| 14 giugno 2017, 07:26

La determinazione di Alice Canclini: "Voglio migliorare tecnicamente e salire di livello"

La fondista lombarda dell'Esercito vuole ripetere la rincorsa fatta lo scorso anno dalla sua amica Elisa Brocard: "Ha dimostrato che si può risalire e arrivare anche ai Mondiali; il mio sogno di diventare professionista? È nato da bambina, quando mi misero in braccio a Manuela Di Centa"

Alice Canclini (Pentaphoto: Andrea Solero)

Alice Canclini (Pentaphoto: Andrea Solero)

Ha appena iniziato la preparazione con il Centro Sportivo Esercito, insieme a Martina Vignaroli ed Elisa Brocard, che ormai sono qualcosa in più di semplici compagne di squadre, delle amiche. Un gruppo unito e forte, l’ideale per Alice Canclini, atleta che ha vinto moltissimo a livello giovanile, ma non è riuscita a ripetersi, fin qui, una volta entrata nelle senior. Ha voglia di farlo la giovane lombarda, classe 1994, che dalla prossima stagione non sarà più Under 23 e punta a risalire la china, imitando la compagna di squadra Elisa Brocard, che nell’ultima stagione, partendo dagli allenamenti con l’Esercito, è arrivata fino ai Mondiali. Alice sogna di ripetere quanto fatto dalla sua amica e, magari, strappare la qualificazione per le Olimpiadi, dove proprio poche settimane prima della sua nascita, si illuminò la stella del suo idolo, Manuela Di Centa, della quale conserva gelosamente una fotografia scattata con lei da bambina. Di tutto questo abbiamo parlato con in questa intervista.

Ciao Alice; com’è stato il ritorno agli allenamenti?
«Un po’ duro, perché ho iniziato tardi, avendo posticipato le vacanze per allenarmi il più possibile sulla neve dopo la fine della passata stagione. Praticamente sono passata dal mare direttamente al raduno con l’Esercito, così ho avuto qualche difficoltà nella prima settimana. Sapevo che sarebbe stato più difficile tornare al lavoro direttamente dalla vacanza, ma avevo bisogno di staccare completamente per ritrovare energie mentali, oltre che fisiche. Superata la prima settimana, però, ora non ho alcun problema».

Quali sono i tuoi obiettivi in vista della prossima stagione.
«Preferisco tenermeli per me e dirvi soltanto dopo se li ho raggiunti o meno. Sicuramente voglio mettere da parte le difficoltà avute nelle ultime stagioni, dopo aver lasciato la categoria junior, nella quale avevo vinto tantissimo, senza nemmeno faticare troppo. L’obiettivo è quindi ritrovare le sensazioni del passato, anche perché da quest’anno non sono più Under 23 e per vincere medaglie dovrò battere le big».

Qual è il tuo giudizio sulla passata stagione?
«Non sono molto soddisfatta, puntavo sicuramente a fare meglio. Mi sono segnata gli errori commessi, per non ripeterli, e anche le cose positive da cui ripartire e, perché no, migliorare. Ho vinto la medaglia d’oro nella Sprint under 23 e vinto un bronzo, sempre Under 23, nella 30km di Santa Caterina. Ero quasi più felice al termine di quest’ultima gara che dopo la sprint, perché non sono mai stata molto competitiva sulle distanze più lunghe. La stagione era partita bene, dopo le prime gare di Coppa Italia, ero anche riuscita a ricevere la convocazione per la sprint di Davos in Coppa del Mondo. Purtroppo in quell’occasione, probabilmente per l’agitazione, ho sbagliato una curva, ma non è detto che mi sarei qualificata se non avessi commesso questo errore. In qualunque caso nelle sprint non si può sbagliare. A Dobbiaco, invece, puntavo ad andare a punti perché c’era meno concorrenza, in quanto si trattava della prima gara post Tour de Ski. Il giorno precedente la gara, ho fatto riscaldamento sotto la neve e ne ho pagato le conseguenze, ammalandomi. Nel corso della qualificazione mi sembrava di essere andata bene, non ho sbagliato nulla, invece non sono riuscita a fare un buon tempo. Tornata a casa ho scoperto di avere la febbre molto alta, una cosa che evidentemente mi aveva condizionata. Purtroppo la settimana di malattia mi è costata anche i Mondiali Under 23. Infatti c’era una sprint in classico a Clusone, decisiva per la qualificazione, alla quale volevo partecipare a ogni costo. Il giorno precedente ho fatto una gara che era obbligatoria per partecipare a quella del giorno successivo e, tornata a casa, ho scoperto di avere nuovamente la febbre. Volevo gareggiare lo stesso, ma gli allenatori hanno deciso di fermarmi».

Hai vinto tantissimo da junior, poi cos’è successo? Come ti sei spiegata le difficoltà avute nelle ultime stagioni?
«Non ho avuto un vero e proprio problema, non ho subito brutti infortuni, quindi non saprei. Magari salendo di categoria, sono anche cambiate le cose e ho fatto più fatica, perché tra i junior è tutto più facile, anche le gare si affrontano in modo diverso. In quella stagione sono stata l’unica atleta a passare direttamente dalla categoria junior alla squadra B, così mi sono trovata con ragazze più grandi e più esperte di me. Ho avuto molte difficoltà soprattutto in allenamento, perché per tenere il loro ritmo ero sempre a tutta. Forse ho speso troppe energie, non mi sono preparata bene e ad agosto, invece di migliorare, sono andata in crisi sia fisica sia mentale. Ho cominciato a pormi tante domande, non sapevo nemmeno se proseguire. Ho deciso comunque di non fermarmi e disputare la stagione invernale, perché non volevo sprecare i tanti sacrifici fatti in allenamento e alla fine ho anche vinto una gara di Coppa Italia. A quel punto ho deciso di continuare, anche se mi sono ritrovata ad allenarmi con il Centro Sportivo Esercito, perché non volevo smettere senza raggiungere i risultati prefissati».

Anche in questa stagione ti allenerai con il centro sportivo, insieme a Martina Vignaroli ed Elisa Brocard; quanto è importante per voi l'esperienza di quest'ultima?
«Scherzando, diciamo sempre che Elisa è un po’ la nostra seconda mamma (ride ndr). Ci siamo trovate molto bene insieme noi tre, una cosa mai scontata in un gruppo di sole donne. Per noi, lei è un bel punto di riferimento, soprattutto con i risultati che ha ottenuto nell’ultima stagione».

In effetti ti ha dimostrato che si può iniziare la preparazione con il centro sportivo e arrivare fino ai Mondiali.
«Lei ci ha dimostrato che si può risalire dalla preparazione con il gruppo sportivo fino al rientro in nazionale e la partecipazione al mondiale. Un risultato raggiunto anche grazie al nostro allenatore, Simone Paredi, con il quale lei, come noi, si trova molto bene. Per quanto mi riguarda, anch’io ho ottenuto parte degli obiettivi che mi ero posta nella passata stagione, ma non tutto, perché puntavo anche al Mondiale Under 23».

Dove pensi di dover migliorare per gareggiare con continuità in Coppa del Mondo?
«È sempre difficile, si parla di livelli molto alti. Ho visto in questi anni quanto le persone che vincono curino veramente tutto. Sicuramente devo migliorare nella tecnica, già da junior mi tartassavano su questo punto, dove sono sempre rimasta indietro. Negli ultimi anni ho fatto molti miglioramenti sotto questo punto di vista, ma devo farne ancora altri perché sto curando le basi. Una cosa è certa: ho un grosso margine di miglioramento».

Torniamo indietro nel tempo: come hai iniziato a praticare sci di fondo?
«Quando ero piccola ho fatto pattinaggio artistico, avevo un’insegnante russa molto rigida, che mi ha insegnato molto sulla disciplina dell’allenamento. Quando lei ha smesso di allenarci, però, siamo rimaste a piedi. In quel periodo, con la scuola, dedicavamo un giorno a settimana allo sci di fondo e l’insegnante disse a mia mamma di iscrivermi a uno sci club perché ero troppo avanti rispetto alle altre bambine, così, visto che ero stata costretta a lasciare il pattinaggio, sono entrata nello Sci Club Alta Valtellina. Nella mia famiglia nessuno era appassionato di fondo, a differenza di quanto accaduto alla maggior parte dei miei colleghi, così mi sono costruita tutto da sola».

Quando hai capito che potevi diventare un’atleta professionista?
«È stato il mio sogno fin da bambina. Vi racconto un aneddoto. Andai a un battesimo insieme ai miei genitori, quando ero bambina, e nello stesso hotel c’era Manuela Di Centa. Quel giorno ho fatto una foto con lei che mi teneva in braccio. Da quel momento ho sempre sognato di essere come lei e diventare un’atleta professionista. Le prime gare sono andate abbastanza bene, anche se le prime trasferte a livello italiano con lo sci club le affrontavamo quasi come un gioco. Le gare in giro per l’Italia erano una scusa per andare a divertirci. Eppure ho raccolto qualche bel risultato e capito che avevo molte carte da giocare, così ho iniziato ad allenarmi molto più seriamente a partire dal primo anno da aspirante, insieme a Tito Romani. Da quel momento ho compreso che non stavo più giocando, ma il fondo poteva diventare un lavoro. Lo vedevo comunque come un sogno lontano, poi ho vinto diverse medaglie sia aspiranti sia junior e nella mia ultima stagione da junior ho fatto il concorso per l’Esercito, riuscendo a entrare».

Il tuo idolo era quindi Manuela Di Centa?
«I miei genitori non seguivano il fondo, ma la conoscevo perché era un personaggio molto famoso quando ero più piccolina. Da quando ho iniziato a seguire questo sport, invece, il mio idolo è Petter Northug. Mi rispecchio tanto in lui per il carattere particolare, un po’ esuberante. Nel mio piccolo, quanto tra le junior vincevo a ripetizione, anch’io mi divertivo a giocare con le avversarie, ero molto sicura di me, rallentavo e acceleravo a mio piacimento».

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Ovviamente le Olimpiadi. Quest’anno potrebbe esserci questa opportunità, ma non sarà semplice, perché c’è tanta concorrenza e tutte lontano per lo stesso obiettivo».

Chi vuoi ringraziare per essere arrivata dove sei oggi?
«Sicuramente il Centro Sportivo Esercito, perché nonostante i problemi finanziari del paese, continuano a fare tanti sacrifici per me. Oltre al centro sportivo ringrazio Simone Paredi, allenatore con cui mi trovo benissimo. Poi ringrazio tantissimo mia mamma, che mi segue in tutto e per tutto, viene a vedermi in ogni gara e, anche se a volte non la vedo, so che è lì e se ne ho bisogno, è pronta a venirmi ad aiutare, anche dandomi una giacca se ho freddo. Infine, dico grazie anche al mio ragazzo, Roberto Nani, che nonostante sia molto impegnato nella sua carriera di atleta nello sci alpino, mi è sempre vicino e mi ha aiutata davvero molto a crescere».

Giorgio Capodaglio

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