Sci di fondo | 15 aprile 2021, 12:00

Davide Graz a Fondo Italia: "Non è andata come speravo, ma guardo avanti: non ripeterò gli stessi errori"

Il giovane fondista delle Fiamme Gialle ha rilasciato una lunga intervista a Fondo Italia per parlare della sua stagione: "Dopo il Tour de Ski avrei dovuto riposare di più; Oberstdorf? È stato triste lasciare alla vigilia della gara"

Davide Graz - foto Newspower

Davide Graz - foto Newspower

È un atleta molto determinato che pretende tanto da se stesso. Davide Graz tende ad alzare sempre l’asticella, a puntare a crescere in modo costante nelle prestazioni. Per questo motivo la stagione 2020/21 non ha soddisfatto le sue aspettative, in quanto il 2000 di Sappada avrebbe sperato di essere più costantemente nei trenta in Coppa del Mondo e vivere un Mondiale Under 23 da protagonista. Poi c’è stata l’amarezza del Mondiale di Oberstdorf, al quale l'atleta delle Fiamme Gialle era arrivato con la voglia di dare una svolta alla sua stagione e la convinzione di stare bene.
    
Proprio partendo dall’abbandono della squadra azzurra a poche ore dalla 15 km che l’avrebbe visto protagonista, Davide Graz ha risposto alle domande di Fondo Italia, evidenziando di avere già tanta voglia di guardare avanti, determinato come sempre, convinto che anche le esperienze negative torneranno utili in futuro.

Ciao Davide. Ci siamo incontrati l’ultima volta ad Oberstdorf alla vigilia della 15 km in tecnica libera. Ricordo che quel giorno eri molto motivato in vista della competizione del pomeriggio successivo. Non avevi avuto quindi alcun sentore della possibilità che l’Italia abbandonasse il Mondiale?
«No, anche perché mi ero recato ad Oberstdorf concentratissimo, pensando unicamente alla gara e senza alcuna distrazione. Avevo parlato con il mio allenatore, Fulvio Scola, tracciato assieme a lui un percorso per arrivare a quella gara al cento per cento. Avevo fatto tanti allenamenti d’intensità, avevo delle buonissime sensazioni ed ero convinto di poter fare bene, arrivando magari intorno alla ventesima posizione che al primo anno senior sarebbe stato un risultato di tutto rispetto. Al mio arrivo ad Oberstdorf sapevo che c’erano state delle positività nel salto, ma non avevo dato loro importanza perché ero concentratissimo sulla gara. Restavo tutto il tempo in camera, facevo un bel puzzle per rilassarmi e mi stavo godendo il momento, emozionato e carico. Non vedevo l’ora di scendere in pista per dare la svolta ad una stagione che non aveva preso la piega giusta».

Poi cos’è accaduto quel pomeriggio?
«Il martedì, dopo l’allenamento siamo tornati agli appartamenti e non abbiamo trovato la cuoca, che era risultata positiva. A quel punto mi sono preoccupato perché d'improvviso ho sentito il problema molto vicino a me, avendo colpito una persona che conoscevo. Non avevo pensato al rischio di non gareggiare, anzi nemmeno mi era passata per la mente la possibilità di un ritorno in Italia. Ho passato il pomeriggio in camera, poi abbiamo avuto la cena e successivamente la classica riunione che si tiene alla vigilia della gara. Si percepiva un clima particolare. In quel momento ci è stato comunicato che dal giorno successivo gran parte della squadra sarebbe tornata a casa e sarebbero rimasti solo coloro che avrebbero fatto le staffette ed alcuni per 30 e 50 km. Il medico della FISI ci aveva però comunicato che, in accordo con Milano, in caso di altra positività, saremmo tutti tornati a casa. Non avrei mai immaginato che ciò sarebbe successo da lì a poche ore. Tornato in camera ero dispiaciuto per il mio compagno Paolo Ventura, che stava preparando la borsa per tornare a casa, visto quanto era stato deciso sul contingente. Attorno alle 22.30, purtroppo, siamo stati avvertiti che un altro cuoco era risultato positivo e a quel punto è stata presa la decisione di lasciare Oberstdorf con tutta la squadra. Così, mi sono d’improvviso trovato a fare la valigia anch’io insieme a Paolo».

Come hai reagito?
«È stato difficile da accettare, ero con le lacrime agli occhi. Sono rimasto dieci minuti immobile a guardare il soffitto. Sentivo un malessere dentro, tanta tristezza. Fino ad un’ora prima ero lì a parlare della gara del giorno successivo e d’improvviso mi trovavo a dover abbandonare. Quella sarebbe stata la mia unica competizione nel Mondiale, se avessi gareggiato già prima forse avrei reagito in maniera diversa. Poi ci ho ragionato bene e ho provato un forte dispiacere soprattutto per i miei compagni, per esempio Mirco Bertolina, che aveva fatto un percorso più arduo del mio per qualificarsi al Mondiale e si era preparato benissimo per quella gara dopo aver lottato tanto per esserci. Ho pensato che per lui stare fosse ancora più importante rispetto a me, vista anche la mia giovane età e, spero, un futuro con tante altre occasioni. In ogni caso non voglio criticare la scelta, perché bisogna anche mettersi nei panni del Medico e dei dirigenti FISI che in quel momento hanno dovuto agire prendendo una decisione difficile. Personalmente mi sono sempre fidato delle loro scelte, e credo che sia stata presa la decisione giusta per quel momento, perché la salute viene prima di tutto».  

Parliamo della tua stagione. Nei test estivi ed autunnali eri andato molto bene ed anche la prima uscita a Davos nella distance era stata piuttosto positiva.
«Ero arrivato alla vigilia della stagione con tanta fiducia dopo un’ottima preparazione estiva ed autunnale, nella quale avevo sempre fatto delle ottime prestazioni nei test sia rispetto ai miei coetanei che agli atleti della Squadra A. Avevo una gran voglia di gareggiare. Negli ultimi test di Livigno non ero andato male, ma le sensazioni già erano diverse, però avevo pensato fosse per la quota. È partita la stagione, ho gareggiato in OPA Cup a Goms comportandomi piuttosto bene nella sprint, mettendomi alle spalle in qualificazione persone che poi la settimana successiva avrebbero fatto bene in Coppa del Mondo. Sono quindi andato anch’io a Davos, ma la sprint non è andata come speravo, mi è mancata brillantezza. Il giorno successivo però ho fatto una buona 15 km, credo la mia miglior gara stagionale. Vero, quel giorno non c’erano norvegesi e svedesi, sono arrivato 26° e probabilmente con loro in gara sarei andato fuori dalla zona punti, ma oggi non penso solo al piazzamento quanto alla prestazione e le sensazioni. Con venti secondi in meno avrei fatto per esempio una top quindici, sarebbe bastato trovare il treno giusto, cosa che quel giorno non ho avuto, essendo rimasto sempre solo. Per altro sono arrivato ad appena 11” da Moch e davanti a Schumacher, due punti di riferimento essendo miei coetanei. Quella gara mi aveva dato fiducia per le competizioni successive».

Poi è arrivato gennaio e le cose dal Tour de Ski in poi sono andate diversamente. Hai già analizzato cosa possa essere andato storto?
«Ho approcciato il Tour de Ski molto carico, forse mi sono anche allenato troppo. Nella sprint in Val Müstair sono riuscito a fare anche bene, pur non avendo brillantezza in qualificazione. Ma dal giorno dopo le cose sono andate male. Sono arrivato a Dobbiaco con l’idea di fare delle belle gare e nella 15 in skating mi sentivo bene, tanto da partire forte, troppo forte. Sinceramente avevo buone sensazioni e mi sembrava di tenere il ritmo giusto, ma la neve era lenta, quindi spingendo troppo sull’acceleratore all’inizio non sono riuscito poi a reggere nella seconda parte di gara. Peccato, fossi stato più cauto all’inizio, magari trovando anche il treno giusto, avrei potuto fare veramente una bella gara. Al contrario, il giorno successivo è andato tutto storto, mi sentivo stanchissimo, non avevo forza e ho pensato che fosse inutile continuare, così ho abbandonato prima della Val di Fiemme. Mi è dispiaciuto tanto perché ci tenevo a chiudere il Tour de Ski, ma è stata comunque un’esperienza importante, mi ha fatto capire cosa significhi fare tante gare ravvicinate. Ma proprio dopo il Tour è arrivato forse l’errore che ha compromesso tutto il mese successivo».

Quale?
«Anziché riposare, come avrei dovuto fare, la settimana successiva sono andato in macchina fino ad Alfedena per la Coppa Italia, un viaggio pesante. Mi sentivo stanco, ma il secondo giorno ho anche vinto la gara, qualificandomi per Falun. Prima della Svezia sono andato a fare gli Italiani sprint e team sprint a Clusone. Quindi sono partito subito per il Nord, altro viaggio duro con sveglia alle 3 di mattina e sono arrivato in Svezia già stanco. Lì sono andato molto male rispetto ai miei coetanei e mi è dispiaciuto perché tenevo a quella quindici. Poi subito ad Ulricehamn e da lì due scali aerei per andare a Vuokatti per il Mondiale Under 23. Sono arrivato in Finlandia il lunedì sera, mentre la gara era il mercoledì, poi fortunatamente spostata di un giorno. Anche in quel contesto ho fatto delle gare al di sotto delle mie potenzialità. È stata quindi una stagione frenetica, sempre alla rincorsa del risultato senza dare la giusta attenzione a riposo e recupero tra una tappa e l’altra. Mi dispiace tanto, anche perché finalmente avevo riposato bene in vista del Mondiale di Oberstdorf, l’avevo preparato nel modo migliore assieme a Scola e purtroppo non ho avuto l’opportunità di dimostrare agli altri ed in primis a me stesso il mio valore».

Dalle tue parole si capisce che hai le idee abbastanza chiare su cosa non sia andato. Una bella lezione per il futuro, non trovi?
«Mi dispiace aver rincorso tante cose senza concretizzare nulla. Ho fatto sicuramente tanta esperienza e ringrazio chi mi ha dato l’opportunità di farla, ma dall’altra parte è brutto gareggiare tanto senza avere soddisfazioni. Troppi viaggi, troppa stanchezza e stress accumulati. Se tornassi indietro mi focalizzerei su due o tre obiettivi senza rincorrere tutto. Questo è stato il grande errore che ho commesso. Anche se sei giovane hai bisogno di recuperare, è inutile fare tantissime gare raccogliendo poco o nulla, ma conviene farne meno e concentrarsi magari su qualcosa di più specifico come vorrei fare il prossimo anno, oltre a portare la forma estiva anche in inverno».

Intendi concentrarti su un format in particolare?
«Diciamo che a livello giovanile sono andato forte sia nelle sprint che nelle distance, ma forse dopo questa stagione devo iniziare a concentrarmi su qualcosa di più specifico, in quanto non sono Bolshunov o Klæbo che vanno forte ovunque. Concentrarsi su qualcosa in particolare è sicuramente più vantaggioso, perché è difficile preparare contemporaneamente una sprint ed una 50 km. Sono ancora giovane e vorrei quindi puntare su degli obiettivi più precisi. Ovviamente sono delle considerazioni che andranno fatte assieme ad allenatore e staff tecnico. Quindi aspettiamo che vengano fatte le squadre e poi ci organizzeremo. Una cosa è certa, non mi abbatto per una stagione al di sotto delle mie aspettative. Mi aspettavo delle belle gare, non sono arrivate. Fine, preferisco guardare avanti. Il prossimo anno non ripeterò certi sbagli».

In precedenza hai parlato della 15 km in skating di Dobbiaco. Ho notato che diverse volte ti capita di partire forte all’inizio per andare poi in calando. Ti sei chiesto come mai? Devi imparare a gestirti meglio?
«Sicuramente è un altro aspetto su cui devo lavorare. Generalmente sono sempre stato un atleta che parte forte, se sono in condizione riesco anche a tenere, solitamente non calo tanto. Quest’anno però sono anche passato di categoria, quindi sono cambiate le distanze, per esempio da dieci sono diventati quindici chilometri. Avevo bisogno di fare un po’ di esperienza. Già ora ho capito meglio come dosare le mie energie».

Ora ti stai riposando, poi quando saranno annunciate le squadre inizierai la preparazione; che effetto ti fa pensare che l’evento clou della prossima stagione siano le Olimpiadi?
«Sicuramente nella prossima stagione sarà molto importante e fondamentale farsi trovare pronti al momento giusto. Mi allenerò con la stessa determinazione degli altri anni, al di là del fatto che ci sono le Olimpiadi. Non starò quindi con il pensiero fisso su Pechino e quell’obiettivo che ovviamente spero di portare a casa. So di dover migliorare in tanti aspetti e ci lavorerò. Poi l’Olimpiade è il sogno di ogni atleta, come di ogni appassionato di sport, e sarebbe bello realizzarlo, non soltanto partecipando ma facendo una bella prestazione. Se ci riuscissi sarei fiero di me e felice anche di poter dedicare un bel risultato alle Fiamme Gialle, alla FISI ed al mio sponsor Acqua Dolomia, che tanto mi sono stati vicini anche in questa stagione».

Giorgio Capodaglio

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