Sci di fondo | 06 agosto 2022, 14:01

Fulvio Scola a Fondo Italia: "Con Cramer abbiamo una linea comune; i giovani? Non dobbiamo avere fretta, ognuno deve seguire il proprio percorso di crescita"

Fulvio Scola a Fondo Italia: "Con Cramer abbiamo una linea comune; i giovani? Non dobbiamo avere fretta, ognuno deve seguire il proprio percorso di crescita"

A bordo pista, sotto il sole di Passo di Lavazè, Fulvio Scola segue i suoi atleti impegnati in un lungo allenamento mattutino di tre ore. Qualche lento, durante il quale è ben felice di dare consigli e ricevere feedback da loro, assicurandosi che l’esercizio venga svolto nel modo giusto. Poi il momento di qualche veloce a spinte, durante i quali non manca qualche sorriso, insieme al suo nuovo aiuto allenatore, Giuseppe Cioffi, quando un suo atleta impreca, in maniera piuttosto divertente, per la rottura di un bastone. Al terzo anno nei quadri FISI delle nazionali azzurre, Fulvio Scola sta seguendo il gruppo Milano-Cortina 2026, composto da atleti più esperti come Michael Hellweger, Mikael Abram, Martin Coradazzi e Simone Mocellini, ai quali si aggiungono i due giovani Alessandro Chiocchetti ed Elia Barp.

Al termine del raduno nella località trentina, che si è concluso il 30 luglio, l’allenatore delle Fiamme Gialle, ha parlato a Fondo Italia, facendo il punto della situazione sulla preparazione degli azzurri, ma soprattutto concentrandosi molto sulla nuova collaborazione con Markus Cramer, nuovo allenatore responsabile della Squadra A, che ha dettato la linea della preparazione. Un programma che Scola ha subito condiviso, con l’obiettivo di far crescere i suoi atleti, rispettando le caratteristiche individuali di ognuno.

Buongiorno Scola. Come è andato il raduno a Passo di Lavazè?.
«Il raduno è andato molto bene, anche perché abbiamo trovato le condizioni ideali per allenarci al meglio, dal momento che la quota ci ha permesso, tra le altre cose, di lavorare anche più al fresco, molto importante in un periodo particolarmente caldo come quello che stiamo vivendo. Ci siamo allenati bene, sfruttando la pista di skiroll e tutte le possibilità che la zona di Lavazè offre per il nostro sport».

Da questa stagione, uomini e donne sono tornati a fare i raduni assieme. Cosa cambia?
«Poco nel corso dell’allenamento, in quanto ci sono ritmi diversi. A volte, però, se si fanno dei lenti, capita anche che si possa fare una camminata o una corsa tutti insieme. Per quanto riguarda l’ambiente di contorno, però, le cose cambiano, in quanto si è creato un bel clima, c’è un grande affiatamento. Vedo che ragazzi e ragazze si organizzano, fanno una partita carte, ridono e scherzano. Il clima è un po’ più rilassato».

È soddisfatto di quanto visto fin qui in preparazione?
«Si, abbiamo iniziato a Dobbiaco insieme alla squadra A, condividendo con Markus (Cramer, ndr), quelle che sono le sue idee di lavoro sul campo, dal momento che della parte organizzativa avevamo già parlato in alcuni incontri precedenti. Abbiamo quindi visto il suo approccio agli allenamenti, come lavora prima e durante, seguendo quella che è la sua linea. D’accordo con Markus, abbiamo anche aggiunto quelle che sono alcune nostre idee. Quindi stiamo portando avanti degli obiettivi sia generali che individuali con i singoli atleti, condividendoli con loro. Siamo soddisfatti di come procede il lavoro».

È cambiato qualcosa con l’arrivo di Markus Cramer nella preparazione e nella metodologia di allenamento?
«Per quanto mi riguarda, ci sono state delle modifiche ma non così sostanziali. Quando, lo scorso aprile, Markus mi ha proposto di lavorare con questo gruppo, mi sono fatto indicare le sue linee guida, che lui è solito chiamare “linea rossa”, e ho piacevolmente visto che su tanti aspetti combaciavano con le idee guida della mia programmazione. Ci sono alcune novità, legate soprattutto al fatto di svolgere i lavori di intensità nell’ultima settimana di carico, mentre in Italia tendevamo a farli soprattutto all’inizio, in condizioni di freschezza. Questa è la grande variazione, insieme a un aumento del volume, soprattutto delle ore di corsa. Di base, però, la sua linea e la filosofia di lavoro, molto improntata agli allenamenti di resistenza e a intensità più basse, più lunghi, è proprio ciò che ho cercato di portare in federazione quando sono entrato due anni fa. Ho quindi accettato di buon grado questa proposta, perché mi permette di portare avanti un’idea che già avevo».

Parliamo della squadra. Il suo è un gruppo variegato, formato da atleti esperti come Hellweger fino ai due giovani, Chiocchetti e Barp, all’esordio in un team senior.
«Sicuramente, rispetto ai due anni precedenti, nei quali ho lavorato con gruppi molto omogenei, questo gruppo è più variegato. Andiamo da Hellweger, con diverse presenze in Coppa del Mondo e gare a punti, fino a Elia che non ha corso in Coppa del Mondo o Chiocchetti che ha fatto l’esordio nella passata stagione, giusto per scoprire il circuito maggiore. In base all’età degli atleti e al loro storico di allenamenti, ho messo giù una linea di lavoro, che è stata condivisa con Markus a Dobbiaco. Lui è d’accordo con me, sul fatto che ai volumi e al numero di giorni di lavoro della squadra A, bisogna arrivare con gradualità perché non abbiamo tanti ragazzi e quindi dobbiamo cercare di ottimizzare al meglio quelli che sono a nostra disposizione. Non ho grandi problemi a lavorare con un gruppo del genere, perché ognuno sa quali sono i suoi obiettivi. In raduno cerchiamo di fare più lavori insieme, poi a casa ognuno lavora con le proprie intensità e volumi».

Da fine agosto in poi vi allenerete con la Squadra A. Farete gli stessi programmi nel corso di questi raduni?
«A partire dalla metà del raduno di Livigno, fino a quando nel mese di novembre loro andranno al Nord, lavoreremo assieme. Ovviamente, pure in quei raduni il programma sarà condiviso con Markus, ma anche lì ragioneremo individualmente con ogni singolo atleta, ci sarà chi avrà un pomeriggio in più di recupero o mezz’ora in meno di allenamento, a seconda di quelle che sono le idee che abbiamo per la loro progressione. Markus è d’accordo con la mia proposta di pensare una progressione quadriennale per questi ragazzi, sia per i volumi che per le ore di corsa, mezzo a cui lui tiene molto e condivido questa idea con lui, perché penso che la corsa sia il miglior modo di allenare l’atleta a livello aerobico. Ho messo quindi giù una progressione quadriennale, anche per dare l’idea ai ragazzi che si, ovviamente bisogna andare bene già quest’anno, ma ricordare pure l’obiettivo principale: crescere nel medio termine».

A proposito dell’ultima frase, immagino anche che la programmazione sia diversa per atleti come Hellweger, Mocellini e gli altri più esperti, rispetto a un Elia Barp arrivato quest’anno.
«Come detto prima, ognuno ha sua progressione in base all’età e non solo, visto che comunque ci sono atleti che seppur giovani, hanno già lavorato tanto e possono così permettersi di passare su volumi importanti. Allo stesso tempo possono esserci anche atleti più “vecchi”, che per vari motivi, magari legati ad infortuni, non hanno alle spalle volumi importanti, quindi dobbiamo arrivare alle ore prestabilite in maniera graduale».

Mocellini, Hellweger, Coradazzi e Abram hanno già avuto diverse esperienze di Coppa del Mondo. Per loro qual è prossimo step?
«Gli atleti che hanno già esperienza di Coppa del Mondo sono consapevoli del livello che troveranno in queste competizioni, quindi devono capire come lavorare per esserne all’altezza e andare in coppa quando saranno pronti. Per loro, andare in Coppa del Mondo solo per fare esperienza ormai non ha senso, quindi l’idea è partire con Coppa Italia e OPA, poi quando saranno pronti e dimostreranno di essere all’altezza, potranno tornare in Coppa del Mondo».

In squadra ha due giovani molto promettenti come Chiocchetti e Barp. Tornando però a un argomento che abbiamo spesso affrontato insieme anche su Graz, non trova che in Italia si tenda troppo a marchiare un atleta come fenomeno, chiedendo esageratamente il risultato immediato? In merito a ciò, cosa vuole dire all’ambiente?
«Dico di andarci piano, come ho già fatto anche due anni fa perché è nella mia cultura dell’allenatore quella di invitare ad aspettare un atleta, senza fretta. Ci sono ragazzi come Davide (Graz, ndr) ed Elia (Barp, ndr) che da giovani hanno ottenuto dei risultati importanti, ma il livello giovanile è un conto quello assoluto un altro. Ognuno deve seguire il proprio percorso di crescita, senza guardare cosa fanno i coetanei delle altre nazioni, perché può darsi abbiano un percorso diverso. Le somme si tirano a fine carriera, è inutile farlo già a 22 anni, credendo magari di non essere all’altezza. Non ha senso, non sai cosa fanno gli altri e come crescerà il tuo fisico. Un fondista può aver bisogno di un solo anno per maturare fisicamente e mentalmente, mentre a un altro magari ne servono tre. Penso che l’esperienza fatta con Davide sia utile a tutti, anche a me come allenatore. Una delle più belle soddisfazioni da me avute lo scorso anno è arrivata a fine stagione, per quanto fatto da Graz ai Campionati Italiani Assoluti, non tanto nella prestazione in sé, perché già ne aveva fatte altre di quel livello, ma nell’atteggiamento avuto. Dopo quel weekend, a stagione conclusa, mi ha detto di aver capito cosa volessimo dirgli come staff tecnico, quando lo invitavamo a stare tranquillo, perché ha imparato sulla sua pelle la necessità di dover fare un passo alla volta per arrivare all’obiettivo, senza porsi aspettative esagerate. Ecco, tornando quindi a Barp e Chiocchetti, penso che il loro obiettivo debba essere di crescere senza guardare già al risultato di domani. Loro hanno i propri obiettivi, l’OPA Cup e il Mondiale Under 23, poi se ci sarà l’occasione di fargli fare dell’esperienza in Coppa del Mondo, se la meritano, la faranno se sarà costruttiva. È fondamentale che un atleta non vada lì per arrivare settantesimo, perché a quel punto è meglio evitargli un’esperienza negativa».  

In Coppa del Mondo, la FIS ha deciso di modificare le distanze di gara, parificando il chilometraggio delle competizioni maschili e femminili. Si parla tanto del cambiamento femminile, ma forse paradossalmente le cose cambiano più per gli uomini, che avranno gare più brevi. Avete pensato di modificare qualcosa nella preparazione?
«Sicuramente è un bel cambiamento, a mio parere è anche strano veder togliere la 15 km, che è una distanza super storica nello sci di fondo maschile. È però una scelta della Federazione Internazionale, quindi ci adattiamo. Parlando con Markus, e ne sono convinto anch’io, non cambia tanto l’allenamento necessario a raggiungere il livello prestativo adatto a una 10 o a una 15. Certo, in una 10 km ci saranno atleti che per proprie caratteristiche fisiche saranno avvantaggiati».

Giorgio Capodaglio

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