Biathlon | 08 aprile 2020, 20:25

Biatholn - Fabrizio Curtaz: "La prossima stagione sarà particolare, dovremo lavorare pensando a Pechino 2022"

Prima parte di una lunga intervista a Fabrizio Curtaz, la cui seconda metà sarà pubblicata domani; il dt azzurro fa il punto della situazione affrontando diversi temi caldi

Biatholn - Fabrizio Curtaz: "La prossima stagione sarà particolare, dovremo lavorare pensando a Pechino 2022"

La stagione 2019/20 si è conclusa anticipatamente, ma il direttore tecnico del biathlon italiano, Fabrizio Curtaz non si è concesso nemmeno un attimo di riposo. Da una parte il lavoro alla Polizia di frontiera, che svolge parallelamente alla sua attività nel biathlon, dall’altro l’analisi dell’ultima stagione sportiva e l’organizzazione della prossima, resa più complicata dall’emergenza coronavirus, con la quale bisognerà fare i conti anche nei prossimi mesi.

Nonostante i suoi mille impegni il direttore tecnico della squadra azzurra ci ha concesso un parecchio del suo tempo per parlare dell’attualità, tornare sulla passata stagione e ovviamente guardare anche al futuro, visto che si sta già lavorando sul prossimo anno e soprattutto sulle Olimpiadi 2022. Un'intervista molto lunga che abbiamo diviso in due parti. La seconda, che pubblicheremo domani, si concentrerà sui giovani.

Buon pomeriggio Curtaz. L’emergenza coronavirus come sta influendo sul vostro lavoro?
«Ovviamente stiamo vivendo una fase di standby. Ci sono però tante cose da portare avanti, in particolare dopo il termine della stagione, come la contabilità. Con la chiusura degli uffici federali è tutto più complicato. Come in ogni mestiere, anche noi non possiamo lavorare nella solita modalità ma fare tutto in maniera diversa. Stiamo andando avanti, ma per l’organizzazione della prossima stagione dobbiamo aspettare le indicazioni della Federazione, anche perché il Presidente deve fare il punto della situazione. Soltanto una volta chiarito l’aspetto economico potremo realmente progettare il futuro».

Quanto sta accadendo potrebbe influire sulla preparazione alla prossima stagione?
«Al momento aspettiamo delle indicazioni, anche se ci siamo già sentiti e abbiamo provato a formulare insieme delle idee. Ma è tutto difficile finché non sapremo quando si potrà ripartire. In ogni caso dovremo avere una visione diversa dal solito, ipotizzando ogni possibile scenario e strada da poter percorrere, per farci trovare pronti quando si potrà. La cosa più importante è come sempre non essere impreparati. Probabilmente dovremo affrontare gli allenamenti in modo diverso».

Anche le gare estive in Norvegia o altri paesi esteri sono in forte dubbio.
«Quello è l’ultimo dei problemi, passa in secondo o anche in terzo piano. La priorità, ovviamente dal punto di vista sportivo - perché la cosa più importante è che il mondo esca dall’emergenza coronavirus - è capire come possiamo allenarci e la strada da perseguire per poterlo fare al meglio. Probabilmente i raduni collegiali all’estero dovremo dimenticarli e fare dei piani basati sulla fattibilità, stando il più possibile vicino casa. Se poi la situazione dovesse evolversi in meglio velocemente, allora nella normalità non avremmo problemi a organizzarci, già sappiamo come si fa. Al momento non possiamo fare troppi progetti, ma avere tante possibili soluzioni in testa da seguire a seconda dello scenario. Il nostro sport richiede anche il poligono, quindi un vero e proprio impianto, per cui bisognerà capire in che situazioni ci si potrà organizzare negli allenamenti, sulla base delle indicazioni per tutelare la salute di tutti. Dovremo fare le cose in maniera diversa, perché non si tratta soltanto di correre in un bosco, cosa che presto spero sia fattibile».

Torniamo al finale della stagione appena conclusa; come ha vissuto il trionfo di Dorothea Wierer a Kontiolahti?
«Purtroppo da casa, in quanto ero sceso da Nove Mesto per raggiungere Hochfilzen e seguire gli Europei Junior dove alla fine non mi hanno lasciato andare. Così sono tornato nella mia Valle d’Aosta e ho tifato da casa. Ovviamente è stato tutto più difficile a livello emotivo, anche perché dalla Finlandia arrivavano tante notizie e abbastanza confuse: “Si smette, non si inizia, si va ad Oslo, non si va, si fanno due tappe a Kontiolahti” e così via. Anche per staff tecnico e atleti non è stato un momento facile, figuriamoci per Doro che si giocava la coppa. Durante le gare poi ho sofferto di più, anche perché in tv non puoi accorgerti delle cose che vedresti in pista. Ma alla fine è andata bene e sono stato felice per Doro e tutto lo staff. Certo per me è stato diverso dal solito. Alla fine non ho potuto nemmeno complimentarmi di persona con lei, allenatori e skiman».

La stagione appena conclusa ha visto Dorothea Wierer vincere un’altra Coppa del Mondo e l’Italia confermarsi nel medagliere dei Mondiali; dall’altra parte avete conquistato meno podi e sui risultati ha inciso una straordinaria Wierer. Qual è il suo bilancio?
«Per ogni disciplina la federazione e il direttore agonistico si pongono obiettivi da perseguire alla vigilia della stagione, per poi tracciare il bilancio finale. Noi quest’anno abbiamo raggiunto ciò che avevamo prefissato, anche alcune cose che all’inizio non avevamo segnato, come la Coppa del Mondo. L’obiettivo era far bene e restare in certe posizioni, direi che l’abbiamo raggiunto. Ecco, forse con i maschi abbiamo ottenuto qualcosa in meno, sia Lukas che Dominik volevano qualcosa in più, anche se non ci sono arrivati lontano. Sono giunte poi delle indicazioni molto positive dai giovani, visto che non era nemmeno tra gli obiettivi iniziali avere due juniores esordienti in Coppa del Mondo. Quindi sono soddisfatto e non faccio paragoni con la stagione precedente, perché ogni annata fa storia a sé. Non guardo se abbiamo fatto un podio in più o in meno, questo lo lascio a voi giornalisti e agli appassionati, perché l’obiettivo è arrivare al livello a cui aspiri, perché sui risultati incidono diversi fattori, specie nel biathlon. Insomma, fossimo a zero podi, allora si, sarebbe negativo. Anche nel Mondiale sicuramente se guardo il medagliere e lo confronto con Östersund posso essere positivo, mai avremmo immaginato di ripeterci. Certo, poi bisogna ovviamente valutare che, mista a parte, se lo scorso anno avevano contribuito a queste medaglie quattro atleti, quest’anno l’ha fatto la sola Dorothea. Questo ci fa riflettere ma coincide con l’analisi fatta già prima sui maschi, senza dimenticare che Lisa non è riuscita a essere sul livello dello scorso anno».

Alla vigilia dei Mondiali è esplosa la polemica Vittozzi – Wierer, che ha coinvolto anche lo staff tecnico. Passato il momento clou della stagione, come state affrontando il problema?
«In realtà abbiamo sempre cercato di lavorarci sopra, certamente non abbiamo messo questo problema da parte nel corso dei Mondiali. Anzi, ad Anterselva ci abbiamo lavorato quotidianamente ed è stato pesante, perché in un appuntamento tanto importante, soprattutto perché in casa, avevamo già tante cose da fare, sicuramente questo problema in più non ci ha aiutato, facendoci consumare tante energie. Poi, ovviamente, una volta finito tutto c’è un attimo di presa di coscienza su ciò che è accaduto, si parla e si cerca di trovare delle soluzioni. Purtroppo la stagione si è chiusa in un modo particolare, quindi nella situazione attuale non è nemmeno facile restare agganciati come al solito. Forse, però, serve anche questo periodo nel quale staccare la spina. Come staff tecnico abbiamo le idee molto chiare sulla strada da percorrere. Queste problematiche servono anche a migliorare, vale per ognuno di noi, dall’atleta fino all’ultimo tecnico che fa parte dello staff. Vicende come questa ci mostrano cosa può accadere in determinate situazioni. Quindi vogliamo affrontare anche questa problematica nel modo più produttivo possibile».

Avete pensato anche alla possibilità di un team privato per Lisa Vittozzi?
«No e non se ne è mai parlato, anche perché i problemi non si risolvono in questo modo. Il biathlon è uno sport individuale ma per ottenere dei grandi risultati devi allenarti all’interno di una squadra di alto livello, è utile per migliorare. Noi abbiamo le idee chiarissime, così come la Federazione. La strada da percorrere non è certamente quella di creare ulteriori problemi, anche perché se un atleta si allenasse in un team privato, nel corso dell’inverno dovrebbe comunque confrontarsi nuovamente con il resto del gruppo. Non giochiamo mica a tennis. Come ho detto prima, risolveremo questa problematica e ci aiuterà anche a migliorare. Succede a tutte le squadre, anche Norvegia e Francia avranno i loro problemi».
    
Dorothea Wierer ha affermato che nel decidere se andare avanti o meno influirà tanto la conferma del team attuale. Cosa ne pensa?
«Credo che Doro, visto che in ogni caso non andrà avanti ancora tanti anni, non voglia affrontare dei grandi cambiamenti, spendendo energie per ripartire da zero e ricreare un gruppo, ma restare nella sicurezza che le dà il team attuale, insieme al quale ha ottenuto dei grandi risultati. In ogni caso non dipenderà da noi, sarà la federazione a decidere lo staff, io stesso ero indeciso se proseguire o meno e dovrò parlare con la Federazione. Gli allenatori sono tutti o quasi propensi a continuare. Quindi sarà la FISI a mettere insieme i pezzi e darci indicazioni. Ma è presto per parlarne, non possiamo pensare di fare l’arrosto senza sapere cosa abbiamo nel frigorifero. Il presidente Roda è una persona molto seria, non ci dice mai delle cose che poi non può mantenere. Oggi la Federazione sta cercando di capire quali siano i mezzi da metterci a disposizione per la prossima stagione, una volta che ci verrà comunicato, potremo organizzarci. Non si possono fare ipotesi senza nulla di concreto, non è nella nostra filosofia».

Possiamo dire che, soprattutto a causa dell’emergenza coronavirus, sia forse la primavera per voi più difficile a livello organizzativo?
«Senza dubbio difficilissima, ma le difficoltà ti portano a trovare delle soluzioni, ottimizzare, analizzare meglio le cose e fissare degli obiettivi che prima sembravano lontani. Credo che a questo punto l’attenzione si sposterà ancor di più sulle prossime Olimpiadi, perché di fronte a noi potremmo avere una stagione molto particolare. Dovremo avere quindi una visione più ampia e lavorare già all’obiettivo Pechino 2022. In questo momento non sappiamo cosa sarà da qui a novembre. Nessuno di noi può avere la certezza se in Scandinavia a novembre, per esempio, si potrà gareggiare o meno, e così in altre località successivamente».




Giorgio Capodaglio

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