Sci di fondo | 12 marzo 2020, 12:19

Fondo - Alexander Bolshunov è nella storia: è il primo russo a vincere la Coppa del Mondo maschile dopo il crollo dell'URSS

Dalla caduta dell'Unione Sovietica nessun russo aveva mai vinto la Coppa del Mondo; Välbe: "Abbiamo aspettato tanti anni per vivere questo momento; ringrazio Alexander per il lavoro che ha fatto"

Foto di Flavio Becchis

Foto di Flavio Becchis

L’ammirevole decisione della nazionale norvegese di fondo di non raggiungere il Nord America, dove sono in programma le ultime due tappe della stagione ha dato una certezza: Alexander Bolshunov è il vincitore della Coppa del Mondo maschile di sci di fondo.

Il campione russo, infatti, era seguito nella classifica generale da ben quattro norvegesi (Klæbo, Golberg, Krüger e Røthe), mentre Niskanen, sesto in classifica è distante ben mille punti. Soltanto Klæbo avrebbe potuto matematicamente ancora batterlo, anche se ovviamente, con 495 punti di distacco la coppa era già chiusa.
Il russo ha vinto la Coppa grazie a nove successi ottenuti nel corso della stagione, compreso il Tour de Ski conquistato con una fantastica azione sul Cermis, dove alla vigilia nessuno lo considerava favorito. Bolshunov è salito sul podio otto volte, sei come terzo classifica e due come secondo.

A 23 anni, compiuti solamente lo scorso 31 dicembre in pieno Tour de Ski, il russo ha messo finalmente da parte quella nomea di secondo, che si era fatto a Seefeld, dove aveva ottenuto quattro argenti mondiali (due individuali), che si sommavano ai tre argenti e un bronzo alle Olimpiadi di PyeongChang. A mancargli era stato fin qui un po’ di acume tattico, la capacità di saper leggere le gare e sapersi muovere con scaltrezza al momento giusto, come aveva dimostrato la 50km del Mondiale di Seefeld. In questa stagione, dopo un inizio difficile a Ruka, il russo ha cambiato marcia anche da quel punto di vista, anzi a volte ha anche esagerato nelle sprint, dove al contrario dovrebbe forse metterla sul duro piuttosto che giocarsela tatticamente. Esclusa però la giornata da incubo vissuta a Meraker, non per colpe sue, la stagione 2019/20 ha elevato il russo a campione, un fondista davvero completo, dalla forza impressionante, ma anche intelligente nel saper agire e attaccare al momento giusto. A volte la sua superiorità è stata così netta che ha dato quasi l’impressione di divertirsi nel combattere da solo contro quattro o cinque norvegesi che hanno fatto di tutto per batterlo.

Grazie al suo successo, poi, Bolshunov ha avuto il merito portare la Coppa del Mondo in Russia per la prima volta dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Un risultato storico, perché per trovare l’ultima volta che un russo ha vinto la Coppa del Mondo, bisogna ripescare addirittura Alexander Zavyalov, che si impose nella stagione 1982-83. Vinse ancora rappresentando l’Unione Sovietica, che sarebbe definitivamente crollata pochi mesi dopo, Vladimir Smirnov, il quale era però kazako di nascita, tanto che rappresentando la bandiera del Kazakistan vinse poi la Coppa del Mondo nel 1993-94. Sorprendentemente, dal crollo dell’Unione Sovietica, solo in cinque occasioni dei russi erano saliti sul podio della generale, prima del successo di Bolshunov, sempre al secondo posto: tre volte Alexander Legkov (2006/07, 2012/13, 2013/14) e in un’occasione Sergey Ustiugov (2016/17) e Alexander Bolshunov (2018/19).

Välbe, che al femminile, di coppe del mondo ne ha vinte ben cinque, l’ha così celebrato: «Abbiamo aspettato tanti anni per vivere questo momento, addirittura dal 1983 quando vinse Zavyalov. La Coppa del Mondo vale di più rispetto a un oro mondiale, perché devi essere al top per l’intera stagione. E coloro che hanno seguito le nostre gare per tutto l’inverno avranno notato quanto sia stata combattuta ogni singola gara. La competizione al maschile è molto dura. Bolshunov è un’atleta meraviglioso, un uomo vero. Gli ho già scritto un messaggio ringraziandolo per il duro lavoro e la voglia che ha sempre mostrato. Ma anche per dire grazie alla sua famiglia, che ha investito tanto su di lui. Sanya è un grande esempio per molti, anche del nostro team»

Giorgio Capodaglio

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