Sci di fondo | 25 novembre 2020, 18:00

Fondo - Panisi, è addio? "Quelle di Bruksvallarna potrebbero essere state le mie ultime gare"

Il lombardo ha deciso di prendersi una pausa: "Nell'anno dell'emergenza covid-19, è impossibile andare avanti da solo senza sponsor e considerazione dalla FISI"

Foto di Flavio Becchis

Foto di Flavio Becchis

Nella passata stagione si è tolto diverse soddisfazioni, salendo sul podio in OPA Cup nella 30km in classico di Pragelato, chiudendo al secondo posto alle spalle di De Fabiani la 15km in skating dei Campionati Italiani, vincendo anche in Coppa di Svezia e guadagnandosi due convocazioni in Coppa del Mondo. Dopo la stagione 2019/20, Gilberto Panisi aveva alte aspettative per quest’anno. L’obiettivo era di partecipare con maggior continuità alla Coppa del Mondo e continuare nel suo percorso di crescita per realizzare il suo sogno di essere un fondista professionista.

In fin dei conti è per questo che il giovane lombardo ha lasciato l’Italia per recarsi in Svezia, dove studia e si allena con il Falun Borlänge. Da lì Panisi ha sempre organizzato le proprie stagioni in modo molto dettagliato, facendo tutto da solo: preparazione in Svezia fino alle prime gare stagionali, quindi biglietti aerei comprati mesi prima per i principali eventi italiani ed europei ed uno skiman francese che lo segue in alcuni appuntamenti. Il tutto con la speranza di essere considerato dalla FISI e dagli sponsor. È sempre stato possibile fino ad oggi, quando il caos generato dal covid-19 l’ha messo in grande difficoltà. Le cose si sono maledettamente complicate, pianificare è quasi impossibile per le squadre, figuriamoci per chi fa tutto da solo con le proprie finanze, senza alcun aiuto esterno. Così Panisi da mesi ha iniziato a chiedersi se ne valga la pena, se lo sci di fondo lo stia ripagando di tanto impegno o se forse non sarebbe il caso di smettere. Pensieri che ne hanno condizionato non poco anche il rendimento, come si è visto a Bruksvallarna, dove ha gareggiato quasi svuotato nella mente, pensando che al di là del risultato finale tanto non sarebbe cambiato nulla. Con questo stato d’animo e tanta delusione Panisi ha affrontato quelle che purtroppo potrebbero essere state le sue ultime gare.

Ciao Gilberto. Ti abbiamo seguito in occasione delle gare di Bruksvallarna, dove hai fatto molta fatica. Cos’è successo?
«Le gare sono andate male, non c’è molto altro da dire. La motivazione principale è che non sono sereno e non sono riuscito a mettere insieme materiali e prestazioni. Tutto questo ha portato a queste tre prestazioni».

Cosa non ti permette di essere sereno?
«L’emergenza Covid-19 mi ha messo in grande difficoltà mentale quando ho capito che l’inverno sarebbe stato molto diverso. Mi sono reso conto che ripetere quanto ho fatto nella stagione precedente sarebbe stato impossibile, dal punto di vista organizzativo e logistico, perché ogni viaggio si sarebbe complicato. Inoltre la crisi economica causata da questa emergenza non mi ha permesso di trovare sponsor, nonostante abbia fatto una bella stagione nella quale ho investito tanto fisicamente, mentalmente ed economicamente. Insomma oggi le mie difficoltà sono morali, organizzative ed economiche».

Quindi hai gareggiato poco sereno e soprattutto poco motivato?
«Si. Nel senso che dopo la stagione scorsa, mi aspettavo di fare un passo avanti nella mia carriera, invece mi sono reso conto di essere stato completamente ignorato».

Ignorato dagli sponsor?
«Non solo dagli sponsor ma anche dalla Federazione. Quando tre anni fa mi sono affidato ad Alberto Bucci come allenatore, l’avevo fatto con l’obiettivo di entrare in nazionale. Ho fatto tutto questo percorso, investendo tante risorse, per giocarmi le mie carte e gareggiare in Coppa del Mondo. Alla luce della stagione passata, non ci aspettavamo questa totale esclusione».

Ti sei chiesto come mai?
«Secondo me all’interno della FISI manca una figura che possa fare gli interessi di un civile. Non voglio fare polemica con nessuno, sono amico di tutti all’interno dello sci di fondo, ma è evidente che sono stato ignorato dalla Federazione e questo mi ha messo in difficoltà».

Insomma, non deve essere facile proseguire senza sponsor e stando fuori dalla nazionale nella stagione caratterizzata dall’emergenza covid-19.
«Esatto, così diventa quasi impossibile andare avanti. Non vedo come a 26 anni il fondo possa rappresentare una possibilità, se voglio farlo in maniera professionale e al livello richiesto in primis da me».

Dalle tue parole sembra che stia meditando addirittura il ritiro.
«Non lo so. Al momento, visto come mi sento da questa estate, il saliscendi di motivazioni, ho bisogno di prendermi una pausa che sarà sicuramente per tutto dicembre. Non ho ancora deciso se e quando interromperla. Al momento sto sinceramente pensando che quella di domenica scorsa potrebbe essere stata la mia ultima gara di sci di fondo».

Quanto ti fa male dirlo?
«Troppo. Sono tanti anni che sono nell’ambiente, ho inseguito questo progetto e sono sempre stato contento di quello che ho fatto. Per la prima volta mi rendo conto che il futuro davanti non è così scontato e chiaro. Non so se ho i mezzi economici per continuare e se ne valga la pena, quindi devo prendere in considerazione tutte le opzioni alternative».

Seguendoti sui social abbiamo però notato che in estate ti sei allenato col solito impegno. Cosa ti ha fatto cambiare idea?
«Si, in estate ho svolto tutto il lavoro programmato, ho fatto anche di più rispetto agli altri anni. Ho anche avuto degli ottimi riscontri nel test sui tremila metri e in alcuni veloci con la nazionale svedese, andando anche molto bene in un test al quale era presente lo stesso Halfvarsson. Dal punto di vista atletico non ho nulla di cui preoccuparmi. Il problema è che sono rimasto deluso per l’esclusione dalla nazionale. Lo scorso anno avevo sentito grande fiducia da parte di tutto lo staff azzurro, anche gli atleti mi hanno accolto nel gruppo come se fossi in famiglia e mi era stato fatto capire che avrebbero anche voluto darmi una maggiore continuità. Avrei sicuramente gareggiato a Drammen se non ci fosse stata l’emergenza covid. Il mio obiettivo era poter essere considerato per la Coppa del Mondo, ma con l’emergenza covid mi è impossibile fare tutto come al solito, quindi mi aspettavo una maggior considerazione dalla Federazione. Non è arrivata e questo mi ha buttato giù».

Ci sembra di capire che dopo la convocazione in Coppa del Mondo e l’argento agli italiani, in questa emergenza ti saresti aspettato un aiuto anche dalla Federazione.
«Non chiedo favoritismi, ma i risultati li ho ottenuti. A questo punto, con la consapevolezza delle difficoltà che avrei riscontrato, anziché mettermi da parte, non avendo io un corpo sportivo che mi sostiene, perché non inserirmi in squadra? Se mi fossero state date certe garanzie sarei stato anche disposto a lasciare la Svezia per il periodo di preparazione e venire in Italia per raggiungere la squadra. Mi sarebbe anche bastato essere aggregato ed avere la possibilità di fare delle esperienze, provare a qualificarmi per il Tour de Ski, che era uno dei miei obiettivi e proseguire il mio percorso di crescita. Se le istituzioni non proteggono gli atleti più meritevoli, allora viene meno proprio il senso della federazione».

Sembri piuttosto ferito.

«Se mi hanno portato in Coppa del Mondo ci sarà stato un motivo, avranno visto qualcosa. Sono stato lasciato a piedi. Pensavo di poter superare questa cosa, invece l’essere stato scaricato senza nemmeno una telefonata mi ha fatto più male di quanto pensassi. Per uno che ci ha sempre messo l’anima come me è una grande ferita. Come ho già detto in precedenza, non voglio fare polemica con qualcuno in particolare, sono amico con tutti, il problema credo sia alla base: la Federazione non ha nessuno che possa fare interessi di un civile. Mi dispiace perché per me poteva essere una stagione diversa».

È proprio impossibile riuscire ad andare avanti ugualmente?

«No, a livello internazionale, da solo non posso fare nulla. Avevo già programmato i miei viaggio sulla base del calendario ufficiale. Sarei andato a Santa Caterina e ad Isolaccia. Un mese fa mi ha scritto il mio skiman francese per comunicarmi che non avrebbe potuto muoversi. Poi ho ricevuto la mail della compagnia aerea che mi ha cancellato tutti i voli, spostandomeli in date che non mi servono a nulla, quindi sono stati cancellati gli eventi. Senza dimenticare che la mia famiglia è in Lombardia, quindi piena zona rossa, nemmeno potrebbero portarmi la macchina se atterrassi a Malpensa. Molti non si rendono conto cosa significhi organizzarsi una stagione intera per contro proprio, è complicatissimo, ora con questa emergenza è diventato impossibile».

C’è qualcosa che potrebbe farti cambiare idea o darti nuovi stimoli?
«In questo momento vorrei solo avere il tempo di riflettere e fare questa pausa senza decidere quando e se tornare. Non escludo né il ritorno né lo stop definitivo».

Fermarsi adesso sarebbe un peccato, soprattutto dopo quanto hai fatto lo scorso anno.
«Ne sono consapevole e probabilmente non farebbe male soltanto a me. Altri potevano fare come me, provare ad andare avanti, sacrificarsi, organizzarsi anche da soli, sperando di ottenere risultati ed essere presi in considerazione. La mia storia dimostra che purtroppo non è così, nel nostro sport non c’è spazio per un civile, a meno che non faccia subito risultati da top ten in Coppa del Mondo».

Giorgio Capodaglio

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