Biathlon | 04 settembre 2020, 18:01

Biathlon - Siegfried Mazet avverte JT Bø e compagni: "Non possiamo rilassarci, lavoriamo per migliorare ancora"

L'allenatore francese ha parlato del lavoro fatto in questi anni, in particolare con Johannes Bø: "In passato tendeva a perdersi, sparando veloce e mancando grandi opportunità; da Kontiolahti 2018 è cambiato"

Biathlon - Siegfried Mazet avverte JT Bø e compagni: "Non possiamo rilassarci, lavoriamo per migliorare ancora"

Nell’estate del 2016 raccolse la grande sfida di riportare ai vertici assoluti la nazionale norvegese di biathlon, dopo aver già vinto con il suo connazionale Martin Fourcade. Con grande coraggio Siegfried Mazet prese in mano Johannes Bø e compagni, fino ad arrivare a vincere tutto negli ultimi anni.

Meritato quindi il bel servizio a lui dedicato dal sito ufficiale dell’IBU, che è partito dai mesi più recenti, nei quali l’allenatore francese ha faticato non poco per seguire i suoi atleti a causa delle restrizioni legate all’emergenza covid-19. «È stato frustante e difficile iniziare il lavoro seguendo gli atleti via computer – ha esordito Mazetma bisogna guardare alla situazione nel suo complesso e pensare a cos’è più importante: stare in salute e proteggere le nostre famiglie. Non riguardava solo il nostro team ma tutto il mondo. Ho dovuto pensare in maniera diversa. Ho chiesto ai ragazzi di fare alcuni video così da poterli analizzare. È stato interessante, perché ho scoperto alcune cose che mi sarei perso se fossi stato lì. Siamo riusciti a spingerci ad essere migliori in questo periodo. La cosa più difficile, come allenatore francese che lavora in Norvegia, è accaduta quando sono andato in Norvegia per la prima volta a giugno. La Francia era un paese “rosso” allora e dovevo stare in quarantena prima di poter riprendere a lavorare. I nostri dottori hanno cercando di risolvere la cosa, così dopo pochi giorni ho potuto lavorare, pur stando a 4-10 metri di distanza sociale, ma almeno potevo rendermi utile al lavoro. Il nostro raduno quel mese è stato più o meno normale, eccetto per le regole sul distanziamento sociale che abbiamo ricevuto dai dottori, come mangiare in tavoli separati. Allora è stato più difficoltoso lavorare, soprattutto per me, perché avevo bisogno di essere un po’ più vicino per capire come stavano lavorando gli atleti con la carabina. Ma una volta che tutto questo è diventato routine è stato più semplice».

Mazet non vuole lasciare nulla al caso, nonostante i grandi risultati ottenuti chiede altri miglioramenti al suo team: «Quando arrivai in Norvegia, guardai le percentuali e vidi che la maggior parte della squadra sparava più o meno con l’84%. Martin (Fourcade, ndr) era all’88%. Così dovevamo migliorare per essere dei potenziali candidati al podio ogni settimana. Tutti sapevano cosa dovevamo fare. Negli ultimi quattro anni l’abbiamo fatto piuttosto bene. Johannes era all’89% lo scorso anno. Ma non possiamo rilassarci su questo, quando raggiungi il vertice, corri maggiori rischi di cadere. Quindi stiamo provando ad essere un po’ più efficienti. Il mio obiettivo era che gli atleti si velocizzassero a terra, ma ora ho fatto un passo indietro perché non sono soddisfatto di come la squadra ha sparato al Blinkfestivalen. Gli atleti sono andati a tutto gas in pista, arrivando al poligono con troppa velocità e hanno faticato con i primi colpi. Abbiamo avuto un po’ di problemi lì. Così abbiamo fatto un piccolo passo indietro, ho messo il mio orologio in tasca ed ora siamo concentrati sul colpire i bersagli».

L’allenatore quarantaduenne parla poi della sua idea di tiro: «Voglio chegli atleti abbiano diverse abilità al tiro. Qualche volte devono essere veloci, in altre più lenti. Come nella mass start, è tutta strategia. A terra non vinci la gara, ma lì puoi perderla. Come sono solito dire loro, bisogna raggiungere i quarti di finale, le semifinali e la finale, che sarebbe l’ultimo poligono. In finale devi essere stabile; devi sparare velocemente se vuoi prendere la testa o se sei già primo, non devi correre troppo. Voglio che prendano delle decisioni, come se giocassero a poker. Sei all’ultimo tiro e devi prendere una decisione».

Una delle soddisfazioni più grandi per Mazet è arrivata da Johannes Bø, divenuto negli anni molto più costante al poligono: «Quello era il mio obiettivo con lui. Sapevo, guardandolo, che a volte tendeva a perdersi, sparando veloce e perdendo delle grandi opportunità. Ricordo nella sprint di Kontiolahti del 2018, Martin stava male e Johannes aveva la grande opportunità di prendere il pettorale giallo. Sparò come un pazzo in piedi, mancandone due, con uno avrebbe avuto il pettorale. Quel poligono avrebbe potuto cambiare la storia di quella stagione. Quel giorno avemmo una lunga chiacchierata, gli dissi che doveva essere più stabile. Quando vuoi essere il migliore al mondo, non puoi lasciare che succedano certe cose. Gli dissi: “Dici di voler essere uno dei migliori al mondo, allora comportanti come uno dei migliori al mondo”. Da lì ha cambiato il suo modo di pensare. Per me, da quel giorno, ha un obiettivo e sa cosa ci si aspetta».

Anche per un campione come Johannes Bø, però, ci sono sempre nuove sfide, come chiarisce il suo allenatore: «Stiamo lavorando affinché sia più efficiente e veloce a terra. Era un po’ insicuro prima del primo colpo, aveva bisogno di un po’ di tempo per trovare la posizione, sentirsi abbastanza bene e sparare un buon primo colpo. Molto dipende dalle condizioni, ma l’obiettivo è essere di un colpo migliore degli altri».

G.C.

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