Pochi giorni fa, lo scorso 29 agosto, ha compiuto 25 anni. Thomas Bormolini è una delle giovani promesse del biathlon italiano e vista l’età potrebbe essere tra i protagonisti del Mondiale 2020, appena assegnato ad Anterselva. Ha bisogno però di ritrovare quella tranquillità e libertà mentale che gli ha consentito di ottenere, nel giorno del suo esordio in Coppa del Mondo, un fantastico 19° posto, miglior risultato della sua ancor breve carriera. L’abbiamo disturbato durante la preparazione, per sentire da lui come stanno andando le cose in vista della prossima stagione.
Ciao Thomas, come sta procedendo la fase di preparazione?
«Molto bene. In questo periodo stiamo alternando settimane con carichi di lavoro a delle settimane di recupero. Tutto sta andando secondo programma, senza intoppi».
Quale obiettivo ti sei posto in vista della prossima stagione?
«Quello di fare bene e concludere le gare sapendo di aver fatto il massimo che è nelle mie possibilità sia al tiro sia dal punto di vista atletico in pista. Voglio affrontare ogni gara con le giuste motivazioni e sempre carico. Poi ovviamente ci sono i Mondiali, che rappresentano il mio obiettivo principale, ma per esserci dovrò dimostrare il mio valore nel corso della stagione».
Come giudichi la tua ultima stagione?
«Non in modo positivo, perché non sono per niente contento e soddisfatto di come è andata. In troppe gare non sono riuscito a completare il mio lavoro, non ho tirato fuori il meglio di me. Oggi devo ripartire dalle cose positive che ci sono state per affrontare al meglio la stagione».
Dove ritieni di dover migliorare?
«Il livello della Coppa del Mondo è talmente alto che bisogna migliorare in tutto sia al tiro sia fisicamente. Anche perché le prime trenta posizioni della Coppa del Mondo possono variare da un momento all’altro e non bisogna quindi mai accontentarsi».
A differenza di altri atleti, nel 2014 sei riuscito ad andare a punti nel giorno del tuo esordio in Svezia, arrivando addirittura 19°, poi nel corso della stagione non sei riuscito a ripeterti; come mai?
«La spiegazione è semplice: quella stagione l’ho preparata per stare in IBU Cup, dove hai meno pretese e stress rispetto alla Coppa del Mondo. L’esordio andò divinamente, perché ero quasi su una nuvola tutta mia, non avevo nulla da perdere e nessuno stress. Questo mi ha quindi portato a fare delle ottime gare all’inizio, ma non avevo nelle corde tre settimane consecutive di gare, perché non c’ero abituato. Così dopo Oslo non ne avevo più né fisicamente né mentalmente, avendo sviluppato la mia preparazione per un altro circuito».
L’ottimo risultato all’esordio ti ha un po’ condizionato?
«Sono dell’idea che nel nostro sport il livello mentale sia fondamentale, tutto è connesso, così se un atleta sta bene mentalmente renderà al massimo anche fisicamente. Al contrario se il livello di stress è troppo alto, vengono meno anche le energie. Purtroppo dopo il 19° posto nella gara d’esordio ho iniziato a pretendere di più, a crearmi aspettative e questo mi ha portato a mettermi delle pressioni e togliermi tranquillità».
A livello di pubblico com’è stato l’approccio con la Coppa del Mondo?
«Come atmosfera non esiste nemmeno un paragone con le altre gare, quelle di Coppa Europa in particolare, nelle quali non ci sono tifosi. L’impatto emotivo è altissimo in Coppa del Mondo, ci sono tanti tifosi, i fan dei vari atleti. È molto bello e divertente per noi».
Perché hai scelto il biathlon e quando hai capito che sarebbe stato la tua professione?
«Ho iniziato guardando mio fratello maggiore Luca, così a 13-14 anni ho provato a sparare per la prima volta con la calibro 22 e mi è piaciuto. L’anno seguente ho quindi deciso che avrei fatto solo il biathlon, abbandonando lo sci di fondo. Sin dall’inizio ho pensato che sarebbe stato la mia professione, perché il mio carattere mi porta sempre a voler raccogliere il massimo da tutte le cose. Sapevo dove volevo arrivare».
Domenica scorsa sono stati assegnati i Mondiali del 2020 ad Anterselva; speri di essere tra i protagonisti? Può essere uno stimolo in più?
«Non devi neanche chiedermelo, è certamente uno stimolo in più, perché si corre in casa. Certo, poi vedremo dove sarò, se andrà tutto bene nei prossimi anni e se sarò ancora un atleta. Preferisco sempre guardare anno per anno. Certamente sono felicissimo ci sia stata data questa opportunità, perché sarebbe fantastico poter gareggiare in casa con amici e parenti che potrebbero venire a vedermi e fare il tifo per me».
L’obiettivo di Thomas Bormolini: “Voglio concludere ogni gara sapendo di aver fatto il massimo”
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