A poco più di due anni di distanza dall’annuncio del suo ritiro, Dominik Windisch è tornato a indossare la divisa azzurra. No, niente tuta da gara ovviamente, il campione del mondo di Östersund 2019 lo sta facendo seguendo il nuovo percorso intrapreso praticamente subito nel 2022/23 grazie al comitato FISI Südtirol, quello da allenatore.
In primavera, una volta annunciate le squadre azzurre per la stagione 2024/25, la presenza di Windisch nello staff tecnico della nazionale juniores e giovani, al fianco di Samantha Plafoni, Pietro Dutto e Luca Ghiglione, non è passata certo inosservata.
«Mi ha chiamato Klaus (Höllrigl, ndr) in primavera – ha raccontato Windisch a Fondo Italia – abbiamo parlato e mi ha offerto questa possibilità. La proposta mi ha ovviamente lusingato, ma non ho accettato subito, ho voluto pensarci bene perché negli ultimi due anni è stato piacevole lavorare con il comitato Südtirol, abbiamo fatto tanto insieme e lì ho trovato degli ottimi insegnanti. Pur tenendo in considerazione tutto ciò, non potevo però rifiutare l’offerta del dt della nazionale, quando capita l’occasione azzurra devi coglierla, soprattutto se come me sei un allenatore giovane che ha bisogno di vivere nuove esperienze. Ho voglia di affrontare una nuova sfida, in un ambiente professionale come quello della nazionale».
Come ti sei inserito all’interno di questo staff tecnico?
«Sono felice di avere trovato questo bellissimo gruppo, perché sono degli ottimi colleghi che possono aiutarmi a migliorare come allenatore. Samantha (Plafoni, ndr) e Pietro (Dutto, ndr), sono esperti, da loro posso solo imparare tantissimo. In più c’è Luca (Ghiglione, ndr), giovane ed entrato anch'egli a far parte del gruppo solo quest'anno, proprio come me. Nonostante l’età, ha però già tanta esperienza ed è anche molto appassionato. È uno staff molto motivato, si lavora in un bellissimo ambiente e sono felice. Poi c’è il coordinatore del settore giovanile, Fabrizio Curtaz, che ci dà sempre una grande mano, attraverso tanti suggerimenti, perché la sua esperienza è oro per il nostro biathlon».
Nello specifico di cosa ti stai occupando?
«Sono al fianco di Samantha Plafoni nel curare l’aspetto del tiro. Un lavoro diverso rispetto a quello che svolgevo nel comitato, dove si faceva un po’ di tutto».
Cosa significa per te rientrare nei quadri FISI?
«Se due anni fa mi era piaciuto uscire un attimo da questo ambiente ed entrare in uno più piccolo e semplice, per allontanare pressioni ed essere anche più tranquillo, adesso sono felice di essere tornato, perché mi piace l’aria che si respira. Insomma, quando vedi la nazionale da fuori è inevitabile aspirare nuovamente a essere lì, anche in un altro ruolo, come quello di allenatore.
Poi sai, da fuori osservi le cose da una prospettiva diversa e ti rendi conto di quanto sia bello essere all’interno dei quadri FISI, di quanto la Federazione faccia per noi. Cose che da atleta non capisci».
Per esempio?
«Quando sei atleta non sempre capisci quanto servano tante piccole cose per metterti nelle migliori condizioni possibili, non conosci tutto ciò che c’è dietro. Abbiamo una federazione che fa un grandissimo lavoro, non tutte le nazioni hanno le nostre stesse possibilità. Addirittura vi sono grandi squadre che nemmeno hanno la nazionale giovanile. E questo grazie al lavoro di tante persone all’interno della FISI, cose che da atleta non vedi.
Sai, a volte mi chiedevano di andare a un evento e non sempre ero felice di farlo, mi sembrava quasi una scocciatura dover prendere la macchina nel weekend, quando avrei preferito restare a casa e godermi la domenica libera dal raduno o dalle gare. Non sempre ti rendi conto che quella tua presenza è fondamentale, perché sono proprio quegli sponsor che consentono alla FISI di finanziare poi tutto, che ci permettono oggi di portare questi giovani in raduno, di pagare trasferte, di gareggiare ovunque, di metterli nelle migliori condizioni possibili di allenarsi, performare e soprattutto crescere».
Nello staff tecnico hai ritrovato Pietro Dutto, tuo vecchio compagno di squadra. Eravate compagni nella juniores da atleti, ora lo siete da allenatori. Che effetto fa?
«È davvero bello ritrovare Pietro. Da vecchi compagni di squadra ci troviamo bene, c’è un gran bel rapporto tra noi e ridiamo tanto. Il bello è che anche al di fuori del biathlon abbiamo tanto di cui parlare, siamo amici prima che colleghi. Ci divertiamo tanto anche nei momenti liberi dal lavoro».
Conoscendo Pietro l’amicizia si può rompere solo se dovessi batterlo in bici.
«Ah, su questo non c’è alcun pericolo. Lui è l’esperto. Io non oso nemmeno uscire in bici con lui, va troppo forte (ride, ndr)».
Alleni la nazionale juniores proprio nell’anno in cui i Mondiali si svolgono a Östersund. Strana coincidenza, vero?
«Sono davvero felice di questo. È sempre una forte emozione tornare nei luoghi che hanno significato tanto nella mia carriera, come accaduto lo scorso inverno quando, al seguito degli YOG, sono tornato in Corea del Sud. Avrò così l’opportunità di vivere molti ricordi e senza dover poi gareggiare. Magari questa volta avrò anche tempo di vedere per la prima volta la città (ride, ndr).
A parte questo, spero di poter dare tanti consigli utili ai nostri atleti, intanto sul vento, perché lì alla fine c’è sempre, cercando di trasmettere loro le mie esperienze. Inoltre stiamo già parlando del raduno pre mondiale, perché dovremo cercare una pista simile a quella svedese per poter avvantaggiare i nostri giovani e prepararli al meglio a ciò che troveranno. Per esempio, l’anello da 3,3 km ha salite più lunghe, allora bisogna cercare una località in grado di offrirci situazioni simili».
Parliamo ora degli atleti. Che impressione hai della squadra?
«Sono contento di aver trovato un gruppo molto compatto, atleti di un livello abbastanza simile, soprattutto quando ci siamo trovati a inizio preparazione. Ciò è ottimo per lavorare, soprattutto quando si fanno lavori di intensità, dove riescono più o meno a stare tutti assieme. Ovviamente gli atleti hanno caratteristiche diverse, c’è magari chi eccelle nel tiro e chi invece scia meglio tecnicamente, ma proprio questo è un aspetto molto positivo, perché ciò permette loro di crescere imparando uno dall’altro. Mi ha ben impressionato la voglia di lavorare che hanno tutti, si impegnano tantissimo ed è un piacere allenarli».
Dopo i primi mesi assieme, che idea ti sei fatto del gruppo maschile? Quali sono gli obiettivi?
«Abbiamo un gruppo maschile composto esclusivamente da juniores, che ritengo per caratteristiche dei singoli essere anche molto completo. Al di là dei risultati, il nostro obiettivo principale è quello di avvicinare questi giovani all’IBU Cup, riuscire a portarne alcuni a quel livello. Non sarà facile, perché in squadra B ci sono degli juniores molto competitivi con ambizioni importanti, a dimostrazione di quanto sia alto il livello juniores nel nostro paese. Noi dobbiamo lavorare per aiutare gli atleti del nostro gruppo ad avvicinarci agli juniores che abbiamo già lì in IBU Cup. L’obiettivo successivo, quello a lungo termine, per tutti loro sarà fare un ulteriore step, nel salto da junior a senior, e stabilirsi in IBU Cup per poi fare quello successivo ambendo a un livello performante in Coppa del Mondo. Noi e gli allenatori degli altri gruppi lavoriamo con questo obiettivo. Appunto, però, un passo alla volta, ora con i nostri ragazzi lavoriamo per avvicinarli al livello di coloro che sono in squadra B, dando tutti i mezzi possibili per farli crescere e prepararli per i successivi step».
E per quanto riguarda il gruppo femminile?
«Rispetto a quello maschile abbiamo anche diverse Giovani. Per le junior, l’obiettivo è lo stesso che ho indicato in precedenza per i maschi. Devo dire che quanto visto a Forni Avoltri è stato interessante, perché le nostre atlete non sono distanti dalle juniores della squadra B. Bisogna però confermarsi in inverno, quindi queste ragazze devono lavorare tanto per raggiungere l’obiettivo di stabilirsi in IBU Cup.
Per quanto riguarda le “giovani”, abbiamo veramente un bel gruppo, tutte di livello già molto alto alla loro età. La cosa più bella è che avendo tutte e quattro un ottimo livello, possono crescere ancora molto bene assieme, spingendosi l’una con l’altra e formare magari un gruppo che effettuerà assieme i vari step nei prossimi anni. È positivo quando si hanno delle atlete che possono crescere assieme e alzare anche il livello complessivo del nostro biathlon. Per l’oro l’obiettivo stagionale è intanto fare la giusta esperienza in campo internazionale, partendo dall’IBU Cup Junior, poi c'è ovviamente anche il Mondiale giovanile».
Rispetto a quando tu e Pietro Dutto eravate compagni di squadra nella nazionale juniores, che differenze noti con i giovani della squadra attuale?
«Vedo che loro arrivano in nazionale giovanile già con un’altra professionalità, una propensione al lavoro ma soprattutto una conoscenza dell’allenamento che è diversa. È cambiato anche il modo di allenare, oggi si hanno maggiori conoscenze, che vanno oltre la tecnica di tiro o sugli sci, si curano tanti dettagli, c’è proprio un’altra metodologia di insegnamento all’atleta. Oggi si spiegano ai nostri giovani cose che magari io ho imparato quando ero in squadra B o A.
I Comitati stessi hanno alzato il proprio livello, ciò permette a questi ragazzi di avere un impatto diverso con le nazionali giovanili, arrivarci con maggiori conoscenze, così già a questa età si può lavorare in maniera più professionale. Ai miei tempi non era così, anche perché si è alzato nettamente il livello complessivo del nostro biathlon. Quando ero giovane vi era meno concorrenza, se avevi un certo talento ti difendevi bene. Ora serve anche altro».
Biathlon | 05 settembre 2024, 19:18
Biathlon - Dominik Windisch e la nuova avventura da allenatore della nazionale juniores: "Sono felice di tornare in azzurro. I giovani di oggi hanno maggiori conoscenze rispetto ai nostri tempi"
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