Sci di fondo | 08 marzo 2023, 18:35

Planica fa tornare il sorriso allo sci di fondo femminile italiano: ora bisogna aiutare le ragazze a crescere ancora, iniziando intanto a rispettarle di più

Foto Credit: Pentaphoto

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La notizia più bella per l’Italia nel Mondiale di Planica è arrivata dalla crescita complessiva della squadra femminile. Nonostante sia stata purtroppo praticamente assente Caterina Ganz, che nelle ultime due stagioni è stata senza dubbio il faro dello sci di fondo femminile in Italia, che ha potuto disputare solo lo skiathlon in quanto non al meglio dopo il problema al tallone accusato a fine gennaio, sono arrivati risultati molto positivi.

Innanzitutto le due top ten di Francesca Franchi, capace di terminare al nono posto lo skiathlon e addirittura al sesto la 10 km a skating, riportando l’Italia femminile nella top ten individuale di una distance per la prima volta dopo Oslo 2011. Risultati che hanno anche acceso la curiosità dei media scandinavi che l’hanno cercata dopo la 10 km del martedì, facendole rilasciare numerose interviste, ma anche l’attenzione degli stessi allenatori stranieri che sono venuti a chiedere informazioni, anche a noi, sulla venticinquenne trentina.
Risultati che non sono casuali, ma frutto di un lungo lavoro, che con Francesca è iniziato da anni. La trentina ha avuto la fortuna di allenarsi ormai con lo stesso coach, Renato Pasini, dalla stagione 2017/18, dimostrando quanto sosteniamo da tempo: atleti e atlete hanno bisogno di continuità e stabilità anche sotto questo aspetto, perché troppe atlete, al contrario di Francesca, si sono trovate a cambiare anche quattro o cinque allenatori in altrettanti anni.
Ciò ha permesso a Franchi di crescere costantemente, superare anche quelle crisi che capitano lungo il percorso e il problema grande che l’aveva costretta a fermarsi lo scorso anno. La trentina ha però saputo affidarsi alle persone giuste e soprattutto è seguita da chi ormai la conosce bene e sa relazionarsi a lei anche quando si tratta di prendere decisioni difficili. Il resto lo fa il carattere di questa ragazza, che si è avvicinata tardi allo sci di fondo, ma ha una fame e una determinazione che la portano a volere sempre di più.

Planica ha però consegnato all’Italia anche una nuova Cristina Pittin. La qualificazione alla sprint Mondiale ha come sbloccato la friulana, capace così di affrontare le altre gare con maggior coraggio e fiducia nelle proprie possibilità. Gara dopo gara Pittin è cresciuta, non ha più avuto quel timore reverenziale che sembrava bloccarla, ed è stata capace di irrompere in quella top venti che fino a qualche tempo fa sembrava lontana. Holmenkollen o Pechino dello scorso anno sono solo un cattivo lontano ricordo. Ma in fin dei conti anche nel suo caso non bisogna dimenticare l’anno di stop, il bruttissimo infortunio alla caviglia che ancora non le permette di allenarsi come le altre e anche in gara a tecnica classica le dà fastidio. La speranza è che possa risolverlo completamente, per dimostrare a sé stessa dove può arrivare.

Buono è stato il Mondiale di Anna Comarella, anche se probabilmente, dovese leggere l'articolo, lei non sarebbe d’accordo essendo sempre molto critica con sé stessa. La veneta era molto motivata e soprattutto nella 30 km avrebbe voluto fare di più. Il suo atteggiamento in gara è stato però quello di un’atleta determinata, che ha affrontato la competizione senza paura e con tanta voglia di dimostrare. Nel suo caso, come per Ganz, non va dimenticato quel problema fisico che l’ha limitata in questo caso per tutta la stagione. Con grande onestà e senza mai cercare scuse, la veneta lo ha tenuto segreto, non ha voluto utilizzarlo come giustificazione, tanto che la notizia dell’operazione è stata data solo domenica. In bocca al lupo per il lungo percorso di recupero.

Su Ganz poco da dire. Nel Mondiale di Planica non ha avuto modo di mostrare il proprio valore, ma siamo certi che il percorso intrapreso con Cramer sia quello giusto, perché l'allenatore tedesco crede tanto in lei e il valore dell'atleta, secondo noi, è alto.

In Slovenia è piaciuta Federica Sanfilippo, al suo primo Mondiale di sci di fondo. L’atleta della Val Ridanna si è trovata catapultata nello sci di fondo internazionale dopo il suo addio al biathlon, arrivato quando ha capito che non avrebbe più avuto spazio in Coppa del Mondo e al Mondiale di Oberhof. L’azzurra è stata molto brava però a farsi trovare pronta, migliorando tappa dopo tappa e comportandosi bene anche ai Mondiali. Certo, le manca ancora esperienza, come si è visto nelle sprint quando a volte ha dato l’impressione di fare ancora fatica tatticamente, ma già nella team sprint slovena l’abbiamo vista molto più cattiva. Dove può arrivare? Non si può sapere, in quanto fin qui la sua priorità era stata il biathlon. La speranza è che la poliziotta decida di andare avanti, perché noi per primi siamo curiosi di scoprire cosa può fare dedicandosi solo allo sci di fondo. E crediamo che in fondo, un pochino questa curiosità sia presente anche in lei. Magari il sogno di vivere l’esperienza olimpica in Italia assieme alla sua amica Doro Wierer non è tramontato del tutto, seppur in questo caso in due discipline diverse. Una cosa è certa: di lei ne avrebbe bisogno tutta la squadra italiana. Sanfilippo è atleta matura, esperta e determinata, in grado di insegnare tanto alle sue compagne che a volte, se possiamo dirlo, hanno forse peccato proprio per la poca fiducia in sé stesse, di crederci poco. Ecco, l'atleta della Val Ridanna può dare loro l'esempio di quella cattiveria che bisogna utilizzare in gara.

Certamente a Planica sono arrivate anche le due belle notizie degli esordi di Iris De Martin Pinter e Nadine Laurent. Entrambe hanno disputato un’ottima stagione sia in OPA Cup Junior che nei Mondiali Juniores. La veneta, addirittura classe 2004, ci ha colpito non soltanto per le potenzialità, ma anche dal punto di vista caratteriale. Dopo la sprint iridata era ovviamente contenta della sua prestazione, dell’esordio tra le “grandi”, ma allo stesso tempo nel suo sguardo si percepiva che avrebbe voluto di più. Discorso simile anche per la valdostana, che forse non è nemmeno arrivata nella sua miglior condizione di forma al Mondiale. Non dimentichiamoci che entrambe erano reduci dal Mondiale giovanile in Canada.

Già il Canada e quel Mondiale che ha fatto calare di forma le due Under 23 che invece tanto bene avevano fatto sulle piste olimpiche. Nicole Monsorno, per esempio, aveva dimostrato proprio in Canada tutto il proprio attuale valore, facendo sognare la medaglia in una sprint di buonissimo livello. La trentina purtroppo tra viaggio e altre problematiche di salute avute al suo ritorno, si è presentata a Planica fuori condizione, come si è visto nella sprint. Già nella team sprint, però, ha fatto qualche passo avanti, ha combattuto come suo solito e grazie a un’ottima Sanfilippo ha colto un decimo posto che all’Italia mancava da Lahti 2017. La trentina ha grande potenziale ed è anche già pronta per questo livello, come ha già dimostrato in altre occasioni in Coppa del Mondo e ai Mondiali, che forse qualcuno tra chi commenta gli sport invernali evidentemente non ha visto. Purtroppo in questo momento non è nella miglior condizione.
Discorso simile vale per Martina Di Centa, che al Mondiale Under 23 in Canada era piaciuta e aveva mostrato di essere in crescita. La sua frazione era stata probabilmente la migliore in quella staffetta mista che solo la sfortuna ha privato della medaglia (quest’anno vedere italiani con due sci diversi in staffetta evidentemente è un’abitudine). In Canada si è ammalata, è stata costretta a fermarsi, non ha potuto allenarsi con il resto del gruppo. Ci ha provato, ha voluto ugualmente prendere parte a 10 km e 30 km, ben consapevole che sarebbero state una sofferenza.

Una cosa però è certa, questo buon Mondiale delle azzurre è merito esclusivo delle atlete e degli allenatori, non dell’ambiente. Tutte queste ragazze, per troppi anni non sono state criticate, ma pesantemente attaccate, a volte maltrattate e derise, con frasi cattive pronunciate dai media, da persone (in alcuni casi account fake) sui social e qualche sorrisino cattivo nell’ambiente. Dal proprio salotto ogni appassionato dovrebbe imparare che quando si commenta e si fa critica, si parla prima di tutto di essere umani, di persone con sogni e determinazione, ma anche paure e fragilità. Sentirsi dire “non portiamole”, “sono scarse”, “sono oggetti immobili non identificati” e cose del genere, sicuramente non aiuta ed è solo cattiveria. Certo, non aiuta nemmeno dire loro “brave” se le gare vanno male. Non siamo ciechi, sappiamo che nell'ultimi decennio non sono arrivati grandi risultati, e siamo consapevoli che criticare è doveroso se allo scopo di dare la scossa, l’importante però è farlo con l'obiettivo di migliorare la realtà e non per sfogare su altre persone le proprie frustrazioni di tutti i giorni o solo la propria cattiveria d'animo. Altrimenti si rischia solo di abbattere definitivamente l'atleta e di commettere altri danni al movimento italiano.
Vi diciamo una cosa: sono le atlete le prime a criticare le proprie prestazioni, ad essere deluse di un risultato negativo, a piangere se le cose vanno male. Perché rendere loro le cose ancora più difficili?
Lasciamo quindi lavorare con tranquillità queste atlete, cerchiamo di credere in loro, di spingerle, di creare un ambiente positivo, ricordando sempre che sono loro per prime a gioire o soffrire per i propri risultati. Almeno, però, evitiamo di complicare loro la vita.

Ma un consiglio ci sentiamo di darlo anche a loro, le atlete, che forse troppo spesso in passato hanno dato l'impressione di credere poco in sé stesse. Anzi, per farlo, utilizziamo le frasi pronunciate da Federico Pellegrino qualche giorno fa dopo la 50 km, quando ci ha detto ciò che lui continua a ripetere ai più giovani: «Tutte le volte che c’è qualcuno che prova a standardizzarli secondo un livello, dicendo “tu sei da primi trenta”, “tu da primi venti” o “tu da primi dieci”, ai giovani dico: “tu sei quello che fai vedere sul campo”. Ciò che sarai lo saprai soltanto a fine carriera. Questo per me è ormai un mantra. Solo a fine carriera saprai qual era il tuo reale valore».
Ecco, seguite queste parole di Federico Pellegrino, un campione che "qualcosina" ha vinto nella sua magnifica carriera, fatele vostre, non smettete quindi di credere in voi stesse, non ponetevi alcun limite, non partite battute, non lasciate che qualcun altro vi dica ciò che valete, perché se non potete ancora saperlo voi, figuriamoci altri, soprattutto se vi seguono solo dietro a una tastiera. Lavorate duramente, quindi, per ottenere il massimo possibile senza accontentarvi e tra qualche anno, andate fiere di quello che avrete ottenuto se avrete la consapevolezza che quello era il vostro massimo potenziale. Non lasciate che siano altri a porvi limiti e non poneteveli voi stesse, non siate le vostre peggiori nemiche. Poi quel che arriverà, arriverà, che sia medaglia olimpica, top ten, top venti o altro, l'importante è che voi, e solo voi, siate orgogliose di ciò che avete ottenuto perché era il vostro massimo.

Giorgio Capodaglio

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