Sci di fondo - 30 maggio 2022, 17:00

Sci di fondo, Mario Azittà: “Quando iniziai non esistevano le piste. La mia passione è nata nel dopoguerra”

Lo storico direttore agonistico delle squadre nazionali dello sci di fondo Mario Azittà si è raccontato a “Maestri di sport”, la rubrica de ilfattoquotidiano.it con le interviste ai tecnici che hanno primeggiato nella loro disciplina.

“La mia passione per lo sci è nata nel dopoguerra. Partecipavo a gare amatoriali cittadine, provinciali, al massimo regionali. Allora esisteva il Campionato Milanese di Sci che era molto rinomato e aveva all’Odeon la sede e il luogo di premiazione. Ma fu negli anni Settanta, a seguito di un pesante lutto in famiglia, che mi sono buttato a capofitto nello sport, spinto soprattutto dagli amici più cari”. Comincia così il legame strettissimo tra lo sci e Azittà.

Fu direttore agonistico delle squadre nazionali dello sci di fondo dal 1974 al 1992, quando venne sostituito dal suo allievo Alessandro Vanoi. Mantenne poi per alcuni anni la carica di supervisore del fondo italiano. Diplomato geometra, Azittà è milanese di Porta Magenta. Il 26 ottobre prossimo compirà la bellezza di 95 anni, vive ancora a Milano con la moglie.
L’esperienza inizialmente fu molto dura: "Alle mie prime Olimpiadi nel 1976 non vincemmo nulla e i tifosi italiani erano inferociti. Mi presi sputi in faccia".

Il momento più bello invece è anche l’ultimo della sua carriera: “Alle Olimpiadi di Lillehammer nel 1994 con la staffetta maschile sconfiggemmo i padroni di casa norvegesi e fu un trionfo. Loro erano i favoriti, ma vincemmo allo sprint dopo una gara bellissima. Silvio Fauner superò il norvegese proprio sul traguardo. Il pubblico di casa era numerosissimo e ammutolì, poi iniziò a battere le mani dimostrando una grande sportività. Quando sono qui in casa, con le magagne di un 95enne, ancora penso a quell’istante. Ho concluso la mia carriera in quel momento, ho pensato che sarebbe stato meglio finire in gloria piuttosto di aspettare un calcio nel sedere come spesso accade ai commissari tecnici. Mi sono dedicato maggiormente alla famiglia, alla casa, all’agricoltura”.

Azittà poi traccia un bilancio dello sci di fondo attuale: “A livello amatoriale molto bene, perché in giro ci sono tante manifestazioni. A non arrivare sono i risultati agonistici della squadra maggiore. Non lo so il perché, bisogna sempre essere dentro alle cose per poter comprenderne i motivi e parlare con cognizione di causa. Forse semplicemente non è venuto fuori l’atleta giusto”.

Tanti atleti passati sotto la sua gestione, ma ce ne è uno a cui è più legato, sportivamente parlando: “Maurilio De Zolt, un ragazzo fatto alla sua maniera. Un cadorino che non disdegnava il bicchiere di vino. È stato il più grande che ho avuto, quello che ha vinto di più. Con lui avevo un rapporto splendido, anche se non era semplice gestirlo perché lui faceva sempre quello che voleva. Ma io ho avuto rapporti buoni con tutti, come fossi un padre di famiglia che non voleva mai essere dispotico. De Zolt ha dato popolarità al nostro sport. Quella generazione è stata fantastica, alla partenza erano tutti col sorriso perché sapevano di essere forti”.

Giammarco Bellotti