- 05 marzo 2019, 11:00

BERSAGLIO MOBILE Puntata 9 - "Per l'Italia ai Mondiali vedo 3 o 4 medaglie. Tra di esse c'è anche un oro"

I Mondiali di Östersund sono ormai alle porte. Dal 7 al 17 marzo il biathlon assegnerà le proprie medaglie iridate. È tempo, dunque, di sentire le opinioni di René Laurent Vuillermoz in merito all’imminente manifestazione.

Pentaphoto

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I Mondiali di Östersund sono ormai alle porte. Dal 7 al 17 marzo il biathlon assegnerà le proprie medaglie iridate. È tempo, dunque, di sentire le opinioni di René Laurent Vuillermoz in merito all’imminente manifestazione.


Partiamo dal teatro, ovvero l’impianto di Östersund. Quali sono le sue caratteristiche?
“Detto fuori dai denti, secondo me è la pista più facile del circuito. È un po’ nervosa nella prima parte, dopodiché c’è un salitone a cui fa seguito un falsopiano, quindi inizia una lunga discesa che ti riporta nello stadio. È un tracciato dove bisogna sempre lavorare per esprimersi bene, ma non essendo duro può consentire agli atleti con attitudine da sprinter di difendersi maggiormente rispetto a chi è abituato a essere sempre al vertice. Comunque, proprio per le caratteristiche della pista, secondo me i materiali avranno un’incidenza maggiore rispetto al consueto. Per essere competitivi sarà fondamentale avere sci molto veloci e la differenza grossa verrà fatta proprio da questo aspetto”.   

Per quanto riguarda il poligono invece qual è la situazione? Sappiamo che può essere double face, in teoria è facile, ma se c’è vento è esposto su tutti i quattro lati e diventa di difficile lettura.
“A livello organico il poligono è relativamente facile, perché vi si arriva dopo una discesa a cui fa seguito un piano. Addirittura in condizioni di neve veloce si può raggiungere il poligono quasi senza spingere, quindi aspettiamoci di vedere tiri precisi e molto veloci. La situazione cambia se c’è vento, lì appunto diventa più difficile da gestire. Però non dobbiamo dimenticarci che è un contesto ben conosciuto, ci si va tutti gli anni e ci sono un paio di stratagemmi per leggere bene l’aria. Comunque a volte il vento può dare fastidio soprattutto sul piano mentale, quindi più che altro bisogna essere bravi a non farsi condizionare”.

Passiamo ai valori in campo. Quali cambiamenti dobbiamo aspettarci, sempre che ce ne siano?
“Tra gli uomini Johannes ha margine su tutti, è così da inizio dicembre e non credo che la situazione cambierà proprio nel momento clou della stagione. L’incognita si chiama Martin Fourcade. Quest’inverno non abbiamo ancora visto la sua miglior versione, ma si è preso una lunga pausa proprio per preparare i Mondiali. Nel caso dovesse tornare al top, allora potrebbe sfidare ad armi pari Bø. Magari non nella sprint, dove il norvegese è favoritissimo, però su quattro poligoni ne verrebbero fuori delle belle battaglie. Per il resto non credo possa cambiare molto. I francesi saranno molto presenti e potranno andare a medaglia con tanti uomini diversi, magari ci sarà qualche estemporaneo exploit di un tedesco o di un russo, ma non credo in grossi sconvolgimenti”.

Fra le donne invece?
“Qui potrebbe esserci qualche differenza in più. Abbiamo visto le tedesche crescere progressivamente, quindi me le aspetto tutte al top. Occhio soprattutto a Dahlmeier, Herrmann e a una rediviva Hildebrand. Poi ci saranno le svedesi, che sicuramente saranno tirate a lucido e andranno come aeroplani. Perciò credo che vedremo più atlete competitive per il podio rispetto alle abitudini. Comunque le big dell’inverno – mi riferisco a Wierer, Vittozzi,  Olsbu, Kuzmina e Mäkäräinen – saranno sempre lì al vertice a loro volta”.

Hai citato Wierer e Vittozzi, introducendo dunque l’argomento Italia. Ti faccio la domanda a bruciapelo, quante medaglie vedi per la spedizione azzurra?
“Faccio una doverosa premessa. Parliamo di biathlon, uno sport dove la differenza tra la vittoria e il quarto posto può essere fatta da un errore al poligono, dunque misurabile in millimetri. Detto questo, personalmente credo che il bottino italiano si attesterà fra le 2 e le 5 medaglie, con 3 o 4 come numero più probabile. Sottolineo però che tra queste medaglie io vedo un titolo. Secondo me l’Italia tornerà a vincere un oro iridato dopo 22 anni”.

In quale gara?
“Non te lo dico!”

Provo a indovinare io. Si tratta di una gara mista?
“No, hai sbagliato! In staffetta mista non abbiamo i quattro moschettieri dello scorso anno. Siamo sicuramente da podio, perché in quella gara siamo sempre da medaglia, però non siamo così forti come nel 2018. Quindi, secondo me, se dovesse arrivare anche un bronzo sarà un grandissimo risultato. Per quanto riguarda la single mixed, vedo la coppia italiana d’argento. Le  possibilità di vittoria dipendono dal rendimento della donna norvegese, perché Johannes Bø non si discute e sappiamo che ha una marcia in più rispetto a tutti gli altri maschi”.

Allora il titolo potrebbe arrivare da…
“È inutile, non te lo dico! Aggiungo solo che secondo me sarà un oro individuale, ma non ti dico né in che gara né con chi”.

Va bene, ho capito. Diciamo che fra le donne Wierer e Vittozzi partono per fare medaglia in ogni gara e, soprattutto nelle prove su quattro poligoni, possono provare a far saltare il banco come peraltro già successo in stagione.
“Ecco bravo, diciamo così e non aggiungiamo niente altro!”

Tra gli uomini invece, vedi qualche speranza di podio?
“Secondo me la carta migliore sarà Hofer nella 20 km, che è il format dove può far meglio. Sulla sprint è sicuramente complicato, nelle gare sull’uomo temo non riesca a tenere il passo nei tempi d’esecuzione, soprattutto in un poligono potenzialmente molto veloce come Östersund. Però nella 20 km, con il tiro che ha espresso quest’anno, può fare molto bene”.

Hai detto che tu vedi un titolo individuale, quindi non la staffetta femminile?
“Possono anche vincere la medaglia d’oro, ma secondo me non partono favorite. Quartetti devastanti non ce ne sono più e bene o male ogni nazione ha almeno un punto debole. Però sulla carta la Germania ci è superiore, è inutile girarci attorno, e la Francia comunque la devi sempre battere. Le azzurre sono da podio e magari anche da vittoria, ma per vincere c’è bisogno di qualche passo falso altrui e al tempo stesso le nostre non devono sbagliare”.

Ti faccio la domanda da un milione di dollari. Qual è, secondo te, la formazione migliore?
“È una domanda complessa, perché ti posso dare due risposte. Una realistica e una più fantasiosa”.

Va bene, partiamo con l’idea fantasiosa.
“L’ideale sarebbe avere Alexia in buona condizione e giocarsela al lancio. In seconda metterei quella che sta meglio tra Nicole e Federica. In terza Dorothea e a chiudere Lisa. Mi rendo conto che si tratta di una formazione spregiudicata, però con questo quartetto se passi indenne le prime due frazioni e il distacco è contenuto, allora puoi fare veramente il botto. Difficile avere il coraggio di giocarsela così, ma soprattutto non è neppure detto che si possa avere la possibilità di farlo. Questa sequenza la metterei giù solo se Alexia mostrerà una condizione che in quest’inverno non si è mai vista”.

Quindi ragioni ipoteticamente. Pragmaticamente invece quale sarebbe la tua idea?
“Pragmaticamente io starei comunque con Alexia al lancio. Poi metterei  Dorothea in seconda, chi sta meglio tra Nicole e Federica in terza, Lisa a chiudere”.

Tu però mi insegni che, soprattutto fra le donne, la terza frazione è spesso quella decisiva. Metteresti un’incognita proprio lì?
“Teoricamente no, per quello avevo proposto la formazione con le nostre due big in terza e in quarta! Però da qualche parte i punti interrogativi vanno messi e, alla fine, avere le due più forti in seconda e quarta frazione potrebbe essere il compromesso ideale”.

Ti butto lì una proposta. Le due big nelle frazioni centrali. Come la vedi?
“Per fare così dovresti avere una Federica al top, perché con questa formazione dovrebbe esserci lei a chiudere, visto che spesso lo ha fatto bene. Però serve la sua miglior versione, non quella che abbiamo visto nell’ultimo mese e mezzo. L’alternativa sarebbe Nicole, che però si troverebbe in una situazione nuova e mai sperimentata in precedenza, non proprio l’ideale quando ci si gioca le medaglie. Alla fine siamo sempre lì, ci sono delle incognite e solo le gare antecedenti alla staffetta potranno dare delle risposte riguardo la competitività di ogni atleta”.

Al riguardo, quali sono le prospettive degli italiani che non si chiamano Wierer, Vittozzi e Hofer?
“Dominik secondo me può ambire a piazzarsi nei sei, quest’anno non lo vedo da medaglia come successo a PyeongChang, poi sarei felicissimo di essere smentito. Nicole se sta bene e spara bene può provare a entrare nelle dieci, il che rappresenterebbe un gran bel traguardo per lei e un premio per tutto il lavoro svolto negli ultimi anni. La top-ten sarebbe anche l’obiettivo di Federica, ma solo se in Svezia vedremo la sua miglior versione. Thomas può sicuramente puntare a un piazzamento nei venti, forse anche nei quindici con la gara perfetta. Per quanto riguarda Alexia, Thierry e Beppe la prospettiva più verosimile è classificarsi nei trenta”.     

Per completezza parliamo di staffetta maschile, questa è forse l’unica gara dove la medaglia è davvero impossibile.
“Non c’è quasi nulla di impossibile nel biathlon, però dovrebbero succedere davvero cataclismi per salire sul podio. Diciamo che arrivare quinti sarebbe un risultato da festeggiare come una vittoria, perché fare di più è difficilissimo”.

La tua formazione quale sarebbe?
“Thomas al lancio, Dominik in seconda, chi sta meglio tra Beppe e Thierry in terza, Luki a chiudere. Non vedo tante alternative”.

Infine, proprio non vuoi aggiungere due parole sulla gara dove vedi la medaglia d’oro italiana?
“Va bene dai, aggiungo due parole perché sono buono: ‘NO COMMENT!’”

Francesco Paone

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