Sci di fondo - 19 ottobre 2023, 20:00

Sci di Fondo – Dagli insegnamenti del compianto papà Ingus al pettorale verde di miglior under23. Intervista a Patricija Eiduka: ”Solo con il lavoro e tanta disciplina si può arrivare in cima”

Fondoitalia.it ha intervistato la talentuosa giovane fondista lettone Patricija Eiduka che ci ha raccontato dei suoi inizi con lo sport, degli allenamenti con la sua famiglia, dei suoi propositi e degli orizzonti del fondo per la piccola nazione affacciata sul Mar Baltico.

Courtesy; Patricija Eiduka

Courtesy; Patricija Eiduka

Nel mondo dello sport, molte volte è accaduto sia nel passato ma ancora di più accade nei giorni nostri, che i genitori vogliano imporre ai propri figli di perseguire, non i sogni che gli stessi ragazzi si erano prefissati in età scolastica, ma il desiderio di sfruttare il talento della propria prole per ottenere i propri di obiettivi, finanziari in primo luogo. Questa pressione esercitata dai "padri padroni” che vedono i propri figli dei meri oggetti per il proprio investimento personale o per la realizzazione di un proprio sogno mancato, si è da decenni manifestata in un po' tutte le discipline e coprendo tutti i livelli agonistici, da quello di top star internazionale, fino all’amatore della domenica che non è poi riuscito a realizzare ciò che i genitori volevano conseguire attraverso di lui. Fra i tanti, forse l’esempio più significativo e famoso è quello del tennista statunitense Andrè Agassi.

Il padre Mike, vide nei figli, il minore in particolare, un mezzo sul quale inseguire il proprio riscatto sociale, per lui emigrato iraniano negli States negli anni cinquanta. Prima ancora che Andrè imparasse a camminare, il padre gli mise in mano una racchetta da tennis ed in seguito esercitò su di lui fortissime pressioni, imponendo all’allora variopinto ragazzo allenamenti infiniti che come poi lo stesso kid di Las Vegas raccontò nella sua bellissima autobiografia “Open” che gli fecero persino detestare il tennis ed il padre allenatore stesso: ”Da ragazzino avevo odiato il tennis, vivevo nella paura di mio padre che mi voleva campione a tutti i costi.”

Fortunatamente, però, negli sport vi sono anche esempi positivi di genitori che con passione ed umiltà, insegnano ed aiutano i propri figli a perseguire i loro sogni senza metterli minimamente sotto pressione pensando che un giorno debbano necessariamente poi diventare dei numero uno al mondo. Nella piccola Lettonia, ad esempio Ingus Eiduks, si può benissimo considerare un modello per come ha allevato e coinvolto i propri figli nel coltivare le loro, ma allo stesso tempo proprie, passioni di famiglia.

Ingus Eiduks seguiva lo sport ed allo stesso tempo i figli col cuore, perché le cose legate allo sport erano molto vicine a lui. Ingus, tristemente scomparso due anni or sono, era padre, allenatore ma anche insegnante a scuola. Oltre a promuovere i suoi sette figli allo sport, sci di fondo e biathlon, ha prima di tutto trasmesso loro, coscienziosità, disciplina, perseveranza, determinazione, pensiero strategico, tutte qualità che lui stesso possedeva. Ingus Eiduks, insieme a sua moglie Anita, ha spinto i suoi figli al top non solo nello sport, ma anche nella vita. Pensava al futuro, quindi raccomandava e indirizzava sempre i suoi figli a ottenere un'istruzione superiore per non perdersi poi nella vita lavorativa dopo aver praticato sport. Tutti i sette figli di Ingus, sei maschi ed una femmina, hanno, a seconda delle loro possibilità, avuto prima dei buoni successi in Lettonia e successivamente a livello internazionale, come il maggiore Valts che è stato il primo in famiglia a partecipare ai Giochi Olimpici, o Krists, ottimo sesto nei Mondiali junior di biathlon, il più giovane Edijs due volte qualificato per i Mondiali Junior di sci di fondo, o la sola ragazza di famiglia la più conosciuta Patricija, pettorale verde di miglior under23 la scorsa stagione.

La ventitreenne “Pace”, come viene comunemente chiamata in famiglia e dai suoi più cari amici, non può che ricordare il papà con parole di grande stima ed affetto: ”Mio padre è stato insegnante di sport nella sua vita, ma ha anche insegnato a scuola. La cosa principale che ho ereditato da lui è la disciplina,il come gestire correttamente il proprio tempo durante una giornata e come spingersi oltre nei momenti più difficili. Lui è stato non solo il mio allenatore di sci di fondo ma anche il mio allenatore nella vita al di fuori dello sport e ho imparato tutto da lui. Ero piuttosto giovane quando ho iniziato a viaggiare in giro per il mondo per le competizioni. Ad esempio avevo sedici anni quando sono andata ai miei primi campi di allenamento senza di lui. In quei giorni ero lì sola ad allenarmi e lui mi stressava sempre perché sapeva bene cosa avevo nel mio programma giornaliero e si assicurava sempre che anche lontana da casa seguissi la sua disciplina. Da lui ho imparato tutto ciò che riguarda lo sci di fondo, come i piani di allenamento da seguire, la tecnica di sciata corretta, la preparazione dei materiali ecc. Mentre al di fuori dello sport, mi ha insegnato ad essere una brava persona ad una brava allieva a scuola, perché per lui era importante che i miei voti fossero buoni. Se non fossi stata brava a scuola avremmo deciso di fermare gli allenamenti e la mia attività nello sci di fondo. Ma probabilmente sono riuscita a fare entrambe le cose con grandi risultati e sono felicissima di averlo avuto come allenatore e come papà.”

Tutti i figli di Ingus Eiduks hanno iniziato con lo sci proprio perché anche lui in gioventù era stato un discreto sciatore in Lettonia, e come i fratelli maggiori anche Patricija ha iniziato con lo sci di fondo a soli tre anni seguendo gli allenamenti dei fratelli e comunque sempre divertendosi con mamma e papà. Ingus notò subito che a lei piaceva sia lo sci di fondo e sia l’allenamento che svolgeva sin da bambina assieme ai fratelli. In breve il padre diventò il suo allenatore e lo sarebbe stato come unico coach sino alle Olimpiadi coreane del 2018, dove l’allora appena diciottenne nativa di Vecbebri fece il suo debutto nella manifestazione a cinque cerchi nello sci di fondo dei grandi.

Il piccolo villaggio di sole cinquecento anime di Vecbebri, sito nella municipalità di Aizkraukle e posto ad una cinquantina di chilometri ad ovest del più conosciuto centro lettone del fondo di Madona, è dove “Pace” ancora oggi risiede con la famiglia e dove si rifugia al termine della stagione. Località, conosciuta in patria per il suo caratteristico castello del diciannovesimo secolo, cui lei è da sempre legata ma che a suo avviso non è proprio ottimale per svolgere al meglio ora la sua professione di fondista: “Se devo dire il vero questo non è un posto adatto per allenarsi per uno sciatore di fondo perché la maggior parte delle volte dovevo spostarmi da qualche altra parte in quanto non era possibile farlo nel modo appropriato nella mia città natale. Lì è possibile fare solo jogging leggero o cose del genere. Per avere migliori possibilità devi guidare per una mezz’oretta fino alla pista da sci più vicina in inverno o un'ora verso il tracciato da skiroll più vicino. Mentre in estate anche per una normale sessione di corsa devi prima percorrere trenta minuti a piedi per inoltrarti nella foresta ed avere le giuste condizioni. Ci vuole sempre molto tempo. Ecco perché di solito trascorro il mio tempo per lo più fuori casa. Ad esempio quest'estate la mia programmazione prevede tre settimane di allenamento da qualche parte in Norvegia o in altri campi sulle Alpi e poi per una settimana sono a casa per stare con la mia famiglia, quindi per una vera sessione di sci per allenarsi è meglio se non sono a casa.”

Prima di Pyeongchang 2018, la fondista lettone aveva già preso parte l’anno precedente ai Campionati del Mondo di Lahti terminando la qualificazione della sprint, per lei che è nata coi geni che caratterizzano le fondiste dotate di grande resistenza agli sforzi, in un anonimo cinquantaseiesimo posto. Ancora allenata in solitaria da papà Ingus. Patricija nei Campionati del Mondo giovanili di Goms 2018 ottenne il miglior risultato nella storia del fondo lettone con il decimo posto. Dopo quella stagione, Patricija si volle unire prima alla squadra estone e quello fu il suo primo passo verso uno sci di fondo più professionistico, ed in seguito su invito dell’ex fondista Justyna Kowalczyk si allenò assieme alla squadra polacca che la aiutarono a sviluppare maggiormente anche la tecnica classica, lei che in patria ha quasi sempre esclusivamente masticato il solo pattinaggio. In quegli anni la giovane lettone, stagione dopo stagione, si distinse per un costante crescendo di risultati sia a livello junior prima e di under 23 poi ,con la storica medaglia per la Lettonia sfiorata per poco meno di due secondi in quel di Oberwiesenthal 2020, e sia a livello di Coppa del Mondo, dai primi punti ottenuti nel 2020 a Nove Mesto, al personal best dello scorso anno recuperando fino al quinto posto nel pursuit di 20 km in pattinaggio ad Oberstdorf. Stagione 2022-23 che l’ha vista raggiungere un primo importante traguardo finale portando nella sua Vecbebri, il pettorale verde di miglior under23 nella scorsa stagione di Coppa del Mondo.

 Il mainstream dello sci ha iniziato a notare il tuo nome durante i Mondiali Junior di Oberwiesenthal 2020, nei quali sei arrivata quarta nella 15km mass start in skating, con la medaglia che era a meno di due secondi di distanza. Che ricordi hai di quella gara?

«Fu un risultato a due facce per me. Da un lato ero così felice per questo risultato perché è stato un momento storico per lo sci di fondo in Lettonia ma allo stesso tempo ero anche delusa perché non ero riuscita a finire nella top3 ed andare a medaglia, perché la ragazza svizzera (Siri Wigger) mi aveva superato solo negli ultimi metri. Quindi ero così arrabbiata sul traguardo ma allo stesso tempo felice per questo risultato comunque storico per il mio Paese. La sensazione era molto strana in quell'occasione ma ora, se mi guardo indietro, ovviamente posso dire che sono felicissima per il quarto posto. Significa tantissimo essere in quella posizione perché io vengo dalla Lettonia e le altre ragazze davanti a me provenivano dalla Norvegia (Fossesholm), dalla Svizzera (Wigger) e dalla Polonia (Marcisz), tutte grandi nazioni dello sci di fondo. Per me è ancora un risultato importante che ricordo bene personalmente e per tutti i tifosi lettoni».

  Perché tu hai raggiunto il successo nello sci di fondo e i tuoi coetanei e compagni no? Cosa ti rende così speciale?

«Penso che una delle cose più importanti sia che mio padre sia stato per tutta la mia vita il mio allenatore, e quando tuo padre è il tuo allenatore significa anche che non hai vacanze, spesso hai due sessioni di allenamento al giorno. È stato piuttosto severo con gli allenamenti ma allo stesso tempo con me questo ha pagato, e ne sono felice. Nei miei anni scolastici, accadeva che di solito quando i miei compagni di classe o di squadra uscivano per una festa invece io andavo ad allenarmi. Quindi penso che questo sia stato uno dei motivi per cui io sono arrivata a questo livello. A dire il vero, mi sono sempre allenata molto per tutta la vita».

  Com'è nato il progetto con il Team Aker Dæhlie la scorsa stagione?

«In precedenza mi allenavo assieme alla squadra polacca, ma dopo la stagione 2021-22, sapevo di volere dei cambiamenti nella mia vita e avevo alcune idee per il piano di allenamento che volevo mettere in atto e ho provato ad allenarmi da sola nella prima parte della scorsa preparazione estiva. Ma sapevo anche che prima dell'inverno avrei davvero avuto bisogno di una squadra altrimenti non aveva senso il continuare ad allenarsi senza avere anche una squadra che si prendesse cura di me durante le gare di Coppa del Mondo. Mi sono allenata molto durante l'estate trovando comunque qualche saltuaria collaborazione con qualche squadra. Fortunatamente ho avuto dei buoni contatti in Estonia, e attraverso la Federazione Estone sono entrata nel team Aker Dæhlie. Con loro c'è stato subito un buon legame e sono stati davvero felici di aiutarmi e mi hanno accolta con piacere nella loro squadra, perché volevano sostenere le piccole nazioni e gli atleti con poche risorse come me. Ora posso dire che questo progetto mi ha dato ottimi frutti. Si prendono davvero cura dei miei sci, mi allenano così bene e posso dire solo cose positive su di loro in questo momento, perché sento di far parte di una squadra molto professionale. Vedremo come andrà la prossima stagione, ma il primo anno con loro è stato ricco di cambiamenti rispetto al mio solito allenamento a cui ero abituata. Vedremo cosa porterà la prossima stagione, ma mi sento bene, mi alleno ancora molto e sto imparando molto con gli altri ragazzi della nostra squadra».

  Con il Team Aker Dæhlie hai due allenatori norvegesi: Jostein Vinjerui e Hans Christian Stadheim, cosa hanno di speciale?

«Ad essere onesti, non c'è qualcosa di nuovo o di magico con loro. La magia tutta norvegese è il semplice fatto che tu devi concentrarti tanto sulla tua tecnica. Noi stiamo lavorando molto sulla nostra tecnica per tutta l'estate, e questo lavoro non è mai abbastanza buono, ci sono sempre cose da migliorare riguardo la tecnica di un fondista. So che molte persone si e ci chiedono spesso: ”Cos'è questa magia con i coach norvegesi?” Ma il fatto è che loro si allenano tantissimo e non ci sono segreti speciali, ci sono solo allenamenti ad intensità controllata, tanto lavoro, molta attenzione alla tecnica dell'atleta, buon esercizio in palestra, questo è ciò che li rende così forti. Potrei solo dire che hanno una conoscenza molto elevata dello sci di fondo, cosa che manca in altre nazioni più piccole». 

  Descriviti come fondista. Quali sono le tue caratteristiche?

«E’ in po' difficile per me parlare di me stessa. Ma sono un atleta a cui piace allenarsi molto, e a volte troppo. Non mi fermo mai al giusto tempo e di solito quando mi fermo è troppo tardi o sono già troppo allenata o qualcosa del genere. Ma da questo ho imparato ad ascoltare di più il mio corpo e a volte se mi sento troppo stanca posso saltare una sessione. Nelle gare per essere una fondista migliore penso che mi manchi un po' di aggressività soprattutto nelle mass start e nelle sprint, ecco perché molto spesso tendo a perdere qualche posizione nei gruppi folti forse anche perché non sono abbastanza decisa forse anche a causa del mio fisico che non è massiccio come le altre sciatrici. Sono una sciatrice principalmente da pattinaggio, non una grande fondista in tecnica classica, ma sto lavorando duro nella tecnica classica in questa preparazione estiva, quindi vedremo nel futuro dove spero di ottenere risultati migliori nelle gare di tecnica classica il prossimo inverno». 

  Dai tuoi risultati sembra che tu preferisca la tecnica di pattinaggio. Puoi spiegarci la ragione?

«Sì, perché in Lettonia non c'è molta neve molto spesso durante l'inverno quindi non è possibile preparare a volte tracciati per la tecnica classica ma è possibile sciare in skating. Quando ero molto giovane ho iniziato a sciare solo in pattinaggio e raramente in alternato. Questo è stato, credo, il mio problema durante i miei primi anni in cui ho sciato per molti chilometri a skating».

  Come sta procedendo la tua preparazione estiva dopo la caduta con conseguente rottura della tua scapola, in quel di Lahti?

«Dopo la caduta dello scorso marzo a Lahti, ci è voluto un mese e mezzo per riprendermi adeguatamente e ho dovuto sistemare il braccio e la spalla e non potevo svolgere nessuna attività fisica. Quindi la scorsa primavera ho avuto un periodo di vacanza più lungo. Fortunatamente quando ho rotto la mia scapola a Lahti, la stagione era quasi finita. Ma ora sento che sto lavorando al massimo delle mie possibilità e mi sento ancora più forte di prima. Forse quel tempo in più che ho passato a casa con la mia famiglia ed i miei amici mi ha dato maggiore energia e forza per questo allenamento estivo. Quindi la preparazione estiva sta procedendo molto bene e spero davvero di vedere questo miglioramento nei risultati del prossimo inverno».

  Ci racconti com'è al momento la situazione dello sci di fondo nei paesi baltici ed in Lettonia in particolare?

«Ad essere sincera posso dire che in Lettonia adesso stiamo migliorando sempre di più, e anche gli sciatori più giovani stanno facendo buoni progressi. Direi che alcuni anni fa la Lettonia nello sci di fondo non era una buona nazione come lo siamo noi adesso. E vedo che anche agli atleti non professionisti piace molto più di prima uscire e sciare, molto più rispetto a qualche anno fa. Anche la popolarità del fondo nel mio paese sta crescendo, ed è molto bello. Abbiamo atleti più forti nelle categorie junior e ne sono piuttosto orgogliosa perché anni fa nessuno poteva credere che fossimo in grado di raggiungere un livello così alto e risultati così alti in questo sport. Per quanto riguarda gli Stati baltici, ovviamente l’Estonia ha avuto una storia nel fondo più importante e sono stati una buona fonte di ispirazione per noi in Lettonia perché abbiamo sempre considerato l’Estonia come un modello da seguire e da imparare da loro. Durante la stagione Olimpica 2018 ero con la squadra estone e mi hanno aiutato a migliorarmi. L'Estonia in passato ha avuto anche grandi atleti e campioni olimpici mentre in Lettonia non siamo ancora così bravi come loro, ma siamo sulla buona strada».

  Cosa pensi delle tredici gare sprint incluse nel calendario di Coppa del Mondo della prossima stagione? Non sono troppe e troppo penalizzanti per sciatrici di resistenza come te?

«Io non sono una velocista, ma va bene così. Cerco di gareggiare sempre nelle sprint, ma sono pessima, soprattutto nelle sprint a tecnica classica. Ma senza le sprint, anche per gli sciatori di fondo sarebbe difficile sopravvivere, direi, perché se stai lottando per la classifica generale allora devi fare sia le gare di distanza e sia le sprint. Tredici gare sono tante, ma va bene così, non posso sinceramente farci nulla».

  Due stagioni fa in un'intervista al quotidiano Jauns.lv hai detto che con gli atleti nordici non vi erano grandi comunicazioni sentendosi loro superiori. É cambiata la situazione con loro in questi due anni?

«Certo, ora è molto diverso, perché quando ti avvicini a loro, quando li conosci meglio, tutto cambia e ora dico che sono persone così amichevoli e gentili con me. Anche adesso quando mi alleno con loro in Norvegia e andiamo a sciare e li incontriamo, sono così gentili che mi invitano per alcune sessioni di allenamento insieme. Forse da fuori questo può apparire in modo diverso sentendosi superiori a causa della loro grande tradizione e dei loro tanti successi nello sci di fondo, ma quando li conosci più da vicino la tua opinione cambia».

  Hai trovato anche amici veri nel circuito di Coppa del Mondo?

«Per quanto riguarda me, soprattutto durante la scorsa stagione ho avuto tanti buoni contatti, forse non veri amici, ma ottime connessioni con gli atleti di altre nazioni. Quando diventi un atleta migliore, allora hai la possibilità di avere più amici, e nella nostra squadra c'è una squadra internazionale che ci lega tutti assieme. Nella nostro Team Aker Daehlie ho incontrato tanti nuovi atleti, per esempio con Sophia Laukli dagli Usa, Katerina Janatova dalla Repubblica Ceca e con tutti i ragazzi britannici e gli allenatori e le fondiste norvegesi ci sentiamo molto legati. Posso davvero dire di avere così tanti amici in questo momento».

  L'anno scorso hai conquistato il pettorale verde come migliore atleta under 23. Qual è il tuo obiettivo per la prossima stagione? Trasformare il pettorale verde in giallo, ora che hai 24 anni?

«Non ancora. Non ancora. Ma fortunatamente nella prossima stagione non ci saranno né Mondiali né Giochi Olimpici, quindi ho provato cose nuove nella preparazione estiva in vista delle prossime manifestazioni. Mi sto allenando in un modo un po’ diverso, direi che per me sarà una stagione un po’ sperimentale. Ma i miei obiettivi saranno di sciare veloce durante il Tour de Ski e per quanto riguarda la classifica generale vorrei stabilizzare i miei risultati sempre nella top 20. Quindi questo è il mio obiettivo per la prossima stagione, al momento le mie aspettative non sono cosi alte da indossare il pettorale giallo». 

Paolo Romanò

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