| 06 giugno 2017, 07:29

La voglia di Daniele Varesco: "Non vedo l'ora di tornare a saltare"

Il giovane saltatore delle Fiamme Oro, classe '95, è vicino al rientro dall'infortunio che l'ha fermato nella passata stagione

La voglia di Daniele Varesco: "Non vedo l'ora di tornare a saltare"

La sua voglia di tornare a saltare è più forte della sfortuna, che l’ha fermato lo scorso inverno, quando si è rotto il legamento crociato del ginocchio nel corso di un allenamento. Daniele Varesco sta lavorando duramente, ha fatto tante ore di fisioterapia e di palestra per recuperare il tono muscolare e tornare a fare quello che ama da quando era bambino: saltare da un trampolino. Una passione che lo accompagna da quando aveva sei anni, superando anche le paure della mamma, che oggi è la sua prima tifosa. Il giovane di Cavalese non vede l’ora di tornare ad allenarsi, stimolato anche dalla possibilità di lavorare con Kruczek, come ha ammesso nella seguente intervista.

Ciao Daniele, intanto dicci come stai.
«Bene, sono in fase di recupero e sto lavorando per tornare in forma il prima e il meglio possibile. In questo momento non so ancora con certezza quando tornerò a saltare, mi auguro di farlo prima che inizino le gare, quindi già questo fine mese».

Che tipo di lavoro stai facendo in questo momento?
«Tanta palestra per recuperare il tono muscolare, alternata ad alcuni esercizi di equilibrio per la stabilizzazione del ginocchio e a cicli di fisioterapia».

Immagino sia difficile restare tanto tempo senza scendere da un trampolino.
«Mi manca tanto saltare ed è molto dura restare fuori, specialmente quando vedo i miei compagni che saltano. Non vedo l’ora di tornare».

Un peccato essersi fermato alla vigilia della prima stagione con Kruczek, allenatore stimato da tutti.
«Si, questo è un motivo in più di amarezza e anche bello grande. L’infortunio è arrivato in un momento nel quale stavo crescendo, stavo cominciando a vedere i risultati dell’allenamento fatto in estate e le cose giravano bene. Per me è stato un brutto colpo nel momento in cui ho capito che mi sarei dovuto fermare, ma grazie alle parole dei miei allenatori sono riuscito ad assimilare meglio il fatto di dover stare fermo e oggi sono positivo per la stagione che verrà».

Cosa ti hanno detto in quel momento?
«Mi hanno detto che, seppure saltare la stagione era una cosa di per sé negativa, dovevo guardare il lato positivo. Fermarmi mi avrebbe dato la possibilità di ricostruirmi da zero, soprattutto fisicamente, visto che vengo dalla combinata».

Hai mai avuto un momento di sconforto nel periodo dell’infortunio?
«Quel momento è arrivato con la risonanza, perché avevo capito che mi ero fatto male, ma non credevo fosse tanto grave. Gli esami sono stati una brutta botta, ma poi ho imparato ad accettare quanto accaduto, ho deciso di non pensarci troppo ed essere fiducioso, cogliendo comunque i lati positivi».

I tecnici ti hanno dimostrato fiducia inserendoti nella squadra B.
«Anche questo mi ha dato un’ulteriore motivazione, perché si vede la fiducia che in me hanno lo staff e la federazione».

Quali sono i tuoi obiettivi?
«Nell’immediato è quello di tornare presto al massimo della forma e saltare bene. Poi ho un altro obiettivo, che è anche il sogno di ogni atleta: partecipare alle Olimpiadi. Se non fosse già a PyeongChang, spero sarà a Pechino».

Torniamo indietro nel tempo: com’è nata la tua passione per il salto?
«È cominciato tutto con i Mondiali di Sci Nordico del 2001, quando andai a vedere la gara di salto a Predazzo insieme a mia zia. In quel momento mi sono subito appassionato, al punto da dirle che un giorno mi avrebbe visto saltare. Ci sono riuscito. Ecco diciamo che in quel momento è stato un po’ più complicato convincere i miei genitori, perché mia mamma era molto spaventata. All’inizio non volevano, intanto avevo proposte di diverse società per iniziare, ho insistito tantissimo a casa e alla fine mamma ha ceduto. Oggi mi segue in ogni gara (ride ndr)».

Cosa ti piace del salto?
«In un primo momento soprattutto l’adrenalina per il cambio dal trampolino piccolo a quello grande, perché si ha un po’ di paura, ma quando stacchi hai una scarica bellissima. Inoltre mi piace tantissimo il volo, quando ti senti leggero ed elimini tutto quello che sta intorno, pensi solo a quello».

Inizialmente sei stato combinatista: come mai hai deciso di dedicarti esclusivamente al salto?
«Fino a tre anni fa ero combinatista, poi sono passato esclusivamente al salto. La scelta era obbligata, perché in Italia ottenevo degli ottimi risultati, ma non appena mettevo il naso fuori dai confini nazionali, andavo bene nel salto ma non ero competitivo nel fondo. La scelta si è dimostrata azzeccata».

Con il passaggio al salto sei riuscito anche a entrare nelle Fiamme Oro.
«Ci ho sempre sperato e con il passaggio al salto ho visto che c’erano possibilità più concrete di raggiungere questo obiettivo. Due anni fa sono riuscito ad arruolarmi nella Polizia di Stato, che ringrazio per il sostegno che mi dà in ogni momento, perché investe e punta tanto su noi atleti e ha fatto in modo che la mia passione si trasformasse in un lavoro. Inoltre, insieme alla Federazione, le Fiamme Oro mi sono state molto vicine, mi hanno aiutato e supportato sempre, ma in particolare nel periodo dell’infortunio».

La FISI ha puntato molto sul salto, portando tecnici del calibro di Kruczek e Zwitter.
«Una cosa che fa tanto piacere a noi atleti e ci mette nuovi stimoli, perché ci ha fatto capire quanto il salto sia importante come movimento. Se vedo i risultati ottenuti dai miei compagni nel corso dell’ultimo inverno, si vede che è stata fatta la scelta giusta».

I risultati dei tuoi compagni ti hanno messo un’ulteriore carica?
«Si, perché hanno dimostrato che il lavoro fatto dallo staff tecnico sta pagando. Evidentemente si sta lavorando bene e ho capito che nel corso di una stagione si può migliorare tanto».

A proposito, che tipo di lavoro stavano impostando i tecnici con te prima dell'infortunio?
«Soprattutto mentale, perché atleticamente stavo bene ed ero in ottima forma. Mi mancava però la tranquillità nel gestire alcuni momenti di gara, nei quali tendevo a fare sempre qualcosa in più del dovuto, finendo in questa maniera per rovinare tutto ciò che avevo imparato nell’allenamento. Ripartirò da qui»

Giorgio Capodaglio

Ti potrebbero interessare anche:

In Breve