| 15 aprile 2017, 07:28

L'esempio di Veronika Broll: "Mi impegno al massimo per diventare una fondista professionista, ma non lascio lo studio"

La talentuosa trentina ha avuto una stagione costellata da diversi malanni: "Dopo i tanti problemi avuti nell'ultima stagione, ho ancora più motivazioni in vista del prossimo anno; frequento l'università perché è giusto crearsi anche un percorso alternativo; ho fatto tanti sacrifici per il fondo, ma ne è valsa la pena"

L'esempio di Veronika Broll: "Mi impegno al massimo per diventare una fondista professionista, ma non lascio lo studio"

Coraggio, caparbietà, determinazione e voglia di impegnarsi, qualità che non mancano a Veronika Broll, nello sci di fondo come nello studio. L’atleta trentina (anche se è nata a Bolzano, è in realtà residente a Castello di Fiemme, paese originario della sua famiglia) è reduce dalla sua ultima stagione da junior ed è pronta ad affacciarsi tra i senior. Nello stesso tempo ha deciso di non lasciare lo studio, scegliendo di frequentare l’università di Trento, dove studia Lingue Moderne. La ventenne fiemmese vuole giocarsi tutte le sue carte, ha le idee chiare da sempre su cosa desidera, la giusta determinazione per lottare e soffrire per raggiungerla. Come quando a tredici anni, senza paura, se ne è andata da casa per studiare a Malles, imparando una nuova lingua, pur di inseguire i suoi sogni. Veronika Broll, aggregata con il CS Carabinieri nell’ultima stagione, è una ragazza molto più matura rispetto a quanto non sia scritto sul suo passaporto, come ha confermato anche nell’intervista che segue.

Ciao Veronika. Come giudichi la tua ultima stagione da junior?
«In generale sono contenta per quello che sono riuscita a fare. Ho disputato delle belle gare sia in Coppa Europa sia ai Mondiali Giovanili. Sono stata molto contenta di essere riuscita ad arrivare in forma all’appuntamento clou della stagione. Purtroppo poi sono arrivati diversi problemi di salute, un vero e proprio calvario. Ho preso una bronchite, poi un batterio streptococco che mi ha causato febbre altissima, placche e tonsillite, costringendomi ad andare sotto antibiotici. Volevo arrivare a tutti costi alla fine della stagione e ci sono riuscita trascinandomi però dietro un sacco di problemi. Il finale è stato tutt’altro che positivo, ma ho voluto comunque provarci. Ho sofferto molto questa situazione, perché ho lavorato tanto tutto l’anno, mi sono impegnata moltissimo e non sono riuscita a raccogliere i frutti che volevo per un fattore esterno che non potevo controllare. Sono però fiera di aver fatto tutto quello che ho potuto».

Hai partecipato ai Mondiali Giovanili negli Stati Uniti. Che tipo di esperienza è stata?
«Avevo avuto la fortuna di essere già stata negli USA tre anni fa, quando avevo vinto una borsa di studio, che mi aveva consentito di viaggiare tra New York e il Vermont. Era un premio della scuola per lo studente che al termine del terzo anno aveva la media scolastica più alta: dieci giorni negli USA, in Vermont, nella sede della scuola gemellata con quella di Malles, che frequentavo. Quella, però, rispetto a quest’ultima, era stata praticamente una vacanza. Tornarci da atleta, con tutta la squadra, è stato bellissimo, perché ogni sportivo sogna di girare il mondo per gareggiare. Tra noi, poi, si è creato un bel gruppo, c’è stato un forte spirito di squadra, perché siamo stati tutti insieme all’interno della stessa casa, anche con i ragazzi delle altre discipline. È stata un’esperienza molto forte».

Ti è dispiaciuto restare fuori dalla staffetta che ha poi vinto l’argento?
«A chi non sarebbe dispiaciuto? Sicuramente all’inizio ci sono rimasta male, perché, al di là di quello che è poi stato il risultato finale, un atleta vuole sempre far parte della propria staffetta nazionale. Vengono però fatte delle scelte tecniche in un preciso momento e in determinate condizioni. Un atleta deve imparare a capirle ed accettarle, così ho fatto io. La domenica, però, ho tifato per loro e alla fine ho fatto festa per quel bellissimo argento».

L’inizio di stagione è stato subito molto positivo, con tre piazzamenti tra le migliori dieci nelle prime due tappe di Coppa Europa.

«Si, diciamo che la stagione è partita col botto (ride ndr). Ho subito ottenuto un bel quinto posto in Coppa Europa, che non mi aspettavo. Poi ho fatto alcuni piazzamenti tra le prime dieci, tanto che sono entrata presto nel gruppo rosso. Ero molto felice, infatti, per quanto stavo raccogliendo nei primi mesi della stagione. Poi sono arrivati i problemi, che mi hanno limitata molto. Proprio questo fa più male, perché uno impara a conoscere le proprie potenzialità, sa dove vuole e può arrivare, quando giungono questi problemi inattesi che te lo impediscono».

Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
«Non voglio guardare, per il momento, troppo in là. Innanzitutto devo approfittare di questo mese, in cui si fanno meno ore di allenamento, per studiare e recuperare l’università, che inevitabilmente nel corso dell’inverno ho trascurato un po’. Quando poi riprenderemo la preparazione, insieme agli allenatori, identificheremo quelli che saranno gli obiettivi».

Dopo una stagione come quella appena terminata, hai grande voglia di riscatto per la prossima?
«Ho tantissima voglia di riscatto. Avevo delle motivazioni molto alte già lo scorso anno, perché per me era la prima stagione in nazionale, avevo tanta voglia di fare bene e dimostrare il mio valore. Ora ho ancora maggiori motivazioni per la prossima stagione, perché non ho avuto la possibilità di mostrare le mie qualità, a causa di questi continui malanni».  

Torniamo indietro nel tempo: come hai iniziato a fare fondo?

«Ho cominciato a sciare quando avevo 5 anni. È stato mio papà il primo a portarmi sulla neve, poi sono entrata nello sci club del mio paese, il GS Castello di Fiemme, che ringrazio. Facevo spesso avanti e indietro, perché i miei genitori vivevano a Bolzano, ma ogni weekend venivamo qui, dove avevo tutti gli amici».  

Hai avuto difficoltà nel conciliare scuola e sport?
«Ho avuto la fortuna di frequentare la scuola a Malles, in Val Venosta, un istituto specializzato per gli atleti, dove, oltre a studiare, si praticano gli sport invernali. Ho avuto qualche difficoltà all’inizio dal punto di vista linguistico, perché è una scuola in lingua tedesca e io fino alle medie avevo sempre studiato in scuole italiane. Non è stato semplice adattarsi subito, anche perché ero stata costretta ad allontanarmi dalla mia famiglia e andare a vivere a Malles. A tredici anni non è certo facile andare via da casa e tornare soltanto nei weekend in cui non sono previste gare. Sono state scelte e anni difficili, ma se sono arrivata dove sono adesso, lo devo anche a questi sacrifici che ho fatto e dei quali sono stata ripagata».

La tua passione per lo sport doveva essere già enorme per spingerti a fare una scelta del genere ad appena tredici anni.
«Era ed è tantissima. In molti mi fanno notare che, a tredici anni, ho fatto la scelta che solitamente un ragazzo prende in età universitaria. Non so cosa mi sia passato per la testa in quel momento (ride ndr), ma è stata la scelta giusta, perché ho trovato delle ottime persone, che mi hanno seguita con grande attenzione, e dei buoni amici. È stata un’esperienza dura, ma molto bella».

Ora hai fatto un’altra scelta importante: quella di proseguire gli studi, frequentando anche l’Università.
«Si, studio Lingue Moderne a Trento. Ho scelto di proseguire con gli studi, perché mi è sempre piaciuto studiare e avevo fatto una bella maturità. Sono convinta che serva una seconda strada, un piano B, se non dovessi riuscire a diventare una professionista. Per quanto un’atleta possa impegnarsi e mettercela tutta quotidianamente, allenandosi con il massimo impegno ogni giorno, non si può comunque prevedere tutto, l’imprevisto e la sfortuna sono sempre dietro l’angolo. Per questo motivo è giusto crearsi anche una seconda opzione, che rappresenta anche una sicurezza in più dal punto di vista mentale. Per me è importante sapere che, se le cose non dovessero andare bene con lo sport, ho un alto obiettivo e scopo nella vita. Sia io sia Anna Comarella abbiamo fatto questa scelta».

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Innanzitutto stare bene fisicamente. Ho capito quest’anno che un atleta può fare mille progetti e avere tanti sogni, ma se la salute non c’è, le cose non funzionano. Quindi la cosa più importante è stare bene e continuare a lavorare come ho fatto fino ad ora, impegnarmi ogni giorno con costanza e passione, sperando che la fortuna mi faccia star bene per poi ottenere dei risultati positivi».     

Nel poco tempo libero che hai a disposizione cosa ti piace fare?
«Oltre al mio hobby invernale rappresentato dall’università e lo studio nelle poche ore libere dall’allenamento (ride ndr), quando ho tempo mi piace molto leggere, oppure andare in montagna e stare a contatto con la natura. Questo mi mette in pace con me stessa. Quando ho tanti pensieri, mi piace passeggiare al sole e ricaricare le batterie».

C’è un atleta che stimi in modo particolare?
«Tifo sempre per gli atleti italiani. Tra gli altri mi piace molto Jessica Diggins, che mi ha impressionato, perché è riuscita a fare bene in molte specialità differenti. Inoltre è sempre solare, sorride moltissimo ed è un ottimo esempio per tanti».

Vuoi ringraziare qualcuno per dove sei arrivata fino a oggi?
«Non posso nominare una persona alla volta, altrimenti rischierei di dimenticare qualcuno. Dico grazie alla Salomon e a KV+ per i materiali; il Centro Sportivo Carabinieri, che come aggregata mi ha dato un ottimo sostegno; gli allenatori, i tecnici e i fisioterapisti della FISI e quelli avuti lungo la mia strada; infine, ma non ultimi, i miei genitori, perché senza di loro nulla di ciò che ho fatto sarebbe stata possibile»

Giorgio Capodaglio

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