Sci di fondo - 09 dicembre 2022, 19:20

Simone Mocellini a Fondo Italia: "All'arrivo non ci ho capito più nulla; ai miei compagni dico che se ci sono riuscito io, possono farlo anche loro"

Simone Mocellini a Fondo Italia: "All'arrivo non ci ho capito più nulla; ai miei compagni dico che se ci sono riuscito io, possono farlo anche loro"

Quando Simone Mocellini ci risponde al telefono dalla sua stanza d’albergo a Beitostølen, i primi due minuti sono solo riempiti da tante risate. Sono passate già alcune ore dallo splendido secondo posto nella sprint di Coppa del Mondo in terra norvegese, ma “il Moce” è ancora su una sua nuvola, l’adrenalina è a mille. «Oddio, ah ah ah ah, oddio che giornata. E chi dorme stanotte» sono le prime parole che pronuncia. L’azzurro è ancora incredulo, servirà sicuramente più tempo per smaltire le emozioni di una giornata che è andata oltre ogni sogno. E anche il freddo alla mano per la lunga telefonata con la sua Francesca (Franchi, ndr) a -15 gradi, che forse nemmeno ha sentito quanto era forte l'emozione e la voglia di condividere con lei questo momento.

Allora Simone, come stai?
«Mi sento ancora travolto dagli eventi (ride, ndr). Sto bene, ma ancora non riesco nemmeno a essere super felice, perché non ho ancora capito bene cosa è successo».

Immagino che alla vigilia non ti eri spinto così in là da porti come obiettivo il podio.
«Figuriamoci, io puntavo alla qualificazione e a provare a passare poi la batteria dei quarti di finale. Quando ho visto di essere terzo in qualificazione, ho capito di essere in ottime condizioni. Dopo la qualificazione, Christophe Savoye mi ha fatto notare che ero stato tra i migliori dell’ultimo tratto. Ciò significava stare molto bene fisicamente e si sarebbe visto anche nei quarti».

Il risultato in qualificazione ti ha dato maggiore consapevolezza anche nelle batterie? Come hai gestito quell'ora e mezza prima delle batterie?
«Dal punto di vista mentale quella odierna è stata la migliore giornata della mia carriera. Sono riuscito a restare sempre concentrato, sapevo cosa fare. Devo tanto alla squadra, perché mi hanno aiutato tutti moltissimo a restare concentrato e rilassato dopo la qualificazione, trovare il giusto equilibrio. È stata la mia arma vincente, perché il fisico c’era, il tracciato era adattissimo alle mie caratteristiche, non credo che ne esista uno migliore di questo per me. Le condizioni per fare bene c’erano tutte, quindi alla fine la differenza l’ha fatta la capacità di restare concentrato, la chiave della giornata».

Per la seconda volta in carriera hai superato la qualificazione in una gara di Coppa del Mondo. Eppure nelle batterie hai corso quasi da veterano. Come ci sei riuscito?
«Me l’hanno fatto notare in tanti. Oggi mi veniva tutto così spontaneo, naturale. Sapevo che dovevo essere nelle prime posizioni per sfruttare un binario libero sull’ultima salita, senza sprecare troppo all’inizio. Lo stesso Cramer mi aveva consigliato di non sprecare tante energie nella prima parte del tracciato, perché la differenza qui si faceva sulla salita e sul rettilineo finale.
In semifinale ho avuto un problema perché in discesa mi sono trovato alle spalle di Grond, che ha preso l’ultimissimo binario e sono stato costretto a fare tutta salita fuori binario. Lì ho rovinato i mie sci, perché un pezzo di soletta era finito sotto lo sci e mi frenava. Sul rettilineo finale, infatti, non capivo come mai improvvisamente fossero così lenti. Quando sono arrivato, ho visto che mi grattava, così i tecnici me lo hanno sistemato in un attimo. In finale avevo uno sci perfetto, velocissimo, tenevo pure benissimo. Quello è stato l’unico problema».


Quindi la finale. Descrivicela.
«Ah ecco, forse quello dello sci in semifinale non è stato l’unico problema (ride, ndr). In finale, infatti, vi è stato quel contatto con Golberg, di cui non mi sono neanche accorto, anzi sono ancora convinto che si sia toccato con Chanavat. Dopo la gara, quando avevo già festeggiato, lui ha protestato e siamo stati chiamati in direzione gara. Sono andato con Markus Cramer, abbiamo esposto le nostre ragioni e i giudici hanno deciso di non intervenire ritenendolo, come giusto, un semplice contatto di gara. Non nascondo però che mi sono spaventato e quei minuti sono stati lunghissimi. Mi dispiace che Golberg se la sia presa con me.
Tornando alla gara, sapevo di dover risparmiare energie per giocarmi tutto sulla parte finale. Dovevo raggiungere la salita nelle prime due o tre posizioni, purtroppo non ho fatto una grande curva prima della salita, quindi non ero davanti pari con Jouve, che poi vabbè, in salita è mostruoso. In rettilineo ho cercato di tenermi in scia a lui, ma nulla potevo fare per batterlo».

Quindi superato il traguardo, è iniziata una festa spontanea e bellissima insieme agli skiman.
«Oggi ero l’unico uomo in gara e questa cosa un po’ mi intimoriva, perché per la gara maschile gli skiman dovevano lavorare solo per me. Mi sentivo maggiore responsabilità, una situazione particolare. Ciò forse mi ha portato a dare ancora di più. Spero che anche loro si sentano gratificati dalla mia prestazione. All’arrivo non ho capito nulla, non riesci a straripare di emozioni quando fai qualcosa che non è nelle tue dimensioni. Loro (i tecnici, ndr) erano già al ventesimo cielo. Ci siamo fatti riconoscere, da italiani mi piacciono queste cose».

Descrivici il post gara. Immagino quante telefonate avrai ricevuto.
«Intanto è stato bello vivere quel momento con lo staff e vedere tutti contenti. Oggi compie anche gli anni Markus Cramer e credo di aver contribuito a fargli un bel regalo. In realtà ho avuto poco tempo per festeggiare, perché mi hanno cercato tutti in mixed zone, quindi a -15 mi sono trovato ad affrontare tante interviste in inglese, sperando di non aver detto troppi strafalcioni (ride, ndr). È stato tutto così strano, nuovo, diverso e bello.
Terminate le interviste, ho subito chiamato Francesca (Franchi, ndr), poi i miei genitori, mia sorella, la nonna e quindi Fulvio (Scola, ndr). Adesso risponderò a tutti coloro che mi hanno mandato dei messaggi, voglio rispondere uno ad uno».


Cosa vuoi dire ai tuoi compagni di squadra?
«Come ho detto anche prima a Fulvio, sono convinto che i miei compagni di squadra siano al mio livello, anzi forse vanno più di me. Quindi se io ho ottenuto questo risultato, possono farlo anche loro. Non è finta umiltà, perché facciamo tanti test assieme e so quanto vanno tutti. Bisogna avere fiducia, dobbiamo farlo tutti, perché come l’ho fatto io possono riuscirci anche loro. Anche se solo tra qualche mese realizzerò quanto accaduto in questa giornata (ride, ndr)».

Adesso ti aspetti maggiori pressioni?

«Penso sia anche normale che dopo un podio in Coppa del Mondo, ci siano maggiori aspettative nei miei confronti. Sono tranquillo, fa parte del gioco».

Giorgio Capodaglio

Ti potrebbero interessare anche:

SU