- 06 gennaio 2020, 11:00

Tour de Ski 2019/20 - Pensieri in libertà

Equilibrato e incerto fino alla fine, piaccia o non piaccia la 14^ edizione del Tour de Ski appena andata in archivio ha funzionato

Simen Hegstad Krüger, il più abile a scalare il Cermis

Simen Hegstad Krüger, il più abile a scalare il Cermis

Non è tutto oro quello che riluce, ma se il buongiorno si vede dal mattino, chi ben comincia è a metà dell'opera.

L'edizione appena conclusa del Tour de Ski è stata "tecnicamente" un successo, non un successo pieno quindi provo a spiegarmi meglio con una serie di punti.

Le tappe

Per la prima volta in quasi tre lustri dalla sua creazione, la corsa a tappe per antonomasia dello sci di fondo ha dato un senso di organicità strutturale e continuità degli elementi che la compongono.

Sebbene io rimpianga particolarmente la fascinosa Cortina-Dobbiaco, sacrificata per costi di produzione (peraltro mai stata nel programma femminile), che rappresentava uno splendido tributo al mondo del fondo su lunga distanza, la forza di una struttura più leggera è sì quella di appiattire i valori, ma anche di aumentare l'incertezza fino alla fine.

Sarà importante tenere ben impresso in mente il numero delle tappe: 7. In passato si è anche arrivati a farne 9 (edizione 2011-12, quella del duello epico Kowalczyk - Bjørgen con Johaug a quasi 4'!) e l'anno prossimo si ritornerà a 8. Sarebbe forse meglio che il numero delle gare in programma rimanesse sempre questo, suddiviso in tre località a poca distanza, in modo da consentire trasferimenti agevoli, per dare continuità e affidabilità al progetto.

Mantenere la stessa struttura con minime variazioni permetterebbe anche di fare delle analisi più attendibili nella ricerca del modello ideale, studiando il calendario e le disparità fra gli atleti con metodo quasi scientifico: la difficoltà dei tracciati, il peso delle tecniche abbinate alla tipologia a cronometro, gundersen o mass start, il peso degli abbuoni. Vedremo se con 8 tappe in programma, l'equilibrio regnerà sovrano anche il prossimo anno. 

Chi si sarebbe mai aspettato di vedere Therese Johaug tallonata da tre atlete prima dell'ascesa al Cermis? Chi pensava che la gara maschile sarebbe rimasta in bilico fino all'ultimo chilometro dell'ultima tappa? Era ovviamente già scritto il finale al femminile, ma questo non è colpa tanto del calendario quanto merito della norvegese, mentre al maschile si sono visti i tre interpreti più completi del circuito battagliare colpo su colpo.

Non è stato facile per il Tour de Ski regalare una competizione equilibrata in quello che è sempre stato un po' il suo punto debole ovvero il settore femminile.

Una Svezia priva di Frida Karlsson, Stina Nilsson subito fuori per infortunio, Ebba Andersson ritirata prima del finale e Charlotte Kalla fuori forma, poteva spegnere la vivacità della competizione già minata dalle assenze russe per maternità e quella significativa della finnica Krista Pärmäkoski.

D'altronde, una manifestazione che si svolge su più giornate si espone maggiormente all'impatto negativo delle variabili quali malanni, cadute, abbandoni in corsa, assenze strategiche e altro ancora. Invece il Tour de Ski ha tenuto botta nonostante le assenze annunciate e gli imprevisti in corso d'opera.

Il Cermis "rinnovato"

Avevo molte perplessità al riguardo di un atto conclusivo che si sarebbe svolto con tipologia mass start in sostituzione della gundersen. Al contrario, il cambio di passo si è rivelato molto interessante: da un lato si è persa l'immediatezza di avere il vincitore certo per primo sul traguardo del Cermis, dall'altro abbiamo però assistito a delle gare vere per tutti gli atleti impegnati, con scelte strategiche volte a cambiare il destino delle stesse, quali il coraggioso tentativo di Heidi Weng di seguire Johaug e rischiare di saltare o il lavoro della squadra russa per fiaccare Johannes Høsflot Klæbo

Questa soluzione dà anche più dignità alla vittoria sul Cermis stesso rispetto al metodo del tempo effettivo di giornata. A chi dice che questo non è sci di fondo, posso solo dire che ho visto un Simen Hegstad Krüger dare spettacolo e tenere la tecnica per tutta la salita.

La partecipazione

Nella scorsa edizione era stato toccato il minimo storico di 28 atlete arrivate al traguardo che non fu un bel biglietto da visita. Quest'anno, complice anche l'assenza di una rassegna olimpica o iridata più avanti, si è risaliti a 41, un dato che supera leggermente la media di 39,2 tenuta nelle precedenti 13 edizioni.

Ancora più consistente il dato al maschile con 56 atleti classificati, il migliore dall'edizione dei record del 2013 (65 uomini e 51 donne) propiziata dal doppio appuntamento fiemmese con i Mondiali quasi tre mesi più tardi. In passato si era fatto meglio solo nelle prime due edizioni (63 nel 2007 e 59 nel 2008) ma all'epoca era necessario arrivare in cima per conservare i punti conquistati nelle tappe precedenti.

Il futuro

All'inizio dell'articolo parlavo di successo tecnico, tuttavia c'è un altro aspetto che ancora non convince: il pubblico.

Fa soffrire vedere piste belle e gloriose come Dobbiaco e Lago di Tesero senza una presenza di massa adeguata fra stadio e percorso per ciò che l'evento deve e vorrebbe essere.

Le organizzazioni sono solide e godono di grande rispetto (non per nulla Lago e Predazzo saranno sede olimpica nel 2026) e tradizione all'interno del calendario, ma non è passato inosservato il confronto con Cogne lo scorso anno favorito dall'effetto Pellegrino - De Fabiani. Se Dario Cologna fosse nato a Cavalese e avesse passato l'infanzia sugli sci fra Lago e Lavazé, probabilmente avremmo avuto un'affluenza adeguata nell'ultima decade. Scontato dire che un'Italia più competitiva gioverebbe sia allo spettacolo sia all'interesse del pubblico.

Lenzerheide (di nuovo nel calendario provvisorio del 2022 con Oberstdorf) è stata più partecipata, ma i percorsi di gara sono apparsi piuttosto scialbi. Bene quindi il ritorno della gare in Val Müstair per il prossimo anno, non solo con la sprint in skating (la più bella del circuito di Coppa del Mondo) ma con altre due tappe distance.

In conclusione, il Tour de Ski ha sicuramente dato segnali incoraggianti per il futuro ma c'è ancora tanta strada davanti per farlo entrare nei cuori degli appassionati.

 

Davide Bragagna

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