Sport vari | 07 ottobre 2022, 18:01

Elezioni FISI, Fondo Italia incontra i candidati - Alessandro Falez: "Dobbiamo sviluppare la base"

Elezioni FISI, Fondo Italia incontra i candidati - Alessandro Falez: "Dobbiamo sviluppare la base"

Sabato 15 ottobre, a Milano è in programma l’Assemblea Federale Ordinaria Elettiva per la presidenza della FISI e per rinnovare il Consiglio Federale.
Cinque sono i candidati alla presidenza: il presidente uscente Flavio Roda, Angelo Dalpez, Stefano Maldifassi, Alessandro Falez e Giacomo Bisconti.
Fondo Italia ha quindi deciso di intervistare i cinque candidati, proponendo loro nove domande identiche.

Oggi è il turno di Alessandro Falez. Romano, sessantasettenne con una laurea in Ingegneria e un Master in Business Administration alla Columbia University, Falez è un imprenditore del settore dei servizi (strutture sanitarie e alberghiere) e membro laico della famiglia pontificia. Grande appassionato di sport invernali, è anche maestro di sci e ha rilanciato lo storico Sci Club Flaminio.

Buona sera Falez. Cosa l’ha spinta a candidarsi alla presidenza della FISI?

«Prima di tutto la passione e la consapevolezza di avere delle competenze adeguate dal punto di vista professionale, personale e di capacità nel gestire delle situazioni complesse. Tutte doti che ritengo possano servire alla FISI odierna, che è cresciuta ma deve farlo ulteriormente per affrontare la sfida di Milano-Cortina 2026».

Su cosa si incentra il suo programma e quali sono i suoi punti di forza?
«Il mio programma si incentra innanzitutto sul recupero e sull’investimento della base. Faccio sempre l’esempio di un terreno fertile, nel quale noi possiamo investire risorse, in modo che possa diventare sempre più florido e produca frutti con continuità, sempre migliori. Questi frutti non sono altro che i nostri atleti del futuro, che possano diventare dei talenti, dei campioni e ci facciano vincere medaglie».

Cosa pensa della FISI attuale?
«La FISI è stata presa in mano da Flavio Roda in una situazione disastrata. Lui è stato capace, dedicandoci tempo, impegno e mettendo a disposizione le proprie capacità, di risanarla e farla crescere, rendendola importante e riconosciuta a livello internazionale, con i conti in ordine e atleti che hanno vinto. Ci sono quasi 40 milioni di euro di fatturato, quindi è una FISI in salute. Per questo dico “chapeau” al presidente uscente. È una FISI che adesso è però cresciuta a un punto tale che ha bisogno di fare un passo in più attraverso una gestione più strutturata. Ciò è ancora più importante per affrontare la sfida di Milano-Cortina 2026 e il post Olimpiade, affinché i Giochi non siano un punto isolato d’arrivo ma di partenza».

Se dovesse vincere le elezioni, quale sarebbe il suo primo intervento?
«Penso ad una FISI che sia condivisa, dove l’utilizzo della delega sia molto esteso, quindi la prima cosa che farei sarebbe sedermi con i consiglieri, che auspico siano tutte persone di qualità, che possano insieme a me individuare le singole responsabilità e andare a fare un lavoro di squadra in modo che l’impegno di dieci valga quindici».

Qual è secondo lei lo stato di salute delle discipline nordiche e quali sono le sue proposte per far crescere questo settore?
«Io dico di andare a trovare i bambini che fanno sport, dare loro la multidisciplinarità in modo che scoprano che, oltre a fare la discesa con lo skilift, c’è la possibilità anche di fare il giro dell’anello di sci di fondo. Allora, in questa maniera, andiamo ad aumentare la base, perché, purtroppo, oggi c’è poca gente che fa sci di fondo e di conseguenza abbiamo pochi atleti. Allora aumentiamo la base, promuoviamola, mettiamo anche delle risorse per essa, pure perché lo sci di fondo è un’attività meno costosa per le famiglie rispetto all’alpino. Nello sci alpino, ragazzi che fanno una sessantina di gare FIS in giro per l’Europa spendono decine di migliaia di euro, mentre nello sci di fondo le spese sono più contenute. Quindi andiamo a sviluppare la base, facciamola crescere, facciamo sognare i giovani e aumentiamo così il numero di atleti che praticano questa disciplina».

Quali sono le sue idee per far crescere ulteriormente la FISI dal punto di vista economico?
«Noi abbiamo una Federazione con una grande storia e altrettanto grandi potenzialità. Dobbiamo quindi andare a recuperare il valore di avviamento che è dato da questa storia e dai nostri campioni, dando alla FISI l’autorevolezza che merita. Facendola crescere in questa maniera, possiamo andare a individuare ulteriori risorse a quelle che Flavio Rode è riuscito fin qui ad attrarre e metterle a disposizione dei nostri sci club, dei nostri atleti e del nostro movimento».

Come intendete promuovere i settori giovanili?
«Con le risorse aggiuntive che andiamo a recuperare. Ultimamente, esse sono state dedicate alla fascia alta della nostra Federazione, quindi alla prima fascia, i nostri campioni ed atleti di alto livello. Una parte delle risorse che andiamo a recuperare vanno destinate invece a sci club e comitati, ad aiutare le famiglie che spendono anche cifre importanti e accompagnare gli atleti a raggiungere il loro obiettivo finale».

Sport Invernali, professionalità e formazione. A che punto siamo e quali sono le sue proposte in tal senso?

«La nostra Federazione ha una scuola di tecnici federali, la Coscuma per i maestri, che è di livello elevatissimo. All’estero riconoscono tutti che i nostri tecnici sono forse i migliori al mondo e spesso ce li portano via. Noi dobbiamo continuare per questa strada, ma nel contempo valorizzarli internamente per i nostri atleti, anziché subire la cosiddetta fuga dei cervelli, in questo caso fuga dei tecnici».

Quali iniziative ha intenzione di intraprendere affinché il percorso di avvicinamento a Milano-Cortina 2026 non sia fine a sé stesso ma lasci anche un’eredità, a differenza di quanto accaduto vent’anni fa con le Olimpiadi di Torino?
«Questa è una risposta che riguarda il punto di arrivo. Se io mi pongo come punto di arrivo quello di Milano-Cortina 2026, ovviamente le attività poi si fermano dopo quella data. Io devo quindi guardare più avanti e di conseguenza, nella creazione delle strutture, delle squadre e negli investimenti che vado a fare, ho il dovere di fare un ragionamento a medio-lungo termine, anziché farlo da qui a tre anni».

Giorgio Capodaglio

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