Sci di fondo | 29 settembre 2023, 18:30

Sci di fondo - Intervista a Renato Pasini, allenatore del gruppo Milano Cortina femminile: "Il nostro è un gruppo di sviluppo con l'obiettivo di aiutare le atlete nel loro percorso di crescita"

Foto credit: Gerry Del Fabbro

Foto credit: Gerry Del Fabbro

È alla sua sesta stagione da allenatore nei quadri della FISI, sempre alla guida della squadra femminile. Renato Pasini è stato confermato alla testa della nazionale Milano Cortina 2026 femminile, l’importante gruppo che rappresenta qualcosa di più di una fase di passaggio dalla nazionale juniores alla Coppa del Mondo, dal momento che al suo interno ha, oltre a giovani promesse, anche atlete che hanno già una buona esperienza proprio al massimo livello.
Un gruppo formato quest’anno da Nicole Monsorno, Martina Di Centa, Federica Cassol, Sara Hutter, Veronica Silvestri, Elisa Gallo, Nadine Laurent e Iris De Martin Pinter, inserita in questo team nonostante sia ancora juniores. Squadra ancora più motivata, dopo che ha visto l’ottimo lavoro fatto in passato, che ha portato Francesca Franchi a ottenere i migliori risultati iridati per l’Italia femminile da un decennio a questa parte e Cristina Pittin i suoi migliori piazzamenti in carriera proprio al Mondiale. Entrambe sono entrate quest’anno nel gruppo Cramer, completando così il loro percorso con Pasini e il suo staff, durato tanti anni, anche se la friulana, in realtà, è rimasta ancora ad allenarsi con il gruppo Milano Cortina nel corso dell’estate.

Abbiamo contattato Renato Pasini, mentre stava andando con il pulmino della squadra verso Predazzo, terminato il raduno a Oberhof. L’allenatore del Centro Sportivo Carabinieri si è quindi fermato per rispondere alle nostre domande e fare un po’ il punto della situazione sulla preparazione della sua squadra, ma soprattutto darci quella che è la sua visione di ciò che deve rappresentare un allenatore.

Buon pomeriggio Pasini. Come sta andando la preparazione della sua squadra?

«Direi molto bene. Abbiamo avuto qualche inconveniente con alcune atlete, cose che accadono in preparazione, ma li abbiamo già superati. Inoltre abbiamo anche avuto con noi Cristina Pittin, che d’accordo con Cramer, ha scelto di stare con noi per lavorare meglio sulla sua caviglia dopo l’ennesima operazione. Adesso sta procedendo bene, anche se ancora non so se gareggerà questo weekend. Continuerà ancora con noi, poi vedremo se andrà al Nord con la squadra di Coppa del Mondo a novembre. Al momento non riesce a correre, ma abbiamo visto che sugli sci va abbastanza bene.
Tornando ai raduni estivi, abbiamo avuto anche l’infortunio alla spalla di Veronica Silvestri, a causa di una caduta in bici. Grazie al lavoro del fisioterapista e di tutto lo staff, è già tornata a fare tutto, recuperando prima rispetto ai tempi previsti. Ovviamente deve recuperare qualcosina come forza degli arti superiori».


Nella vostra squadra sono entrate tre giovani come Nadine Laurent, Iris De Martin Pinter ed Elisa Gallo, con le prime due che hanno già fatto bene all’esordio nel Mondiale assoluto. Come si stanno inserendo?

«Abbiamo per le mani un bel gruppo. Le tre giovani hanno alzato il livello e si sono subito inserite. Devo dire che il team si è amalgamato bene. L’obiettivo è di consentire loro di proseguire il percorso di crescita intrapreso, lavoriamo per loro perché sono sempre le atlete al centro del progetto e tutto deve essere fatto in funzione loro. Vengono da anni in cui sono state seguite bene, a partire dai genitori, passando poi per sci club e comitati, fino alla nazionale giovanile. Dai risultati si è visto che hanno lavorato bene. Adesso sono qui, in questa che è una sorta di squadra di passaggio, tra il mondo giovanile e quello senior. Dobbiamo lavorare affinché possano passare poi a gareggiare in Coppa del Mondo, anche se l’augurio è che possano comunque poi lavorare in questo gruppo per due o tre stagioni nel corso dell’estate, perché in una fase critica come quella del passaggio da junior a senior, ci vuole anche qualche anno per conoscere bene le atlete e tirare fuori il meglio da loro».

Insomma, lavorare con attenzione per metterle nelle migliori condizioni possibili, senza avere eccessiva fretta.

«Ripeto, sono le atlete al centro del discorso, noi dello staff siamo parte del loro percorso e dobbiamo accompagnarle al meglio in questo passaggio fondamentale. Stiamo cercando di lavorare nel modo migliore possibile, dando anche continuità, come nel progetto fisioterapico che abbiamo avviato già con la nostra passata fisioterapista e ora prosegue con Davide Perucchini, che è sulla linea di continuità visto che i due erano già in sintonia. C’è poi Giuseppe Cioffi, che oltre a seguire tutto l’aspetto legato ai materiali durante l’inverno, in estate ci aiuta negli allenamenti. Cerchiamo di dare il nostro meglio alle atlete, ma ritengo anche che con loro serva sempre qualche stagione in più per conoscersi meglio e poter trovare il percorso migliore per ognuna di esse. L’obiettivo è sempre che vadano forte il prima possibile, ma non dobbiamo mai perdere di vista anche la crescita dell’atleta a lungo termine. In certi casi, anche di fronte a degli ottimi risultati, dobbiamo fare attenzione a non farci prendere dalla foga di lanciarle subito, ma avere un po’ di pazienza per dare loro il tempo necessario per crescere.
Nel corso della stagione, insieme ovviamente a Markus Cramer, vedremo che percorso competitivo far fare loro. Ad esempio Iris è ancora Under 20, dovremo quindi valutare bene come schierarla, se con senior o junior. Ogni scelta deve però essere in funzione della sua crescita, non solo dei risultati. Dovremo anche fare in modo che le nostre aspettative coincidano con quelle delle atlete. Noi dobbiamo solo indirizzarle nel modo giusto, poi il resto spetta a loro».

Nel gruppo ha due atlete come Martina Di Centa e Nicole Monsorno che hanno già una buona esperienza di Coppa del Mondo. Come sta procedendo la loro preparazione? Quali aspettative ci sono?

«Martina e Nicole sono cresciute e maturate. Si vede. Ho trovato una Martina Di Centa bella consapevole di quello che vuole e deve fare per tornare in Coppa del Mondo, ma soprattutto per farlo ottenendo risultati migliori. Lo stesso discorso vale per Nicole Monsorno. Entrambe non sono più under 23 e l’obiettivo deve quindi essere la Coppa del Mondo. Sono senior ormai da diverse stagioni e rispetto alle compagne si vede che hanno maggiore esperienza. Si stanno preparando bene. Ovviamente sono ancora giovani, quindi devono mettere in conto che saliranno e a volte scenderanno dalla Coppa del Mondo. Forse entrambe aspiravano a far subito parte del team di Coppa del Mondo, ed è giusto così, ma le ho trovate ben contente e felici di essere con noi, sanno per esperienza che a entrambe bastano una o due gare positive per ricevere la convocazione per il massimo livello. La Coppa del Mondo non è distante, anche perché lavoriamo in sintonia con Markus Cramer e di conseguenza anche il passaggio da un gruppo all’altro è più semplice, avendo la stessa linea di programmazione della preparazione».

L’inserimento delle tre giovani sta giovando anche a loro?

«Certamente sta facendo bene a Nicole e Martina, ma anche a Federica (Cassol, ndr) e le altre, perché si sta alzando il livello in generale. Se poi le nuove arrivate sono un bello stimolo per le altre, va detto che loro stesse stanno giovando della esperienza di Nicole e Martina. Credo che questo possa fare bene loro anche in caso di convocazione in Coppa del Mondo, perché salire insieme permetterebbe eventualmente alle giovani di avere vicino compagne di squadra che hanno già una certa esperienza e possono così aiutarle. Mi piace, vedo veramente un gruppo formato da atlete che si stimolano e aiutano a vicenda».

Quale deve essere l’obiettivo di Federica Cassol, Sara Hutter e Veronica Silvestri che non hanno ancora esordito in Coppa del Mondo o Mondiali assoluti?

«Federica Casson è del 2000, come Monsorno e Di Centa, quindi il suo obiettivo è esordire in Coppa del Mondo. Ciò significa che prima di tutto bisognerà fare bene nel circuito di OPA Cup. Lei lo sa. Noi l’abbiamo vista molto concentrata, sempre sul pezzo, ci sembra ancora più matura e sta anche meglio fisicamente. Lei è molto competitiva in tecnica classica e in particolare nelle sprint. Sono convinto possa fare belle cose, sfruttando anche la competitività del gruppo di cui fa parte.
A differenza sua, Veronica Silvestri e Sara Hutter sono ancora Under 23, e l’obiettivo principale è legato soprattutto al Mondiale U23 di Planica, soprattutto per la seconda che è all’ultimo anno nella categoria. Partono leggermente più indietro rispetto alle compagne, ma stanno migliorando, anche perché sono al secondo anno con noi. Sono convinto che possano fare bene in OPA Cup, in particolare nelle gare che si addicono di più alle loro caratteristiche. Ai Mondiali Under 23, in particolare Sara, si può aspirare anche a una top ten, ma credo che già in OPA Cup bisognerà arrivare vicino al podio per potersi, almeno su carta, avvicinare a un obiettivo tanto ambizioso. Ci aspettiamo facciano quello step che manca. Attorno a loro hanno un ambiente sereno e gente che dà loro fiducia, lavora con impegno e cerca di dare il massimo».


Sembra molto orgoglioso delle persone che lavorano con lei.

«Lo sono, sono davvero soddisfatto di come lavoriamo come staff. Ci impegniamo per mostrare sempre alle atlete che attorno a loro c’è un gruppo che lavora bene e va d’accordo. Si lavora col sorriso, ma quando c’è da lavorare ci mettiamo sotto seriamente, sia fisioterapisti, che gli skiman. In inverno, in OPA Cup, a Cioffi si aggiungono Vairoli, Zampieri e mio fratello Fabio, che arriva alla squadra junior. Nello skiroom si lavora con il sorriso. Anche quando sono entrato nello skiroom nel corso dei Mondiali Juniores e Under 23 in Canada, ho visto un ambiente sereno, nonostante la tensione dell’evento iridato. Credo questo sia indispensabile per mettere atlete e atleti nelle migliori condizioni per dare il massimo.
Siamo un gruppo di passaggio, che io chiamerei di Sviluppo, in quanto cerchiamo di sviluppare il lavoro fatto da altri prima di noi, quando queste atlete erano nelle squadre giovanili, così come Cramer proseguirà e svilupperà il lavoro fatto da noi.
A tutti gli allenatori piacerebbe prendere delle atlete fortissime e seguirle fino alle Olimpiadi, stando al loro fianco. Siamo però tutti consapevoli del nostro ruolo, fare al meglio il nostro lavoro per prepararle e accompagnarle al passaggio successivo, entrare nella nazionale maggiore e raggiungere determinati obiettivi».

Cosa ha significato per lei vedere Francesca Franchi ottenere quei risultati ai Mondiali, dopo anni che la allenava? Crede che quanto fatto da lei, che da questo gruppo è passata ora nella squadra maggiore, sia motivante per tutto il suo team?

«Personalmente è stata una emozione vedere sia Francesca che Cristina Pittin fare così bene ai Mondiali. Ho avuto io stesso la fortuna di essere presente a Planica nella prima settimana del Mondiale, in quanto quel weekend non vi era OPA Cup. Sono orgoglioso di loro, di essere stato presente il giorno in cui hanno ottenuto quei risultati ed ovviamente sono sempre stato orgoglioso di allenarle. Sono convinto che quanto hanno fatto sia un bel punto di partenza. Non nascondo che da una parte mi sarebbe piaciuto continuare a seguirle ancora, come tutto lo staff. Attorno a Francesca non c’ero solo io, ma uno staff intero che ha svolto un lavoro egregio, da medici, fisioterapista e skiman, tutti hanno lavorato per questo. Il resto ce l’ha poi messo lei, regalandoci una soddisfazione, dando all’Italia femminile un risultato che mancava da tempo. Lo stesso discorso vale per Cristina (Pittin), che oggi si sta allenando ancora con noi, come ho detto in precedenza, ma fa parte della squadra A.
Avere queste due atlete nella squadra maggiore è un vantaggio per il nostro gruppo di lavoro, in quanto le nuove arrivate e tutte le componenti del nostro team hanno visto il percorso che hanno fatto, capendo che è una strada percorribile. Inoltre, credo che ciò sia un vantaggio anche per noi dello staff tecnico, perché dimostra alle atlete che se sono convinte, se sposano la nostra linea, se comunichiamo e ci ascoltiamo, possiamo insieme ottenere dei bellissimi risultati. I risultati dello scorso anno sono una spinta ulteriore per il nostro gruppo, perché seppur lo sci di fondo è uno sport individuale, vedere le tue compagne di squadra fare bene è una spinta motivazionale. Magari vedono Pit o Franci nelle quindici o nelle dieci, e si rendono conto che possono farlo anche loro, che in questo gruppo possono riuscire a tirare fuori il meglio da sé stesse. Almeno questo sarebbe il mio pensiero se fossi una atleta che entra a far parte di questo gruppo.
Un professionista capisce quando attorno a sé si lavora bene. Ecco, credo che noi lo stiamo mostrando, abbiamo le figure giuste, qui c’è una linea di lavoro, un progetto, abbiamo dei fisioterapisti che hanno intrapreso un percorso e lo stanno portando avanti».


La sentiamo davvero entusiasta.

«Non vi nascondo che anche io, al termine della passata stagione, essendo ormai qui da diversi anni, non sapevo se fosse giunto il momento di cambiare, fare qualcosa di diverso. Invece, quando mi sono recato a Milano, il presidente Roda mi ha rinnovato la fiducia e mi ha fatto tanto piacere sentire certe parole da parte sua, che abbia parlato così durante la riunione in FISI, dicendosi soddisfatto del nostro lavoro. Mi sono bastati due minuti con lui per capire che dovevo andare avanti, per essere ancora più motivato. Sono contento».

Al suo sesto anno in nazionale, a culmine di un percorso che, a partire dal 2013, ha iniziato prima nello Sci Club Gromo e successivamente nel Comitato Alpi Centrali, si sente un allenatore diverso? A cosa l’hanno portata le esperienze fatte, positive e negative?

«Sono convinto che un allenatore abbia sempre qualcosa da imparare, fa parte del nostro lavoro. Se guardo indietro, già a partire dai miei ultimi anni da atleta, quando vedevo vicino il termine della mia carriera e già mi interessavo di allenamento insieme al mio allenatore di allora, Freddy Stauder, poi l’esperienza con lo Sci Club Gromo e il Comitato Alpi Centrali, fino a questi anni in nazionale, mi sento cresciuto, migliorato anche, proprio sotto l’aspetto dell’esperienza fatta sul campo. Mantengo viva la voglia di migliorare, fare esperienza, anche tramite il confronto con gli altri allenatori, sia quelli più grandi di me che i giovani. Lo scambio di idee, opinioni e visioni, sicuramente va a vantaggio di tutti noi ed è fondamentale nel nostro percorso, che deve portare poi all’unico obiettivo di mettere gli atleti nelle migliori condizioni possibili per esprimersi al meglio. Sono loro che vanno in pista e faticano, non dobbiamo mai dimenticarlo».

Giorgio Capodaglio

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