Biathlon - 20 maggio 2020, 18:56

Biathlon - Conosciamo Nicolò Bétemps, altro giovane talento che arriva da Bionaz

A Fondo Italia ha parlato il giovane valdostano, cugino di Michael Durand e vincitore dell'oro nella staffetta mista degli YOG: "Felicissimo di essere entrato in nazionale; è stata una bella stagione ma voglio migliorare al tiro"

Credit: Olympic Information Services

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È uno dei volti nuovi della nazionale juniores di biathlon, alla quale è arrivato dopo una stagione da grande protagonista. Nicolò Bétemps ha vissuto un 2019/20 ricco di soddisfazioni, vincendo un oro e un argento ai Campionati Italiani e raggiungendo l’obiettivo di qualificarsi per le Olimpiadi Giovanili, nelle quali ha vinto l’oro in staffetta con Martina Trabucchi, Linda Zingerle e Marco Barale.

Nato a Bionaz nel 2003 e cresciuto nello sci club locale, è cugino di Michael Durand, classe ’97 dell’Esercito, che vede come esempio da seguire, così come Didier Bionaz, il 2000 che ha già esordito in nazionale. Il valdostano, però, preferisce per il momento tenere i piedi ben saldi a terra, ma ha una determinazione che non passa inosservata, così come la voglia di migliorarsi sempre e non accontentarsi di quanto fatto. Ce ne siamo accorti nell’intervista che ci ha rilasciato, nella quale ha parlato dell’ultima stagione, dell’ingresso in Squadra Juniores, l’amicizia con i compagni, l’esempio del cugino e di Didier Bionaz, ma anche dei suoi inizi e sogni futuri.

Ciao Nicolò. Sei stato inserito nella nazionale Juniores e Giovani. Come hai reagito quando ti è stato comunicato?
«Stavo facendo alcuni lavori di forza a casa, ho sentito squillare il telefono e quando ho visto che mi stava chiamando Mirco Romanin, mi sono fermato e ho risposto immediatamente. Come speravo mi ha comunicato che ero stato inserito in squadra nazionale. Ho subito scritto a Martina (Trabucchi, ndr) e poco dopo mi ha telefonato Marco (Barale, ndr) ed eravamo felicissimi. Speravamo tanto di essere presi insieme. Sapevamo che non era semplicissimo, perché lo scorso anno era presente soltanto una 2002 in gruppo, Linda Zingerle, che è fortissima. Invece quest’anno hanno dato spazio a tanti 2003».

Nella passata stagione hai vinto un oro e un argento ai Campionati Italiani, conquistando anche l’oro in staffetta agli YOG. Immagino tu sia molto soddisfatto.
«Non è certo andata male. L’obiettivo di inizio stagione era la qualificazione agli YOG. Purtroppo lì non sono andato bene come avrei voluto, ho faticato al poligono e sugli sci, tanto che non pensavo di entrare a far parte della staffetta. Quando mi hanno detto che ero stato inserito nel quartetto, in un primo momento ho avuto il timore di essere colui che avrebbe rovinato tutto, visto che gli altri tre avevano già dimostrato qualcosa durante l’evento. Invece, è andata benissimo e abbiamo conquistato una splendida medaglia. In Italia anche ho ottenuto ottimi risultati, mi sono giocato sempre i successi con Marco (Barale, ndr), ho vinto un oro e un argento agli Italiani. Non sono molto contento, però, delle mie prestazioni alti tiro, avrei sicuramente potuto far meglio al poligono, non ho sparato benissimo. Invece sono felice di quanto ho fatto sugli sci, in particolare nell’ultima tappa a Tesero ero in gran forma, ma purtroppo non si è più gareggiato».

Ho notato che in alcune occasioni nel corso della stagione ti sei imposto nella sprint, per poi non ripeterti nell’inseguimento. Come te lo spieghi?
«Purtroppo è accaduto diverse volte. Nell’inseguimento faccio meglio quando parto dietro, perché se mi trovo davanti mi agito. Quando devo inseguire, mi concentro soltanto sull’andare a tutta e sparare bene per riprendere gli altri. Invece, se sono davanti, accuso di più la tensione, ho paura di essere ripreso e sbaglio. Mi accadeva già l’anno scorso, se vincevo la sprint non mi confermavo nella pursuit. Un aspetto che va assolutamente migliorato».

Torniamo all’Olimpiade Giovanile di Losanna. Descrivici l’emozione di quell’oro conquistato con il resto della squadra.
«Già essere lì era qualcosa di fantastico, correre in quell’ambiente con i tifosi francesi che ci urlavano “Alè Italia” da bordopista. È stato bellissimo. Per non parlare del villaggio olimpico, dove ci sentivamo dei vip, pur essendo solo dei giovani atleti. Non avevo mai fatto delle gare internazionali, infatti con Marco ci dicevamo che sarebbe stato stranissimo tornare a far le gare di Coppa Italia. Lì era tutto diverso, ci controllavano le tute, pesavano i fucili, dovevamo avere il pass altrimenti non entravamo da nessuna parte. Essere lì è stata una sensazione bellissima. Poi è arrivata la medaglia d’oro, che era inaspettata. Sentivamo di avere delle responsabilità prima della staffetta, perché partivamo dalla prima fila, visto che nel 2016 l’Italia vinse il bronzo. Volevamo provare ad eguagliare quel risultato, invece è arrivato addirittura uno splendido oro».

La scorsa settimana, intervistando Marco Barale, sono rimasto molto colpito dalla vostra amicizia, visto che vi trovate a battagliare ormai da anni.
«L’ho sempre avuto come punto di riferimento, già quando eravamo nell’aria compressa, perché vinceva sempre già nella categoria Ragazzi. Allora mi dicevo che avrei voluto vincere anch’io come faceva lui e alla fine abbiamo iniziato a battagliare. Ci siamo poi conosciuti bene la scorsa estate, nel corso dei raduni della Squadra YOG, nei quali eravamo quasi sempre in camera insieme. Andiamo davvero tanto d’accordo. Anche se siamo rivali in gara, si può sempre essere buoni amici fuori e divertirci. Poi in pista che vinca il migliore, basta che lo facciano noi (ride, ndr)».
    
Sei di Bionaz come Didier Bionaz, che ha appena esordito in Coppa del Mondo; rappresenta per te un punto di riferimento?
«Mi ha fatto un effetto particolare vedere Didier in Coppa del Mondo, perché l’ho sempre visto qui ad allenarsi. Negli ultimi anni è cresciuto veramente tanto e va fortissimo. Vedere dove è arrivato mi dà uno stimolo in più, anche se mi rendo conto che non sarà facile arrivare al suo livello, perché oltre al talento bisogna anche lavorare tantissimo come ha fatto lui. Se lo merita. Oltre a lui, poi, ho sempre avuto altri punti di riferimento in Durand e Nicase, sempre di Bionaz, coloro che ci hanno aperto la strada. Il primo è anche mio cugino e ha vinto anch’egli una medaglia mondiale».

Hai già avuto modo di lavorare con i tuoi attuali allenatori nel corso dei raduni YOG della passata stagione e delle Olimpiadi Giovanili. Che impressioni ne hai tratto?
«Ho notato che è un gruppo di allenatori bellissimo, perché vanno molto d’accordo tra loro. Il fatto che siano affiatati è una cosa secondo me fondamentale, perché in questo coinvolgono tutta la squadra. Avere uno staff tecnico unito, aiuta tutto il gruppo, in quanto si passa tanto tempo insieme e bisogna quindi stare bene in raduno, una cosa per me importante per allenarsi al meglio. Se non sei una squadra unita, è tutto più difficile. Oltre a questo aspetto sono anche molto professionali. Inoltre ritroverò Edoardo Mezzaro, che mi ha già allenato allo sci club».

Torniamo indietro nel tempo: puoi raccontarci come hai iniziato?
«Da piccolissimo già mi allenavo, seguendo il corso di fondo organizzato dagli alpini. Poi sono entrato nello Sci Club Bionaz Oyace, nel quale si pratica solo biathlon, quindi la scelta è stata piuttosto facile. Mi sono presto innamorato di questo sport, anche perché vedevo mio cugino che andava sempre molto forte (Michael Durand, ndr) ed era il mio punto di riferimento. Mi piace che rispetto ad altri sport, come il fondo, non vince sempre il più in forma, perché al fondo devi sommarci il tiro che può sempre cambiare tutto. Poi ci sono fattori esterni come il vento. Puoi essere in gran forma e non vincere, oppure viceversa. Mi piace tanto anche per questo».

Come tutti hai iniziato per divertimento. Quando il biathlon è diventato qualcosa di più?
«Dico la verità, per me è ancora un divertimento, perché mi piace questo sport, ma mi diverto anche ad allenarmi, a correre e fare skiroll. Logico, poi, quando ti rendi conto che arrivano i risultati, pensare che impegnandoti ancora di più puoi fare qualcosa di importante e provarci non costa nulla. Spero ovviamente di andare avanti così, poi si vedrà».

Su cosa ritieni di dover migliorare e qual è secondo te il tuo punto di forza?
«Devo migliorare su tutto, perché ho margini di crescita in ogni particolare. Sicuramente al poligono ho fin qui avuto qualche problema in più. Purtroppo al tiro a volte tendo ad agitarmi e non riuscire a ripetere quanto di buono faccio in allenamento. Invece sugli sci riesco a fare la differenza e questa è una cosa molto positiva. Ovviamente non si deve abbassare mai la guardia».

C'è un atleta nel mondo del biathlon che apprezzi in modo particolare?
«Si, sono due. Il primo è Lukas Hofer. Lo seguo con attenzione da tempo e mi ha sempre ispirato, non soltanto come atleta ma anche come persona. Lo vedo sempre disponibile, simpatico e capace anche di divertirsi, come quando suona la fisarmonica. Poi, ovviamente, l'altro è Martin Fourcade, che ritengo il più grande, un bel punto di riferimento per ogni biatleta visto quanto ha vinto. Ho avuto la possibilità di osservarlo durante gli allenamenti che la nazionale francese ha svolto qui a Bionaz prima del Mondiale di Anterselva. Fortunatamente Patrick Favre, è della nostra località, quindi ha portato qui la squadra. È stato piacevole seguirli quando non ero a scuola».

A proposito di scuola: riesci a conciliarla con lo sport?
«Fino ad oggi ci sono riuscito, anche se mi sono sempre trovato a dover recuperare le lezioni perse nel corso dell’inverno. Purtroppo questo periodo è un po’ più complicato, anche perché non amo le video lezioni, che trovo più noiose, preferivo andare a scuola. In ogni caso ringrazio i miei compagni, che nel corso dell’anno mi aiutano sempre con gli appunti».

Qual è il tuo sogno il cassetto?
«Se devo sognare, penso sia di andare avanti il più possibile e vincere. Ovviamente una medaglia alle Olimpiadi sarebbe il massimo, ma quello credo sia il sogno di tutti».

La nazionale juniores è un passo importante per la tua ancor giovane carriera. Senti di voler ringraziare qualcuno in questo momento?
«Penso di dover ringraziare tutti gli allenatori avuti fin qui, dallo sci club all’Asiva. Ho lavorato molto bene con tutti. Ringrazio quindi gli allenatori del Comitato ASIVA, René Laurent Vuillermoz, François Vierin e Marino Oreiller, insieme a quelli dello sci club, tra cui Edo (Edoardo Mezzaro, ndr) e Gianfranco Zenoni, che è l’allenatore storico del Bionaz Oyace. Infine dico grazie ai miei genitori, che mi hanno sempre aiutato e sostenuto in quello che volevo fare»

Giorgio Capodaglio

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