Biathlon - 01 marzo 2023, 17:30

Mi ritorni in mente - Nove Mesto, dieci anni dopo quel bronzo è diventato oro

Foto di Dmytro Yevenko

Foto di Dmytro Yevenko

Dieci anni dopo si torna a Nove Mesto ed ora la storia è stata completamente scritta. Nel 2013 l’Italia irruppe nel medagliere iridato del biathlon femminile dopo aver mancato in qualche occasione l’appuntamento con il podio, sopratutto grazie a Nathalie Santer.

Era il 15 febbraio, un venerdì. Era una staffetta, era il giorno che avrebbe impreziosito la carriera di Michela Ponza dopo i sette podi di Coppa del Mondo, era il giorno in cui si sarebbe iniziato a scrivere il capitolo più glorioso della storia del biathlon in rosa italiano.
Il titolo della staffetta femminile in quel 2013 andò alla Norvegia che nonostante il giro di penalità iniziale di Hilde Fenne seppe trionfare grazie soprattutto ad una sontuosa ultima frazione di Tora Berger, capace di riprendere la fuggitiva Germania lanciata da Laura Dahlmeier, per precedere al traguardo l’Ucraina e l’Italia, con Karin Oberhofer ad incaricarsi dei tre giri finali per completare l’opera avviata dalle allora giovincelle Dorothea Wierer (22 anni da compiere) e Nicole Gontier (21) e irrobustita dalla solita puntuale prova di Ponza. Era la prima medaglia di sempre per le ragazze italiane, con tre di loro reduci due anni prima dal quarto posto di Khanty Mansiiysk (Ponza, Oberhofer, Katja Haller, Wierer).

La prima medaglia a cui ne sarebbero seguite altre, molte altre. Due anni dopo a Kontiolahti si sarebbe confermato il bronzo in staffetta con l’innesto di Lisa Vittozzi al posto di Ponza (Vittozzi, Wierer, Gontier, Oberhofer) a precedere di pochi giorni la prima medaglia individuale colta nella mass start da Karin Oberhofer.

Dieci anni dopo, le medaglie “solo” femminili sono addirittura una dozzina e tra loro spicca inevitabilmente l’oro della staffetta di Oberhof.
Dieci anni dopo, il cerchio si è chiuso: sono “piovuti” titoli iridati grazie alla tripletta di Doro Wierer, sono arrivate medaglie in quasi ogni format - gare miste incluse, all’appello mancherebbe solo la sprint, ma Wierer ha saputo mettere le mani sul bronzo olimpico - ma sopratutto si è creato un movimento mai così profondo, mai così ampio. Samuela Comola, Dorothea Wierer, Hannah Auchentaller e Lisa Vittozzi hanno scritto in Turingia l’ultimo paragrafo, il più prezioso, di un capitolo leggendario nella storia del biathlon, un capitolo che in dieci anni racconta la crescita e l’affermazione di un movimento che nei primi anni del nuovo millennio faticava ad alzare la testa e che oggi propone un team in cui è necessario fare delle scelte dettate dell'abbondanza.
E con tante altre giovani che stanno crescendo.
E’ fin troppo facile, quasi naturale individuare in Dorothea Wierer il comune denominatore di questo decennio. Non è la sola “Regina Mida” del biathlon italiano, perchè evidenti i meriti di tutte le altre (Oberhofer, Alexia Runggaldier e via dicendo…) ma è innegabile che lei c’è sempre stata, da Khanty Mansiysk in poi.

E l’effetto benefico che la sua presenza, la sua crescita, il suo carisma e la sua capacità di coinvolgere hanno avuto in questi anni per lanciare e affermare il biathlon italiano non sarà mai raccontato dalle statistiche o dai medaglieri. E’ un merito che va oltre gli aspetti meramente numerici (che sono da record), un merito sicuramente non ricercato ma che il suo essere così personale, empatica e coinvolgente ha riversato sull’intero movimento.

In dieci anni il biathlon azzurro è diventato molto più “ricco”: quella che dieci anni fa era un’impresa, oggi è stata accompagnata e “migliorata” da tanti altri trionfi, da tante altre pagine di storia. Di un capitolo che si è esaltato poche settimane fa ad Oberhof.

Sono queste alcune considerazioni che ci accompagnano verso la Moravia per la terzultima tappa stagionale di Coppa del Mondo. Una ultimo trittico di appuntamenti che da una parte servirà per certificare la stagione strabordante di Johannes Bø (e l'assenza dovuta al Covid di Sturla Lægreid di fatto aprirà un'autostrada per JTB), dall'altra per districare la corsa verso il coppone al femminile, con Julia Simon a guidare i giochi forte di un'ottantina di punti (76, siamo precisi dai) di margine su quell'Elvira Öberg rimasta a mezzo (scarso) servizio ad Oberhof. Difficile che nel discorso possa ritornare Lisa Vittozzi, oggi terza forza in graduatoria (sono 170 i punti di gap dalla transalpina) ma probabilmente la più in forma di tutte. Sarà un fine settimana ceco che si aprirà domani con la sprint femminile, per proseguire venerdì con la prova maschile a precedere un sabato fatto di duplice inseguimento ed una domenica a base di staffette miste. Due anni fa, nell'ultima presenza da queste parti, Lisa Vittozzi fu terza nella sprint con Doro Wierer quinta.

Luca Perenzoni

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