Biathlon | 28 aprile 2020, 20:08

Biahtlon – Patrick Oberegger: “Dopo la passata stagione le mie atlete sono ancora più affamate”

L'allenatore della nazionale norvegese ha parlato a Fondo Italia tra emergenza coronavirus, i grandi risultati delle ultime due stagioni, la reazione di Eckhoff dopo Kontiolahti e gli obiettivi per la prossima stagione"

Biahtlon – Patrick Oberegger: “Dopo la passata stagione le mie atlete sono ancora più affamate”

Nelle ultime due stagioni la Norvegia femminile ha vinto la classifica per nazioni, ma soprattutto ha visto quadruplicare il numero dei propri podi, che sono passati dai 6 del 2018 ai 25 dell’ultima stagione, nella quale sono arrivati ben sette successi di Tiril Eckhoff, le tre vittorie di Marte Røiseland, capace di entrare nella storia conquistando sette medaglie in altrettante gare al Mondiale di Anterselva (cinque ori, un argento e un bronzo) e tre podi di Tandrevold. Uno dei principali artefici di questi grandi successi è senza dubbio Patrick Oberegger, da Anterselva, che dopo anni nello staff tecnico azzurro è passato alla guida della squadra femminile norvegese nella primavera del 2018.

Per parlare dei grandi risultati di una squadra norvegese ancora molto affamata, abbiamo contattato telefonicamente il tecnico italiano, che è rimasto in Norvegia durante il periodo di lockdown, in quella che ormai può considerare la sua seconda patria: «Mi trovo molto bene – ci ha raccontato – anche perché i norvegesi stimano tantissimo noi italiani, non soltanto nel biathlon, ma in generale come lavoratori e apprezzano anche il nostro paese. Fa piacere».

In Norvegia come sta vivendo questa situazione legata all’emergenza coronavirus?
«Solitamente ad aprile torno a casa per stare insieme alla mia famiglia, ma in questa occasione non sarebbe stato logico farlo. Ho sentito i miei, che erano d’accordo con me sul fatto che in Italia non avrei potuto fare nulla, nemmeno visitare mio fratello e la mia nipotina. Sono rimasto quindi qui, dove abbiamo delle restrizioni ma possiamo comunque muoverci un po’. A casa ho avuto il tempo di lavorare al meglio sulla preparazione alla prossima stagione. Non appena sarà poi fattibile viaggiare, ovviamente, troverò il modo di tornare in patria a visitare la mia famiglia. Ovviamente sono a stretto contatto con tutti in Italia, fortunatamente abbiamo tanti mezzi per comunicare. Ho chiamato spesso i miei amici, all’inizio erano tanto preoccupati per il diffondersi del virus, ora sono più tranquilli. Oggi la preoccupazione è più legata all’incertezza economica sul futuro».

In Norvegia qual è la situazione?
«Anche qui ci sono delle restrizioni molto serie. Nonostante la situazione non fosse grave come quella italiana, non hanno voluto correre rischi e per precauzione hanno chiuso tutto. Soltanto ora stanno riaprendo asili e scuole, ma i ristoranti e altre attività del genere restano chiuse. La differenza principale con l’Italia è che qui si è sempre potuto andare fuori a passeggiare, ma non era consentito raggiungere le case in montagna, perché c’era l’obbligo di restare nel comune di residenza».

Avete restrizioni anche per gli allenamenti?
«Certamente. Bisogna mantenere la distanza di due metri e non sono consentiti dei gruppi superiori alle cinque persone. Al momento stiamo allenando gli atleti individualmente, mantenendo sempre la giusta distanza, ognuno deve avere il proprio tappeto o almeno portarsi un copri tappeto, al cannocchiale deve esserci una sola persona, bisogna avere i guanti e disinfettare tutto prima e dopo l’allenamento. I raduni sono stati fin qui proibiti, quindi ci stiamo organizzando anche per dividerci in piccoli gruppi zonali. Io per esempio sto lavorando con le ragazze che ho qui a Oslo e l’altro giorno sono salito su a Lillehammer. Cerco di tenere la situazione sotto controllo, allenando gli atleti singolarmente affinché non entrino in contatto tra loro. In attesa che le cose migliorino, è giusto adeguarsi utilizzando al meglio la propria fantasia. La maggior parte degli atleti si sono allenati ad aprile, alcuni qui al centro per il tiro, altri sono andati a sciare. Ora, nel mese di maggio, staccheranno un po’ e la nostra intenzione è ripartire a giugno in maniera più strutturata, se sarà possibile».
    
In due anni la squadra norvegese è salita da sei a venticinque podi stagionali, un risultato straordinario per lei.
«Quando mi venne fatta la proposta di allenare la squadra norvegese, mi dissero subito che l’obiettivo era di riportare la squadra in vetta alla classifica per nazioni. Qui viene data grande importanza alla vittoria di squadra, ha più valore il risultato collettivo rispetto a quello individuale. Volevamo essere i migliori, quindi, e ci siamo riusciti per due anni consecutivi. Averlo fatto il primo anno era stata per me una bella soddisfazione, ma ripetersi è stato qualcosa di più grande. In generale, vedere che tutto il biathlon norvegese sta andando abbastanza bene ci rende orgogliosi, fa piacere, perché abbiamo delle giovani come Ingrid (Tandrevold, ndr) che stanno crescendo a livello internazionale e altre che stanno arrivando ora in nazionale. Il gruppo della prossima stagione avrà una media d’età più bassa ed è una bella sfida per un allenatore vedere se tutte le atlete riusciranno a confermare in gara ciò che fanno in allenamento. Non tutte hanno la capacità di vincere o diventare delle campionesse, ma l’obiettivo di un allenatore è portare ogni atleta a raggiungere il proprio limite».

Quella appena conclusa è stata una stagione trionfale per voi, che ha avuto però un epilogo amaro con l’ultimo poligono in piedi di Eckhoff a Kontiolahti, che le è costato la Coppa del Mondo. Cosa le ha detto dopo la gara?
«Abbiamo analizzato la situazione. Le ho subito detto che con il passare delle settimane avrebbe rivissuto tutta la stagione e si sarebbe resa conto di quanto bene aveva fatto, che quel giorno le cose non erano andate come avremmo voluto, ma dovevamo essere onesti nell’ammettere che c’era stato qualcuno più bravo di noi. Ho cercato poi di farle capire che se a inizio stagione le avessero detto che avrebbe vissuto un anno del genere, vincendo sette gare e lottando fino all’ultimo per la generale, avrebbe sicuramente firmato. Sia per lei che per Marte (Røiseland, ndr) l’obiettivo iniziale non era la classifica generale, altrimenti avremmo fatto anche delle scelte diverse nel corso della stagione. Se avesse puntato alla generale, per esempio, Tiril non avrebbe saltato la mass start di Pokljuka perché stava male, ma avrebbe gareggiato, in quanto se vuoi vincere la generale devi essere sempre presente. Ho cercato di convincerla del fatto che non aveva perso la Coppa del Mondo all’ultimo poligono, ma che la classifica generale è figlia delle scelte fatte nell’arco di tutta la stagione. Certo, l’ultima serie è stata forse la peggiore della sua stagione, ma può starci, è importante arrivare a vivere situazioni del genere per imparare come comportarsi in futuro. Sarà uno spunto per lavorare e riprovarci. Ho poi aggiunto che fino a quel momento era andato tutto troppo bene nella nostra stagione, sarebbe stato forse troppo vincere anche la classifica generale e da una parte è forse meglio lasciarci qualcosa anche per le prossime stagioni. In conclusione l’ho anche invitata a ricordarsi dove si trovava due anni fa e guardare dove è arrivata oggi, ai passi che ha fatto. Ecco, ora dovrà farne altri più piccolini, sfruttando ciò che avrà imparato da questa esperienza, che le avrà insegnato più di tante vittorie».

Ed Eckhoff cosa le ha risposto?
«Quando ci siamo rivisti mi ha dato ragione, mi ha detto di aver rivissuto tutta la stagione ed effettivamente non si sarebbe mai aspettata di fare così bene. Sapete una cosa? È proprio bello vedere che le atlete di questa squadra sono più affamate di prima, hanno ancora più voglia di migliorare. Insomma quello che abbiamo fatto fin qui sarà soltanto un punto di partenza per la prossima stagione».
    
Quindi non vi nascondete: per Eckhoff e Røiseland l’obiettivo è la vittoria della classifica generale?
«Essere in lotta per la Coppa del Mondo è uno degli obiettivi stagionali, l’ho già detto anche alle ragazze facendo il punto della situazione. Marte è decisa a disputare una stagione intera ad altissimi livelli, cosa che la porterebbe ovviamente a lottare per la generale, mentre lo scorso anno si era posta l’obiettivo di vincere una medaglia individuale ai Mondiali, dove poi è andata anche oltre le aspettative. Per Tiril penso sia più o meno la stessa cosa, perché lei vuole cercare di fare il maggior numero possibile di belle gare ed essere costante. Ovviamente, se dovesse riuscirci, vorrebbe dire alla fine dei giochi essere automaticamente in lotta per la generale. È bello per un allenatore avere delle atlete così decise e determinate. Almeno proveremo a rendere un po’ dura la vita a Doro e Lisa (ride, ndr)».

Un’ultima domanda: può descriverci il gruppo della prossima stagione, al quale si sono aggiunte due nuove atlete?
«Karoline Knotten, pur facendo parte della squadra B, aveva fatto quasi tutta la stagione con noi in Coppa del Mondo, facendo anche molto bene a dicembre. Aveva avuto poi un calo a gennaio e febbraio, ma ciò fa parte del gioco per un’atleta giovane. Ida Lien aveva invece esordito in Coppa del Mondo a Nove Mesto, correndo la staffetta perché Marte era influenzata, dopo aver fatto tutta la stagione in IBU Cup. Entrambe si sono aggiunte al nostro gruppo di lavoro, dal quale sono uscite Solemdal, che ha smesso per dedicarsi agli studi, e Thekla (Brun-Lie), che ha scelto di intraprendere un’altra direzione. Abbiamo quindi perso due atlete esperte, al cui posto sono state aggiunte due giovani. Se togliamo Tiril (Eckhoff) e Marte (Røiseland), entrambe del 1990, quindi quasi trentenni, abbiamo Karoline (Knotten) che ha 25 anni, Ingrid 24, Ida (Lien) ed Emilie (Kalkenberg) 23, una squadra abbastanza giovane in ottica olimpica. Sono curioso anch’io di lavorare con loro, sarà bello osservare l’inserimento all’interno del gruppo e il contributo che riusciranno a dare alla crescita complessiva di tutta la squadra. Karoline è un’ottima tiratrice, Ida ha delle grandi capacità fisiche e la loro presenza potrebbe far migliorare anche le due atlete più esperte»

Giorgio Capodaglio

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