Coppa del Mondo | 13 dicembre 2019, 08:50

Davos, lo sci fondo ha bisogno di una svolta

Il campo delle nazioni che competono ad alto livello si restringe di anno in anno. Poche fra le posizioni di vertice, pochissime sul podio.

Federico Pellegrino sul podio dell'edizione della sprint 2018

Federico Pellegrino sul podio dell'edizione della sprint 2018

Davos, 12 dicembre 2009 – Nella località del Cantone dei Grigioni, che chi non ha familiarità con questo sport ma con la politica e l'economia associa al World Economic Forum o, per rimanere in tema invernale, e l'inverno sta arrivando, con uno dei personaggi più apprezzati di una nota serie televisiva tratta da una celebrissima saga di romanzi fantasy, si disputano una 10 femminile e una 15km maschile valide per la Coppa del Mondo di sci di fondo.

La tecnica usata è lo skating e vincono Irina Khazova, meteora russa appena rientrata da una squalifica per doping, fra le donne e Matti Heikkinen, il più forte fondista finnico dopo gli scandali di doping di Lahti 2001 e prima dell'avvento di Iivo Niskanen, fra gli uomini.

Nelle prime dieci posizioni sommando entrambe le gare sono rappresentate 11 nazioni, la Francia ne piazza 5 (!) fra il 3° e l'8° posto fra gli uomini, l'Italia fa capolino con il solo Pietro Piller Cottrer e la Norvegia è presente ma non si prende la scena come fa negli ultimi anni.

Quanti Paesi diversi riusciranno a conquistare almeno un posto fra le prime dieci posizioni nelle gare del weekend in arrivo?

Nelle sprint c'è un po' più di spazio grazie a Federico Pellegrino, a sua volta critico con intento propositivo nei confronti della gestione del suo amato sport ai più alti livelli, unico vero fuoriclasse rimasto all'Europa Centrale dopo il declino di Dario Cologna, forse non definitivo ma vedremo proprio in casa a Davos che risposte saprà dare, al forte team francese dedicato e a qualche individualità isolata nel settore femminile.

Nella prova distance, stesso tracciato, distanza e tecnica di 10 anni fa, la sensazione è che il numero di nazioni rappresentate nelle posizioni di vertice sarà nettamente inferiore. La scelta di allargare lo sguardo alle 7 posizioni sotto il podio non è per niente casuale, in quanto la fotografia delle squadre capaci di salire sul podio non episodicamente sarebbe poco edificante per una disciplina entrata da anni in una spirale negativa che pare irreversibile. La situazione era già critica nella scorsa stagione e nel settore maschile si è aggravata col ritiro di Alex Harvey.

Nordamerica a corrente alternata, mentre la squadra americana dopo i solipsismi agonistici di Kikkan Randall è cresciuta a dismisura ma solo al femminile, in un raro, forse unico, caso di sviluppo a livello agonistico di un movimento fondistico negli ultimi anni, la foglia d'acero è definitivamente appassita dopo i fasti, prima in rosa, delle campionesse olimpiche Beckie Scott e Chandra Crawford (+ Sara Renner), poi di appunto Harvey, Devon Kershaw e i gregari Len Valjas e l'acquisito ex russo Ivan Babikov.

Ci si mette poi anche, per merito suo, Therese Johaug ad affossare la situazione; avere un'atleta che domina così il circuito in questo momento è letteralmente il colpo di grazia alle ambizioni di ripresa. Al maschile è il dualismo Norvegia-Russia, Johannes Høsflot Klæbo & co. contro Alexander Bolshunov a tenere alta l'attenzione, mentre noi dobbiamo tenerci stretti “Chicco”, 5 volte sul podio con 2 vittorie a Davos, e sperare nella definitiva esplosione di Francesco De Fabiani, oltre alla ripresa di una squadra femminile che aveva fatto scintille nella prima mattina di gare a Kuusamo.

Insomma, la cartina politica dello sci di fondo continua a rimpicciolirsi e per uno sport meraviglioso nella sua semplicità, che è già limitato nella sua diffusione globale da fattori naturali, la neve non c'è ovunque, e fattori umani che lo stanno inesorabilmente restringendo, un po' come il riscaldamento globale fa con i ghiacciai, non è un fausto segnale per il futuro.

Fra trasferte troppo esose per la maggior parte delle federazioni e un calendario che fa carne da macello degli atleti, tipologie di gare poco attraenti, tour, mini-tour, sprint-tour, solo la FIS sembra non accorgersene.



Davide Bragagna

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