Combinata - 09 giugno 2020, 18:27

Lukas Runggaldier parla del suo addio alla combinata nordica: "Sono felice di ciò che ho avuto"

Il gardenese, intervistato da Fondo Italia, parla delle motivazioni del suo ritiro, ripercorre la sua carriera, guarda al futuro e spinge i giovani azzurri

Pentaphoto

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Ha annunciato il suo addio venerdì scorso, mettendo fine a una lunga carriera. A quasi trentatre anni (lì compirà il prossimo 31 maggio, ndr), Lukas Runggaldier è pronto a iniziare una nuova vita, anche se proseguirà sempre nel mondo della neve. Una scelta che era nell’aria dopo l’esclusione dalla nazionale, che ha contribuito ad accelerare una decisione che probabilmente il gardenese delle Fiamme Gialle avrebbe preso dopo il Mondiale di Oberstdorf.

Della scelta di lasciare la combinata nordica, ma anche del futuro suo e del movimento azzurro, abbiamo parlato con Lukas Runggaldier in questa intervista nella quale il gardenese ha anche ripercorso la sua carriera.

Ciao Lukas. Venerdì scorso hai annunciato la fine della tua carriera agonistica; come hai maturato questa decisione?
«Era un po’ nell’aria. Quando ho visto che non facevo parte della nazionale, ho capito che sarebbe stato molto difficile per me andare avanti stando fuori dalla squadra azzurra. La combinata nordica è diversa dalle altre discipline».

Quindi se fossi stato inserito nel gruppo azzurro avresti proseguito?
«Si, avevo in testa di fare un altro anno e chiudere con il Mondiale di Oberstdorf. Sono consapevole di non essere più un giovincello, ma volevo terminare la carriera in un evento iridato. Avevo in realtà già in mente di farlo a Seefeld, ma lì le cose non andarono come volevo, quindi speravo di poterlo fare a Oberstdorf. È andata così, ma non fa nulla, sono felice di quello che ho avuto. Certo, mi dispiace perché non vedevo l’ora di poter nuovamente iniziare gli allenamenti con i compagni, soprattutto dopo questo periodo casalingo che ho vissuto come tutti. Purtroppo, però, la situazione attuale, ha costretto la Federazione a fare dei tagli e ripensare in una certa maniera la formazione delle squadre, andando verso una nuova direzione. Lo capisco. Sicuramente per me questo maggio 2020 non è stato memorabile».

È successo altro?
«Si, come accaduto purtroppo a tante altre persone, l’emergenza covid e le limitazioni che ne sono conseguite, mi hanno costretto anche a rinviare le nozze. Insieme alla mia fidanzata non sappiamo ancora quando potremo sposarci, se aspettare un anno o magari trovare una data libera nelle vicinanze. Insomma oltre all’addio alla combinata anche il matrimonio rimandato. Ma alla fine non mi lamento, l’importante è stare bene e soprattutto essere consapevole di aver avuto una bella carriera. Voglio pensare soltanto alle tante cose belle che ho avuto da questo sport».

Guardando alla tua carriera, qual è il momento che ricordi con maggior piacere?
«Il momento più bello è stato senza dubbio l’Olimpiade di Vancouver. Eravamo ancora dei ragazzini e in quei Giochi arrivò la prima storica medaglia dell’Italia nella disciplina grazie ad Alessandro (Pittin, ndr). Eravamo un bel gruppo di giovani e c’era un clima molto sereno tra noi. Ecco al di là dei risultati, la cosa che ricordo con maggior piacere è proprio l’ambiente all’interno della squadra, quando eravamo spensierati e sconosciuti, dei ragazzini in giro per il Mondo. Per me quello in Canada fu anche il primo viaggio lungo della mia vita. Per quanto riguarda i risultati ricorderò sempre con grande piacere lo storico podio di Seefeld in coppia con Alessandro Pittin, scrivendo la storia con lui. Ora mi fa un certo effetto pensare che lo seguirò da un altro punto di vista, facendo il tifo per lui dalla tv».

E i ricordi più brutti?
«Nel corso della carriera ogni atleta ha dei momenti difficili, delle difficoltà da superare. Ovviamente stavo male quando nel salto le cose non andavano come speravo. Ma al di là di questo, ho sempre fatto questo sport con gioia».  

Hai avuto un ottimo inizio di carriera, anche nei risultati, poi hai faticato a ripeterti non riuscendo a fare il salto di qualità. Come te lo spieghi?
«La testa ha fatto certamente la sua parte, non ho ottenuto i risultati che speravo e questo mi ha messo in difficoltà. Inoltre mi hanno condizionato molto anche i tanti cambiamenti che abbiamo avuto nel nostro staff tecnico nel corso degli anni. Nel 2011 mi era dispiaciuto tantissimo perdere Moroder, con il quale sono cresciuto. Il tempo di abituarmi alla nuova guida, che ho dovuto salutare con dispiacere anche lui e così gli altri allenatori negli anni successivi. Purtroppo è accaduto sempre così, ogni due stagioni è cambiato lo staff tecnico. Ecco, penso che mi sarebbe servita una maggiore continuità da questo punto di vista».

Cosa ti porti dietro dalla tua carriera agonistica?
«Sicuramente l’aver imparato a lavorare in modo sempre positivo, accettare la situazione e riuscire a ottenere il massimo possibile in un determinato momento. Una cosa fondamentale anche nella vita extra sportiva, come abbiamo visto nell’ultima primavera. È importante accettare la situazione di difficoltà e ottenere il massimo possibile, guardando sempre avanti».

Hai deciso cosa farai?
«Continuerò all’interno delle Fiamme Gialle. Davanti a me ho due possibili percorsi da seguire: il soccorso alpino, oppure aiutare il gruppo sportivo. Ho la tessera di allenatore, quindi un giorno, trovata la mia strada, potrei anche dare una mano ai giovani combinatisti, una cosa che mi piacerebbe fare. Ne approfitto per ringraziare il corpo sportivo del sostegno che mi ha dato in questi dieci anni, senza le Fiamme Gialle questa carriera non sarebbe nemmeno iniziata. Non sono deluso di smettere oggi, ma contento di aver avuto l’opportunità di gareggiare ad alto livello per dieci anni».

Che nazionale azzurra ti lasci alle spalle?
«Forse oggi abbiamo pochi atleti in Coppa del Mondo, ma vedo diversi giovani che stanno crescendo bene in ottica 2026, i quali hanno già mostrato delle belle qualità. Non vedo l’ora che arrivino al 2026, perché affronteranno quelle Olimpiadi nei loro migliori anni. Mi auguro abbiano fortuna lungo la loro strada e non abbiano troppi problemi nel percorso, per arrivare a quell’appuntamento nel miglior modo possibile. Tornando alla Squadra A abbiamo quattro atleti competitivi che possono aiutare questi giovani a crescere, facendo da ponte alle nuove generazioni. Inoltre in Squadra A non dimentichiamo che c’è Aaron Kostner ancora giovanissimo e potrà essere un atleta importante nel 2026. Per altro è stato tra i primi a chiamarmi quando ho annunciato il ritiro, mi ha ringraziato dicendomi di aver imparato tanto da me e di essere stato per lui da stimolo quando era più piccolo. Considera me, Armin (Bauer, ndr) e Samuel (Costa, ndr) un po’ dei pionieri, per aver ridato vita alla combinata nordica in Val Gardena. Da parte mia, però, posso solo ringraziare Romed Moroder, è merito suo se oggi si è creato tutto questo nella nostra località»

Giorgio Capodaglio

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