| 06 febbraio 2020, 18:02

METEORE - Intervista a Syver Berg-Domås, una stella mancata del biathlon

Il norvegese fu il primo capace di conquistare tre medaglie d'oro individuali in una sola edizione dei Mondiali juniores. Ci ha raccontato direttamente le difficoltà avute nell'emergere ai massimi livelli

Syver Berg-Domås nel suo ruolo di allenatore

Syver Berg-Domås nel suo ruolo di allenatore

Che fine ha fatto? E' una domanda che spesso mi pongo riguardo agli sportivi delle discipline che seguo con passione sin da bambino, soprattutto quelli che da giovani sembravano dei predestinati e poi non sono riusciti a emergere ai massimi livelli professionistici.

Mi succede con l'atletica e il nuoto dove tempi e misure sono indicatori universali per parametrare e confrontare gli atleti e mi succede con i nostri sport che per cause ovvie, come l'impossibilità di avere condizioni standard di neve o vento, meteorologiche in senso più ampio, non consentono lo stesso approccio.

Ad esempio, ho avuto il privilegio di essere presente sia agli Europei del 2001 che ai Mondiali juniores del 2004 a Grosseto. In quelle occasioni ho potuto ammirare le gesta di due diciannovenni di belle speranze: Elena Isinbayeva e di Aries Merritt.

Futuri (e ancora attuali) primatisti mondiali e campioni olimpici, non erano i soli talenti presenti: la lista dei campioni e medagliati europei, mondiali e olimpici degli anni a venire di quelle rassegne supera la trentina. Nel 2004 doveva esserci pure Usain Bolt, il quale diede forfait per infortunio e anche in virtù di questo ci potemmo godere la doppietta di Andrew Howe.

Okay, ma qua si parla di sci nordico. Questo cosa c'entra? Ora ci arrivo.

Oggi parliamo di uno degli altri, le “meteore”, quei ragazzi e ragazze, sfortunatamente, per un motivo o per l'altro, poi eclissatisi dalla mappa dello sport professionistico, che si sono tolti la soddisfazione di battere a livello giovanile futuri affermati campioni.

Si sono conclusi da pochi giorni i mondiali giovanili di biathlon e la storia del personaggio odierno è proprio legata a questa rassegna.

Syver Berg-Domås, già bronzo nella sprint al primo anno di categoria, fu nel 1999 il primo biatleta in grado di vincere tutti i titoli individuali in palio nella categoria juniores. Il teatro fu il nobile sito sloveno di Pokljuka, dove l'allora astro nascente del biathlon norvegese realizzò una sensazionale tripletta d'oro con 15km, sprint e inseguimento.

Mancò il poker, riuscito al tedesco Fabian Mund un anno dopo, arrivando all'argento con i compagni in staffetta, esattamente lo stesso bottino di Dorothea Wierer a Nove Mesto 2011, che è stata finora l'unica fra le donne a completare la collezione di titoli individuali nella stessa edizione. Sia lo scandinavo che il teutonico vantano un primato meno lusinghiero: dopo queste formidabili imprese giovanili non sono mai riusciti a esordire in Coppa del Mondo.

Per intenderci, Berg-Domås era uno che all'epoca andava sugli sci forte come o più del coetaneo Lars Berger e sparava quasi con percentuali da 95%!

Nato a Dombås il 9 ottobre 1979, Syver ci ha raccontato come mai non riuscì a concretizzare il suo talento. Dopo qualche anno difficile ci provò di nuovo ma il destino cinico e baro si abbatté nuovamente sulle sue ambizioni.

Ciao Syver. Innanzitutto come stai e di cosa ti occupi attualmente?

Tutto bene, grazie. Sono un economista e lavoro in Norvegia come consulente in legislazione tributaria. Gli ultimi anni della mia carriera non avevo più le motivazioni sufficienti per allenarmi e mi sono focalizzato sugli studi.

Parliamo di biathlon, uno sport che negli ultimi anni in Italia si sta guadagnando uno spicchio di maggiore rilevanza mediatica grazie ai successi di Dorothea Wierer, Lisa Vittozzi, Dominik Windisch e Lukas Hofer. Tu di questo sport sei stato una potenziale stella. Qual è il tuo rapporto con il fondo e tiro oggi?

Posso dire che il mio rapporto con il biathlon prosegue ancora oggi. Sono un allenatore regionale e seguo 30 giovani biatleti fra i 15 e i 16 anni. Mi tengono particolarmente impegnato, se no passerei volentieri il tempo a seguire le gare in televisione o sul posto.

Da ragazzino, quando internet non era ancora così centrale nelle nostre vite, sfogliavo gli annuari dell'IBU e vedendo il tuo nome negli albi d'oro pensai che nel giro di qualche anno saresti diventato una stella del biathlon capace di mettere in difficoltà persino Ole Einar Bjørndalen. Che tipo di biatleta eri?

Avevo sicuramente tutto il pacchetto. Ero forte nello sci di fondo e sparavo con precisione e stabilità. Sapevo mantenere il sangue freddo soprattutto nelle competizioni più importanti. Il mio punto debole? Non mi allenavo così tanto come molti miei colleghi.

Dopo quell'incredibile tripletta ai Mondiali juniores di Pokljuka 1999, si sono perse le tue tracce a livello internazionale per almeno tre stagioni. Cosa è accaduto in quel periodo?

Passato in categoria senior sono stato sfortunato perché ho subìto un incidente nel quale mi sono rotto entrambe le braccia. Ripresi ad allenarmi bene nuovamente, ma contrassi la mononucleosi che mi mise nuovamente al tappeto.

Sei poi ripartito dall'IBU Cup nella stagione 2002/03 ottenendo alcune top ten, ma non sei riuscito a raggiungere la Coppa del Mondo per poi ritirarti a soli 25 anni. Cosa è andato storto?

Le mie vicissitudini con la salute non erano finite nel frattempo. Contrassi un virus polmonare delle vie respiratorie che si chiama TWAR (Chlamydophila pneumoniae in terminologia scientifica, n.d.r.) che mi tenne fuori dai giochi per tre anni. Mi allenai pochissimo in questo periodo e dopo essere tornato a competere, mi accorsi che le motivazioni non erano più adeguate al professionismo.

Grazie mille Syver. In bocca al lupo con il tuo lavoro e i tuoi giovani biatleti.

Grazie a voi!

Davide Bragagna

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