Biathlon | 30 aprile 2022, 17:01

Biathlon - Patrick Oberegger a Fondo Italia: "Sono rimasto in Norvegia per una nuova stimolante sfida; Røiseland? Parleremo lunedì"

Biathlon - Patrick Oberegger a Fondo Italia: "Sono rimasto in Norvegia per una nuova stimolante sfida; Røiseland? Parleremo lunedì"

«Sono ancora ad Anterselva, ma ora sto per tornare in Norvegia perché da lunedì abbiamo incontri con gli atleti e vari eventi con gli sponsor». Si sono concluse le vacanze in Italia di Patrick Oberegger, tornato qualche settimana nel nostro paese anche per stare insieme alla sua famiglia e agli amici, prima di raggiungere la sua compagna in Norvegia e prepararsi alla stagione 2022/23.

Dopo tante voci di “mercato”, l’allenatore italiano ha deciso di restare ancora alla guida della squadra femminile della Norvegia, proseguendo così un lavoro che nei primi quattro anni ha portato risultati trionfali, ma che nel prossimo quadriennio vedrà Oberegger ed Sverre Huber Kaas affrontare la sfida di far restare la squadra norvegese competitiva anche durante un inevitabile cambio generazionale. Nell’intervista rilasciata a Fondo Italia, che abbiamo diviso in due parti, l’allenatore italiano, sotto la cui guida la Norvegia femminile è passata da 21 podi complessivi del quadriennio tra Sochi e Pyeongchang agli 89 dell’ultimo, ha affrontato diversi argomenti. Nella prima metà, l'ex allenatore dell'Italia ha ammesso che proprio l’obiettivo di guidare la squadra norvegese a questo cambio generazionale è uno stimolo enorme, ma Oberegger ha parlato anche di Røiseland, che incontrerà lunedì per capire se andrà avanti e in che modo. Nella seconda parte, che pubblicheremo invece domani, l'allenatore italiano ha tracciato un bilancio della stagione, è tornato sulle difficoltà avute da Eckhoff e ha descritto le sensazioni provate in occasione della drammatica pursuit di Pechino, quando Tandrevold ebbe problemi fisici nel corso dell’ultimo giro.

Buon pomeriggio Oberegger. Cosa l’ha spinta a restare alla guida della Norvegia femminile per altri quattro anni, preferendola alle diverse offerte sul piatto?
«Mi ha spinto la situazione lavorativa che ho trovato in Norvegia. Mi trovo bene con le persone con cui collaboro, siamo un gruppo fantastico, unito, con il quale non mi pesa affatto essere in giro per mesi. Io, Sverre (Huber Kaas, ndr), Siegfried (Mazet, ndr) ed Egil (Kristiansen, ndr), abbiamo parlato tra noi e ci siamo detti di andare avanti, di fare tutti e quattro almeno un altro quadriennio insieme. A ciò, aggiungo anche che sento di non aver ancora finito il mio lavoro, perché alcune atlete non è scontato che arrivino ai prossimi Giochi, quindi avremo un cambio generazionale che rappresenta un’altra sfida. Al di là di vittorie, coppe e medaglie, costruire una squadra per il 2026 è la sfida che più mi piace. Ci siamo tolti tante soddisfazioni grazie ai risultati ed è bello accettare ora un’altra sfida, senza nemmeno avere certezza di cosa porterà il futuro: magari qualche atleta si ritirerà, qualcuna deciderà di fermarsi per avere figli e poi tornare, oppure andranno tutte avanti. Bisogna essere pronti ad ogni tipo di scelta e saper reagire. Lo trovo eccitante, è il bello della vita, non sai mai cosa possa accadere, proprio come in una gara di biathlon (ride, ndr)».

Erroneamente immaginavo che dopo tanti successi, avrebbe deciso di non correre il rischio di vivere delle stagioni complicate a causa di un possibile cambio generazionale.
«Sono consapevole del fatto che arriveranno anni difficili pure per noi, come tutte le squadre prima o poi capita. È proprio questo, però, a stimolarmi: voglio aiutare questa nazionale ad essere più pronta possibile quando accadrà. Ecco perché sento di non aver ancora concluso il mio lavoro qui. Un conto è prendere in mano una squadra e lavorare in una direzione, un altro è dover poi fare le cose diversamente. Per me è una situazione nuova, perché anche in Italia avevamo inizialmente degli atleti molto giovani, che ci hanno accompagnato in tutti i miei anni. Adesso, per la prima volta, mi troverò degli atleti che guarderanno di anno in anno e dovrò essere preparato ad ogni possibilità».

Lunedì incontrerà Marte Røiseland, che ancora non ha sciolto gli ultimi dubbi sul suo futuro. Cosa si aspetta?
«È un incontro per capire cosa è possibile fare e cosa no. Lei si trova a vivere una situazione nuova, dal momento che il marito guiderà la nazionale tedesca. Bisognerà quindi trovare il giusto equilibrio, perché qui non si parla solo di allenamento, ma anche di vita privata. Dobbiamo capire come possiamo gestire al meglio la situazione. Per ora è anche inutile parlarne sui media, in quanto si può solo fare speculazione. Vediamo, speriamo di trovare un accordo, una linea comune. Ora ne discutiamo e vediamo».

Sorpreso dalla scelta del marito di accettare l’offerta della Germania?
«Io credo sia giusto così, ogni persona deve avere le proprie ambizioni. A noi pesa tanto perdere una persona e un allenatore valido come Sverre Røiseland, ma dall’altra parte capisco la sua scelta, in quanto i posti della squadra élite sono occupati per i prossimi quattro anni, quindi è difficile rinunciare a un’offerta della nazionale tedesca, un’opportunità che non arriva certo tutti i giorni. Quindi penso proprio che abbia fatto la scelta giusta».

Come si comporterà nell’incontro con Røiseland? Cercherà di convincerla a continuare e ad allenarsi con voi?
«Non le metteremo alcuna pressione. Ovviamente, facendo parte di una squadra, dovremo cercare di trovare la soluzione che permetta a tutti di lavorare al meglio per raggiungere i risultati a cui aspiriamo. Cercheremo quindi di avere un buon dialogo e trovare il punto d’incontro che possa andare bene a tutti. Ricordiamoci però che dobbiamo partire sempre da un giusto presupposto: si devono rispettare le scelte di vita delle persone, perché il biathlon è uno splendido sport, è il nostro lavoro, ma non è tutto».  

Giorgio Capodaglio

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