Sci di fondo - 16 marzo 2020, 16:20

Emergenza coronavirus: quando lo "show must go on" nello sport va oltre ogni limite

FIS e IBU hanno tardato troppo nel cancellare gare, provando ad andare avanti anche contro l'evidenza

Foto di Flavio Becchis

Foto di Flavio Becchis

La nostra posizione su cosa fosse giusto fare l’avevamo espressa già nei giorni precedenti, non soltanto riguardo al biathlon, dove magari qualche malpensante poteva dirci di essere arrivati a certe conclusioni soltanto perché in testa alla classifica generale avevamo un’atleta italiana, ma anche nel fondo, nonostante dopo la mancata partenza della nazionale norvegese, se si fosse andato avanti, Federico Pellegrino avrebbe avuto grandi possibilità di vincere la coppa di specialità.

La ribadiamo ora, anche dopo che Dorothea Wierer ha vinto la Coppa del Mondo: lo sci di fondo e il biathlon dovevano essere fermati immediatamente, come andava fatto con gli altri sport, senza rischiare la positività al COVID-19 di un atleta, di un tecnico o di qualsiasi membro dello staff al seguito della Coppa del Mondo. Il calcio ha provato a non fermarsi, è andato avanti, poi è stato costretto a farlo davanti alla positività di alcuni calciatori e con il passare dei giorni tanti altri casi stanno uscendo fuori. Oggi Serie A, Premier League e gli altri principali campionati europei si sono fermati, presto verrà anche rinviato il Campionato Europeo. La NBA ha proposto le porte chiuse e si è fermata immediatamente quando ha saputo della positività di due giocatori, mentre il basket italiano l’ha fatto anche prima. In fin dei conti che senso aveva non stringersi la mano prima della partita in uno sport molto di contatto come il basket? Lo sci alpino ha chiuso anticipatamente la sua stagione, mentre la Formula 1, ma in questo caso solo dopo la rivolta di team e piloti, dopo che il campione del mondo Lewis Hamilton aveva pesantemente attaccato i vertici della federazione, ha rinviato il Gran Premio d’Australia. Ovviamente tanti altri sport, quasi tutti, si erano già fermati, non stiamo ad elencarli tutti, mentre imperterriti biathlon e fondo provavano ad andare avanti.

Nel nostro piccolo, si è subito chiusa la Coppa del Mondo di sci alpinismo e anche quella di salto, mentre la combinata nordica si era già fermata ma per problemi di neve. Chi invece ha provato a non fermarsi sono stai proprio sci di fondo e biathlon.
Lo sci di fondo ha cercato ostinatamente di andare avanti, ma la rivolta di due top team come Norvegia e Svezia, ha messo gli organizzatori delle gare nordamericane con le spalle al muro, costringendo a fermare il tutto. Non si poteva agire prima? Perché confermare inizialmente le gare nordamericane quando era già sotto gli occhi di tutti che la situazione a livello internazionale stesse degenerando? Evidentemente alla FIS ritenevano che il problema riguardasse soltanto l’Italia, mostrando una paurosa sottovalutazione di quanto stava accadendo. Alla fine però, dopo l’ammutinamento degli atleti, i Comitato Organizzatori di Canmore e Quebec City, Minneapolis l’aveva già fatto dopo il discorso di Trump, hanno cancellato i propri eventi (anche perché praticamente gli iscritti si contavano quasi sulle dita di una mano), così di conseguenza anche la FIS ha annunciato la chiusura anticipata della Coppa del Mondo. Importante quindi questo passaggio, la decisione è stata presa dai Comitati Organizzatori. Insomma la FIS in questo casò ha dato l'impressione di non fare proprio nulla per tutelare gli atleti.

Fermo il fondo è rimasto il biathlon, che a porte chiuse ha fatto di tutto per proseguire. Soltanto di fronte all’evidenza ha cancellato la tappa di Holmenkollen, ma ha provato comunque fino alla fine ad andare avanti chiedendo a Kontiolahti di ospitare anche l’ultima tappa della Coppa del Mondo. Impossibile, però, dopo le restrizioni imposte dal governo finlandese e una situazione che a livello internazionale andava precipitando, tra il crescente rischio di contagio e la chiusura delle frontiere di tanti paesi, così si è deciso di chiudere anticipatamente al termine della tappa di Kontiolahti.

Si è voluto arrivare in fondo quasi fino alla fine, sono state cancellate le ultimi inutili staffette miste, ma si è deciso ugualmente di disputare sprint e inseguimento, come previsto. Aveva senso andare avanti e mettere gli atleti di fronte a un rischio? Fortunatamente, almeno per il momento, nessun atleta ne ha pagato le conseguenze, ma se ciò dovesse accadere che figura farebbe l’IBU? Addirittura le gare avrebbero dovuto svolgersi a porte aperte, incuranti di tutto, un follia. Giovedì, in occasione della sprint maschile, si è così vissuta una giornata paradossale. Alle 12.45, ad appena tre ore dal via della gara, si è svolta una conferenza stampa del Premier Finlandese, che ha annunciato il divieto allo svolgimento di eventi con più di 500 partecipanti. A questo punto si è chiuso in fretta e furia lo stadio di Kontiolahti e mandata via la gente che dopo aver pagato il biglietto era già sul posto. Peccato però che tanti tifosi hanno ugualmente assistito bordopista all’evento e il limite imposto dalle autorità locali di 500 partecipanti non sia stato rispettato. Si parla tanto di “Biathlon Family”, ma quando è stato il momento di dimostrarlo, non è stato così, perché chi ama la propria famiglia, fa di tutto per proteggerla, rinunciando a qualcosa. Si è andati avanti di fronte a tutto, fino alle pursuit di sabato, alla malattia, alla paura di molti atleti e allenatori, alle difficoltà per alcuni di tornare a casa e anche alla partenza di alcune squadre che hanno abbandonato prima. Per una volta, quindi, anche il biathlon non ha fatto una bellissima figura, andando avanti a ogni costo.

L’emergenza coronavirus, sicuramente, ha dato tanti motivi sui quali riflettere nel mondo dello sport, purtroppo anche quello invernale. Ovviamente l’augurio di tutti è che non ci si trovi più a fronteggiare una situazione del genere, ma nell’eventualità bisognerà ricordarsi delle priorità: la salute e la vita vengono prima di un risultato sportivo, ma soprattutto lo sport deve essere innanzitutto educativo e in questi casi deve essere il primo a dare l’esempio, fermandosi. Questa volta non è stato fatto.

 

G.C.

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