la passione, ho continuato nonostante all’inizio facessi fatica rispetto agli altri del mio sci club, che praticavano questo sport da oltre un anno, vedevo loro vincere ed io ero sempre più indietro. Poi lentamente sono migliorato e lo sto ancora facendo perché la strada è tanta».

Hai capito come mai hanno insistito tanto per farti provare il biathlon?
«Non so, probabilmente hanno avuto una particolare intuizione e devo dire che alla fine si è rivelata una buona idea. Poi credo anche perché i miei compagni di squadra, Matteo Vegezzi Bossi, Francesco e Martina Vigna, erano tutti biatleti. Praticamente ero l’unico fondista».

Anche tu quindi, come tutti gli altri biatleti arrivati dallo Sci Club Entracque Alpi Marittime, ringrazi Alessandro Biarese.
«Si, gli devo tanto, se oggi sono nella nazionale Juniores e Giovani, oltre che nel Centro Sportivo Esercito lo devo a lui, alla sua intuizione e ai suoi consigli, al tempo che mi ha dedicato. Purtroppo è venuto a mancare alcuni anni fa e ogni tanto vado a trovarlo per ringraziarlo di tutto. Lo farò ancora una volta quando tornerò a casa dopo l’incorporamento».

Quando hai capito che potevi diventare un biatleta?
«Probabilmente nel corso della mia seconda stagione ad aria compressa, quando ho visto che riuscivo a battere i miei compagni di squadra. A quel punto non ho mai smesso di crederci nel corso degli anni, guardavo gli atleti più grandi in divisa e mi ripetevo che un giorno anch’io avrei voluto indossarla. In particolare mi aveva affascinato proprio la tuta del Centro Sportivo Esercito. Ricordo che lo dissi anche a mio padre. La sua risposta fu chiara: “Impegnati e allora sarà possibile”. L’ho fatto e adesso anch’io indosserò quella tuta».

Tornando a quanto ci hai detto prima: dopo Zingerle, hai sentito proprio tuo papà?
«Ovviamente ho chiamato i miei genitori, anche perché loro sono tutt’altro che tecnologici quindi non avrebbero mai trovato il file con il risultato. Mio papà è rimasto tranquillo, mi ha solo detto che non aveva mai avuto alcun dubbio sulle mie qualità. Poi quando ho sentito Fabio Cianciana, mi ha raccontato che al telefono con lui mio papà aveva pianto dalla gioia. Oltre a loro ho sentito subito anche Alessandro Fiandino e Michela Ponza, che mi ha allenato lo scorso anno, quando ero aggregato nelle Fiamme Gialle, facendomi crescere molto».

Qual è stato il tuo impatto con la nazionale Juniores e Giovani?
«Mi sono trovato subito benissimo, come se ci conoscessimo tutti da tanto tempo. Il gruppo è formato da persone speciali, che si allenano tantissimo, si impegnano ma sanno anche divertirsi. Il mio ideale. Allenarmi con loro mi rende più forte, perché alcuni miei compagni sono proprio trainanti. Infatti, essendo anche il più piccolo del gruppo, a volte faccio un po’ fatica, ma è un bene anche questo. Poi mi trovo a meraviglia con gli allenatori, mi stanno trasmettendo ancora più passione, mi piacciono come allenatori e come persone. Mirco Romanin è una persona fantastica, come tutti gli altri».

Quindi hai accettato anche la regola del telefono, che vi è vietato dopo un certo numero di errori al tiro?
«Si, anche perché la trovo giusta, almeno ci concentriamo ancora di più su ogni colpo che spariamo. Però non lo facciamo tanto per tenerci il telefono, ma perché viviamo questa regola come un obiettivo personale, un limite da non superare, una cosa da dimostrare a noi stessi. Quando supero i cinque errori su cento, che è il limite a me imposto, mi arrabbio tanto, perché ho perso una sfida con me stesso. È più questo che il telefono in sé, che tanto spesso nelle località dove andiamo nemmeno prende bene (ride, ndr)».

Qual è il tuo obiettivo stagionale?
«Sicuramente voglio nuovamente guadagnarmi il posto ai Mondiali di categoria, rivivere quella esperienza bellissima e ottenere anche dei buoni risultati. Per il resto voglio essere continuo nell’arco di tutta la stagione, fare bene sia in Coppa Italia sia agli Italiani, oltre che nelle gare internazionali».

Su costa stai lavorando in particolare?
«Su tutto, perché l’obiettivo personale è ancora lontano quindi devo migliorare ovunque, sia sul tiro che nel fondo».

Chi è il tuo idolo nel biathlon?
«Come forse si è capito già in precedenza, è Dominik Windisch. È un grande atleta, il mio preferito, mi ha emozionato ai Mondiali, quando in quelle condizioni difficili è riuscito a tirare fuori una serie fantastica e vincere l’oro».

Sei ancora studente: è difficile conciliare scuola e sport?
«No, ma per questo devo ringraziare la mia scuola, il Liceo Magistrale Edmondo De Amicis di Limone Piemonte, che mi ha sempre dato l’opportunità di essere studente-atleta. Grazie a questo progetto riesco a gestire al meglio interrogazioni e compiti in classe in base alle mie esigenze sportive».

L’arruolamento è senza dubbio un momento importante della tua carriera: chi vuoi ringraziare?
«Innanzitutto il Centro Sportivo Esercito per la grande opportunità che mi sta offrendo. Poi, come ho già detto prima, Alessandro e Roberto Biarese, insieme ad Alessandro Fiandino, che mi hanno spinto a fare questo sport. Quindi lo Sci Club Valle Pesio dove ho iniziato da bambino, lo Sci Club Entracque Alpi Marittime dove sono cresciuto e maturato, insieme al Comitato Alpi Occidentali. Ci tengo poi a ringraziare anche le Fiamme Gialle, perché l’anno da aggregato mi ha permesso di crescere molto soprattutto al tiro. Un grazie va a anche a chi mi ha dato fiducia, convocandomi in nazionale e permettendomi di stare in questo gruppo. Infine ringrazio la mia famiglia e gli amici più stretti, che mi hanno sempre sostenuto tantissimo»

Giorgio Capodaglio

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