Terminato il Mondiale con quattro medaglie (un oro e tre argenti), dopo aver festeggiato a Sappada con i suoi tifosi, Lisa Vittozzi ha rilasciato una bella intervista alla Gazzetta dello Sport, a firma del collega Stefano Arcobelli, esperto e stimato giornalista del settore, che segue le discipline nordico da decenni.
Riportiamo alcuni stralci dell'intervista rilasciata dall'azzurra. «È stato un Mondiale assurdo - ha affermato Vittozzi - non era cominciato bene ma non ho mollato. Non potevo pensare a quanto fossero forti le avversarie, mi sarei data la zappa sui piedi. Ho badato alle mie sensazioni. Sono una delle poche ad aver battuto le francesi. La sensazione di un oro tutto mio è speciale, è un momento unico. Ma ho ancora tanta fame».
Nell'immediato c'è la Coppa del Mondo, poi ovviamente il grande sogno è la medaglia alle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, ad Anterselva. «La stagione è iniziata benissimo, poi è andata in salita, sono terza in classifica. È ancora tutto aperto. Per vincerla servono tanti podi. Sono stata spesso tra le prime sei. Vincere l'Olimpiade è la massima emozione, voglio arrivarci pronta, in forma».
Vittozzi è tornata sul suo periodo buio, dal quale è uscita grazie anche a un importante aiuto: «È stato un percorso buio, ho vissuto momenti davvero brutti pensando a volte al tirito. Non sapevo più chi fossi come persona, dubitavo di tutto. Ho voluto affidarmi ad Aiace Rusciano (psicologo che ha lavorato anche al Milan, ndr), perché da sola non ce l'avrei fatta. Nessuno capiva il mio dolore e magari qualcuno pensava che me lo stessi inventando. Mi sono affidata a lui. È stato un percorso lungo in cui mi sono guardata molto dentro, poi ho iniziato a vivere lo sport in maniera diversa. Prima mi indentificavo nei risultati, adesso non più: se vinco o perdo resto la stessa. Da campionessa del mondo non mi sento cambiata. Faccio ciò che mi fa stare bene, in una fase zen: felice indipendetemente dal podio».
Interessante la parte in cui Vittozzi ha descritto il lavoro svolto anche al poligono: «Ci sono state diverse fasi: all'inizio abbiamo lavorato anche al poligono per vedere come reagivo agli impulsi cerebrali e a determinati input. È stato molto interessante e mi ha motivato per migliorare. Ho fatto test cognitivi sul cervello dopo ogni gara. Adesso ci sentiamo ogni dieci giorni. Valgono un allenamento, bello».
Vittozzi ha affrontato poi tanti altri argomenti, anche extra biathlon, sottolineando la grande stima che prova per sua mamma Nadia. Infine, un pensiero anche alla rivalità con Dorothea Wierer: «C'è sempre stata, è stata anche il nostro punto di forza. Nel mio periodo buio avevo altri pensieri, altri demoni da sconfiggere. La rivalità aiuta me e, penso, anche lei. Ma in confronto alle francesi, che sono finite in tribubale, almeno noi siamo innocenti».